Capitolo 9 - 2° parte

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«È inusuale il vostro braccialetto. Chi ve l'ha regalato?» mi chiede Kwan rimarcando le ultime parole come se mi stesse interrogando piuttosto che rivolgendomi una domanda.

Il suo tono arrogante non mi piace, ancora meno la sua l'espressione da conquistatore che tanto detesto di vedere in un uomo. «Perché vi interessa saperlo?» gli rispondo mettendomi sulla difensiva.

«Perché mai non dovreste dirmelo?» rigira la mia domanda in suo favore pronunciando le parole come se scagliasse delle frecce.

Ruoto il collo dalla parte opposta, ma lui fa una leggera pressione al mio polso ricordandomi che è ancora in ostaggio fra le sue dita callose.

«Mollate la presa, ora!» esclamo astiosa.

«Andiamo bellezza, siamo amici. Trattasi di pura curiosità. Chi è stato a darvi un braccialetto di così scarso valore?» mi rilascia il polso. «Per di più arrugginito?» aggiunge un istante dopo.

«Per prima cosa non azzardatevi a chiamarmi mai più con quell'appellato. Secondo» gli premo un dito sulla cotta di maglia priva di tunica sottostante «l'argento non arruggini...» mi blocco di colpo a parlare schiudendo la bocca nel notare una patina rossastra che ricopre tutta la superficie del monile.

«Chi è stato» mi solleva il mento con un dito «a farvi un regalo di così pessimo gusto?» me lo chiede di nuovo, questa volta con un tono sdolcinato tale da nausearmi in un battito di ciglia.

«Non azzardatevi a toccare la mia amica!» esclama Ettore abbracciandomi come se fossi una sorella minore da proteggere.

L'ha urlato così forte che Michelangelo si volta verso di me, e per la prima volta da quando abbiamo lasciato il giardino del castello rivedo quegli occhi ambrati che mi fanno battere forte il cuore. Vuole dirmi qualcosa, ne sono convinta per come gli stanno tremando le labbra. Si sta preoccupando per me, lo noto dall'intensità con cui serra la mascella e corruga la fronte. Tuttavia ci sono troppi occhi che ci puntano per permetterci di dire qualcosa che è più lungo di un cenno. Si volta di scatto, e prosegue a camminare mentre quell'arpia di Nari gli stringe il braccio e si comporta da perfetta mogliettina.

«Suvvia, non serve arrabbiarsi solo perché l'ho sfiorata e fissata a distanza ravvicinata» la voce del generale mi rimbomba all'improvviso nelle orecchie. «Le stavo solo chiedendo chi è stato a donarle quel monile arrugginito».

Un irrefrenabile desiderio di rivelarglielo ha la meglio sulla prudenza e non ci penso due volte a dischiudere le labbra. «Me l'ha donato il principe, quando...» strizzo gli occhi per un leggero mal di testa « ...quando sono diventata la sua guardia personale».

Il dolore sparisce così com'è apparso, e mentre mi massaggio le tempie noto lo psicopatico con l'ampolla d'acqua fare un breve gesto a Kwan. Osservo guardinga Seok chiedendomi se abbia usato su di me un incantesimo. Sono stati i suoi poteri a indurmi a rivelare al libertino un segreto, che non ho mai detto a nessuno a parte a Ettore?

«La vostra sincerità è stata illuminante» afferma Kwan un attimo prima di distanziarsi e raggiungere gli altri generali.

«Perché glielo hai riferito, Lisy?» mi sussurra sottovoce Ettore fissandomi perplesso.

«Non me lo spiego. Più ci penso, e più sono convinta che Seok mi ha scagliato un incantesimo.»

«No, è impossibile» scuote la testa contrariato. «La pozione che abbiamo bevuto ieri sera ci rende immuni alle magie mentali per almeno ventiquattrore. Dunque ci proteggerà dai loro incantesimi psichici fino a domani mattina».

«Eppure ho percepito un insolito mal di testa, e ora che ci penso» spalanco gli occhi esterrefatta «anche durante la cerimonia ho avuto la stessa sensazione. Mi è venuto da urlare, ma inspiegabilmente non ho emesso alcun grido. Non ho alcun dubbio. I nostri alleati non hanno creato una pozione abbastanza forte da contrastare i poteri dei draghetti. Dovremo informare subito il re. Michelangelo potrebbe essere già sotto l'effetto di un incantesimo».

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