Capitolo 7

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Pantaloni neri dal taglio impeccabile, e una camicia bianca

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Pantaloni neri dal taglio impeccabile, e una camicia bianca.

Dopo essersi bagnato nella doccia dell'alloggio dei guardiani, Xià Zhuàng aveva escluso di poter girare fino a sera in yukata. Non era in vacanza e aveva degli ospiti di cui occuparsi. Inoltre non sentiva in sé alcuna voglia di ritrovarsi alle prese con qualche apprezzamento sagace di Lady Wú, che avrebbe commentato di sicuro il suo aspetto in tenuta nipponica.

Così dopo essere tornato alla Torre, aveva aperto il suo guardaroba e, senza esitazioni, si era vestito nello stile dello Shīfù. Solo l'aggiunta della giacca di pelle che aveva portato quella mattina dalla Città Imperiale movimentava il quadro.

La ragione di quella scelta era chiara in lui. Voleva proclamare che ogni aspetto del suo vecchio ruolo gli apparteneva ancora. Che il Jīngshén era suo, così come l'intera isola e tutti i suoi abitanti. Un concetto semplice e possessivo, perché quando era in uno stato alterato i suoi lati meno raffinati prendevano il sopravvento.

Ora non si faceva scrupoli a confessare l'ingordigia che lo animava: non era disposto a barattare l'identità di Shīfù di Zǐ Jìn Dǎo con quella di Primo Fratello Imperiale della Grande Asia. Le voleva entrambe. Le avrebbe avute entrambe. Non gli importava quanti voli scomodi avrebbe dovuto affrontare e quanti sotterfugi avrebbe dovuto inventare per eclissarsi dalla corte.

Insomma, era tornato sull'isola di fretta dopo aver rimandato a lungo e lo aveva fatto per delle questioni urgenti, ma il risultato più evidente che aveva ottenuto era stato quello di amare più che mai Zǐ Jìn Dǎo e la sua gente. D'altro canto il suo nuovo incarico politico era irrinunciabile, e stava iniziando ad appagarlo in modi diversi. Gli dava margini d'azione stimolanti, smisurati, significativi... Il concetto era chiaro, anche se al momento la sua mente un po' ebbra tendeva a scivolare in delle catene incontrollate di pensieri e di parole. Comunque la sua lucidità non era compromessa. Si sentiva ragionevole. Aveva bevuto parecchio caffè.

Ora Xià Zhuàng se ne stava dritto in piedi sul bordo del lago nascosto nel cuore della montagna, il Nido dell'isola. Osservava il lavoro di Lóng Yī.

Il Guardiano Nero era immerso nel bacino sotterraneo, e stava infondendo nuova vita nelle due ninfee lattescenti che rappresentavano lui stesso e Lóng Sān. Senza un innesto periodico degli elementi umani da cui erano stati creati, i guardiani sarebbero stati riassorbiti dal Jīngshén, come tutti i custodi venuti prima di loro.

Eppure c'era da chiedersi quando, e come, sarebbe potuto accadere nel loro caso. Perché erano evoluti entrambi oltre ogni supposizione del loro creatore, sviluppando una simbiosi con quel Nido che esulava completamente dalla sua comprensione. Xià Zhuàng lo stava vedendo anche in quel momento.

Nel lago scorrazzavano fantasmi argentei che si attorcigliavano alle vesti e ai capelli di Lóng Yī, senza che lui vi prestasse attenzione. La luminescenza della superficie dell'acqua era più forte. Il quadro che il guardiano aveva dipinto sul fondale aveva dei colori più accesi della versione precedente, e certe parti sembravano più nitide di altre. Inoltre lo strato trasparente che lo sigillava conteneva un universo di bolle d'aria. Intere costellazioni di quei puntini grandi e piccoli si stendevano sulla rappresentazione del Jīngshén, seguendo misteriose linee di forza. I guardiani si erano scusati, attribuendo quella stranezza a delle mancanze nel lavoro che avevano svolto, ma Xià Zhuàng sospettava che dipendesse dall'interazione che avevano stabilito con il Nido e con l'isola.

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