Capitolo 2

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Mi sento scuotere da qualcuno, apro gli occhi e vedo mia zia che mi sorride.
«Rebby svegliati, siamo arrivate» dice.

Annuisco e scendo dalla macchina, poi sto qualche secondo a stiracchiarmi e a fare mente locale per capire bene cosa devo fare e dove mi trovo.
Poi ricordo tutto e la felicitá si impossessa di me.
Sono in California.

Nella fottutissima stupenda California.

Mi volto e vedo zia Gaia intenta a scendere la valigia pesantissima dal bagagliaio, quindi decido di andare ad aiutarla. Dopodichè, cominciamo ad attraversare il giardino per raggiungere il portone di casa.
Questa è enorme e dall'ultima volta che ci sono stata, che risale ad almeno cinque anni fa, ha subito molti miglioramenti a partire dalla fantastica piscina sul lato destro del giardino, fino al gazebo con vari divanetti in vimini e una piccola fontana del lato sinistro.
«Zia, la vostra casa è diventata bellissima» le dico guardandomi intorno meravigliata. Sono molto fiera di lei, mia zia intendo, perchè nonostante inizialmente i suoi genitori la ostacolassero, ha comunque inseguito il suo sogno. É diventata un'importante scrittrice e si è trasferita in America, qui ha poi conosciuto zio John e dopo essersi innamorati hanno deciso di sposarsi e adesso hanno una famiglia meravigliosa.

Ho sempre avuto degli esempi di grande forza di volontá nella mia famiglia e forse è anche per questo se adesso sono riuscita ad arrivare dove sono.

«Un giorno anche tu avrai tutto questo tesoro, devi solo non arrenderti mai» mi risponde accarezzandomi le spalle «ma adesso entriamo che tuo cugino e tua cugina non vedono l'ora di vederti».
Arriviamo davanti alla porta di casa e non faccio in tempo a suonare il campanello che questa si spalanca e sento qualcuno buttarsi addosso a me.
**«Rebeccaa» sento urlare nel mio orecchio «come stai?»
Mi stacco dall'abbraccio sorridendo, un ragazzo molto piú alto di me con gli occhi azzurrissimi e i capelli castani è in piedi davanti a me.
«Alessio?!» domando incredula «sei davvero tu? L'ultima volta che ti ho visto mi arrivavi alla spalla» lui mi guarda sforzandosi di capirmi e solo adesso mi accorgo di aver parlato in italiano, anche se zia Gaia fin da piccoli lo ha insegnato ai suoi figli è ovvio che parlino molto meglio l'inglese.
Ma alla fine lui capisce comunque e ride.
«Si beh, è qualcosa chiamata pubertá» in effetti adesso ha diciannove anni e il suo accento americano è adorabile.
Ridiamo e lo abbraccio di nuovo, poi entriamo dentro casa, è enorme.
Un grande soggiorno mi accoglie non appena entrata, con un divano in pelle rossa e un enorme tv a schermo piatto, sotto di essa si trova una delle ultime console di gioco uscite che presumo sia di Alessio, mentre le pareti di un dorato molto luminoso, sono decorate da vari quadri di diverse grandezze. Un camino in marmo bianco si trova in un angolo mentre all'opposto una grande porta-finestra fa entrare luce nella stanza. A destra del portone un arco coperto da una tenda di un rosso tenue, apre la strada alla cucina, mentre di fronte una scala sempre in marmo bianco, porta al piano superiore.

Proprio da questa scala scende in fretta una ragazza con i capelli corti e colorati di blu, mentre li lega in due codini urla anche lei «Rebecca!» e corre verso di me abbracciandomi.

«Greta, quanto mi sei mancata!» le dico stringendola.

«Anche tu cuginetta mia» risponde ridendo.
Io e Greta, avendo la stessa etá, siamo sempre state come sorelle anche se ci vedevamo molto raramente, ma quando capitava erano giornate indimenticabili. Lei e io ne combinavamo di tutti i colori, facendo scherzi a suo fratello e i suoi amici, che a ripensarci mi viene da ridere. Non riesco ancora a credere che adesso siamo di nuovo insieme.

**«Su su ragazzi, Rebecca è molto stanca dal viaggio lasciatele almeno il tempo di sistemare le sue cose nella sua stanza» li ammonisce mia zia.
Loro sbuffano e poi Alessio mi sussurra che mi aspetteranno sul divano, io gli faccio l'occhiolino e poi salgo a fatica la valigia su per le scale.
Mi appunto mentalmente di fare un po' di palestra per mettere un po' di muscoli nelle braccia.
Finalmente arrivo in cima e un corridoio pieno di porte che finisce in una grande stanza si apre alla mia vista, vado avanti e la raggiungo.

Appena entrata l'odore di carta e lavanda mi riempie le narici, facendo riaffiorare una marea di ricordi. Le pareti sono tappezzate di librerie piene di libri e al centro della stanza, sul parquet c'è un grande tappeto morbido. Ricordo che è sempre stata la mia stanza preferita da piccola, perchè adoravo i libri e anche la vista del giardino che si puó godere dalla finestra.

Sento dei passi dietro di me e qualcuno mi poggia le mani sulle spalle. É zia Gaia.
«Te la ricordi ancora vero?» domanda «è una delle poche cose della casa che in tutti questi anni non è cambiata»
«Certo che me la ricordo e poi non ha bisogno di cambiamenti, è perfetta cosi» sorrido.
«Vieni, ti mostro quella che d'ora in poi sará la tua camera»
La seguo, portandomi dietro la valigia che ormai mi sembra un prolungamento del mio corpo e non il contenitore dei miei vestiti.

Entro nella stanza e me ne innamoro all'istante, è molto grande, con un letto ad una piazza e mezza, una scrivania in legno laccato di bianco, un armadio e varie cassettiere. I colori sono tutti tenui, con i toni dal rosa al bianco e vari fiori finti sono sparsi qua e lá, dando un'atmosfera accogliente.
Mi giro verso mia zia «la adoro, grazie grazie» la abbraccio, lei ride e poi si allontana chiudendo la porta.
Io abbandono tutto per terra e corro a buttarmi sul letto, è cosi comodo. Dopo un bel po' di minuti mi decido ad alzarmi e sistemare la mia roba.
Apro la valigia che quasi esplode e inizio a sistemare i vestiti nell'armadio e nelle cassettiere, poi passo ai miei trucchi e infine alla parte piú importante, la mia videocamera, il mio piedistallo(?) e il mio computer che mi servono per montare i miei video, anche se manca il microfono, ma a quello provvederó domani.
Sento bussare alla porta.
«Avanti» dico e vedo un ciuffo blu comparire dietro di essa, è Greta. Viene verso di me e si siede sul letto accanto alle ultime magliette che sto piegando.
**«Volevo passare a vedere come stavi, deve essere stato faticoso viaggiare dall'Italia fin qui da sola» dice guardandomi preoccupata «non ti da fastidio se parliamo in inglese, vero? Non me la cavo molto bene con la vostra grammatica» aggiunge e ridiamo entrambe.
**«Non preoccuparti, per mia fortuna me io invece me la cavo bene in inglese e avere voi come famiglia aiuta abbastanza» le faccio l'occhiolino.
**«Adesso passiamo alle cose serie. Sono troppo eccitata all'idea che stai per registrare una tua canzone, insomma mia cugina diventerá una cantante di successo!»
**«Non esageriamo, non è detto che le mie canzoni piaceranno a qualcuno» scherzo.
**«Oh, non fare la modesta hai giá milioni di fan che ti seguono, tra cui molti ragazzi che ovviamente mi farai conoscere» ammicca.
Ridiamo insieme, quando sentiamo dei passi e qualcuno entra nella stanza.

**«Come vi permettete a fare un pigiama party senza di me?» Alessio incrocia le braccia al petto fingendosi arrabbiato, poi io gli lancio uno dei cuscini che si trovano sul letto e lui scoppia in una risata.
**«Allora vuoi la guerra» urla rilanciandolo, ma per sbaglio lo tira a sua sorella che a sua volta ne lancia uno a lui e uno a me contemporaneamente.
A quel punto iniziamo una battaglia di cuscini all'ultimo sangue e non la smettiamo di ridere, mentre questi volano per la stanza.
Dopo dieci minuti buoni, ci buttiamo sul letto sfiniti e ci abbracciamo.
«Mi sei mancata schiappa» quasi sussurra Alessio con il suo solito accento.
«Anche voi» rispondo.

«Ragazzi la cena è pronta!» sentiamo urlare dal piano di sotto.
Mi alzo di scatto e controllo l'ora sul cellulare, mentre Greta e Alessio si precipitano giú.
Sono le 19 e devo ammettere che qui hanno abitudini molto diverse dall'Italia, io se di solito riesco a cenare alle 21 di sera è presto.

Scendo le scale e mi fermo all'entrata della cucina per controllare i messaggi, ne ho diversi da parte delle mie amiche e dei miei "fan", anche se non mi piace chiamarli cosi e poi uno dal mio menager, lo apro.

"Spero che il viaggio fino in California non ti abbia stancata troppo, perchè da domani ti aspettano un sacco di novità, ti faró sapere"

Breadly Crogher è diventato come un secondo padre per me, molto attento alle mie esigenze e non mi ha mai forzato a fare nulla finora.
Rispondo in fretta ed entro in cucina.
**«Ciao zio John!» dico non appena lo vedo e lo abbraccio per salutarlo.
**«Heilá campionessa! Tutto bene il viaggio?» mi chiede.

Annuisco anche se mi viene in mente il ragazzo che ho incontrato in aeroporto, sorrido al pensiero e inizio a mangiare insieme alla mia famiglia.

*spazio autrice*
Ecco il nuovo capitolo, come promessoo ♡
So che non è nulla di che, ma serviva per descrivere tutta la situazione in cui si trova Rebecca, dai prossimi capitoli entreremo nel vero centro della storia.
Vi ringrazio per i commenti e i voti,
Stay tuned ♡

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