Pov Derek
Sono seduto nella stanza dove Gwendolyn è stata portata d'urgenza.
Problemi respiratori, frequenza cardiaca sopra la media, possibile trauma cerebrale.
Appena scesi l'avevano attaccata all'ossigeno, le avevano somministrato dei farmici per endovena e successivamente l'avevano trasferita per una tac.Sta accadendo tutto ti nuovo.
Esattamente come quel giorno.
Ma ora è peggio. Ora so già cosa aspettarmi.Ero rimasto in piedi a fissare l'operato dei medici inebetito. Incapace di muovere un muscolo.
Sentivo ancora il peso del corpo di Gwendolyn che si abbandonava completamente tra le mie braccia, sentivo il classico profumo di mandorle e caffè della sua pelle che mi circondava come un cappio, vedevo i suoi occhi terrorizzati e spaesati che si chiudevano a rallentatore nonostante le mie suppliche.Come ho fatto a non accorgermi subito di cosa le stava accedendo?
Se Jessie non avesse urlato vedendola stare male io l'avrei notata in tempo?
Avrei potuto impedire che succedesse?Strinsi le mani conficcandomi le unghie nella pelle. Era un incubo. Questa volta però non potevo svegliarmi e spezzarlo.
Vorrei prendere a pugni qualcosa.
Sposto lo sguardo sul viso di Gwen.
Da un paio d'ore è stabile. La stanza spoglia, incolore e asettica è una prigione per me. Nido di troppi ricordi. Ma, il vedere il volto di lei che finalmente si distendeva e il respiro che le si regolarizzava mi rende il tutto più sopportabile.
Mi sporgo in avanti, afferrandole una mano fra le mie e carezzandola dolcemente. La sua pelle morbida lascia una strana sensazione sotto le mie dita ruvide e callose.«Hai la straordinaria capacità di farmi sempre preoccupare. - sussurro portando lo sguardo sul suo viso. - Prima o poi mi farai venire un bell'infarto.» Dico scostandole delicatamente una ciocca di capelli dalla fronte.
La guardo attentamente. Scruto ogni sua piccola e impercettibile lentiggine, le ciglia corte e sottili, le labbra rosee e carnose. Mi beo del suo regolare che fa quando respira. Lei non lo sa, ma quando dorme espira un piccolo sbuffo con la bocca. Non emette suoni, solo quella piccola nuvoletta di vapore.
Lei continua a dormire placidamente.
E io vorrei stendermi al suo fianco passare una mano sotto il suo capo e lasciare che si stringa a me.«Come sta?» Sento domandare improvvisamente alle mie spalle.
Mi volto di scatto, senza lasciare la mano di Gwen, incontrando lo sguardo di Jessie. Le sorrido appena tentando di rassicurarla. «E' sotto osservazione. Sono preoccupati per la botta alla testa. - spiegò tornando a fissarla. - Personalmente è la cosa per cui sono meno preoccupato. Ha sempre avuto la testa più dura del cemento.»
Jessie ridacchiò avvicinandosi e prendendo posto nella sedia libera dove, fino a qualche minuto prima, era seduta la signora Butler. Lei e il marito erano fuori a parlare con il medico.
«Si sa a cosa è dovuto?»
Serrai gli occhi di nuovo. "Sì." «No.»
Sento lo sguardo di Jessie sulla pelle. Mi sta indagando silenziosamente. Lo fa spesso. E questo basta, di solito, a farmi vuotare il sacco e confidare. Jessie ha il grande potere di far sentire a proprio agio chiunque. Di far sentire le persone che la circonda in una botte di ferro con lei. Il che la rende la confidente ideale.
Ma non in questo momento.
Non su questo argomento.«Sapevate che poteva succedere? - chiede continuando a fissarmi. Ed io continuo a sfuggire al suo sguardo. - In auto eravate agitati, spaventati, a saperla da sola. È per questo?»
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The Heartbeat
ChickLitGwendolyn Butler serbava bellissimi ricordi provenienti dalla sua infanzia. Ricordava di come lei, suo fratello Jordan, e quello che era il loro migliore amico comune Derek, giocassero e si divertissero insieme. Loro tre erano inseparabili. Poi qual...