Capitolo Primo

115 13 0
                                    


«Di una bocca appena aperta,
E di un respiro senza fiato...»




Nei suoi occhi innocenti, disarmanti, devastanti, io la vedo, la felicità. La mia felicità.
Vedo ogni possibilità, vedo ogni cosa, chiara e distinta, e giusta. Perfetta.
Lei, è perfetta, come niente al mondo. O forse, solo come tutto quanto prima che accadesse l’inferno.
Ha già capito, lo so. Lo percepisco dal modo in cui mi stringe una mano, mentre con l’altra mi accarezza la guancia.
Ha capito che sono qui di fronte a lei, per perderla.
E non sta provando a trattenermi, non mi sta dando dell’idiota – che soltanto quando lo dice lei, inspiegabilmente, mi fa bene al cuore –
Lei sa, ed io vacillo, per qualche istante. Perché, anche cercando di ragionare a mente lucida, questa cosa sembra così sbagliata, così ingiusta…
“Ti chiedo solo una cosa.” Sussurra, anche se nessuno ci sta ascoltando.
“Qualunque cosa.” Perché, se potessi, io le darei tutto.
“Non perderti di vista.”
L’impresa più ardua.




**************


“Quindi è successo davvero?”

“Secondo me è tutta una palla colossale”

“Ma sì, è impossibile, dai…”

“… No, dev’essere successo…”

“Già… Sono giorni che..”

“Sh! Stanno entrando ora, fate finta di niente.”

*

“La smetteranno mai di guardarti come se fossi un cane a tre teste?”
“Non importa Alice.”
“No, importa, insomma… Non hanno niente di meglio da fare?!”
Alice alza la voce, cosa che le riesce particolarmente bene, nonostante non lo si aspetterebbe mai da una piccolina come lei.
“Alice, ti prego… Lascia perdere.” La trattengo per un braccio, perché so di cos’è capace. Si caccerebbe nei guai.
Questo lato del suo carattere è ammirabile: il suo senso della lealtà, della giustizia, le fa onore. Ma è anche vero che si getterebbe a capofitto senza valutare le conseguenze in molte situazioni. E io le voglio troppo bene per permetterle di farlo, soprattutto se riguarda me in prima persona.
Lei sembra volermi imprimermi con la sola forza dello sguardo quanto tutto ciò abbia bisogno di una soluzione, ma cerco di ignorarla. Ne sono consapevole, perfettamente consapevole. Ma recentemente ho sviluppato un’attitudine – legittima o meno – all’indolenza che mi impedisce di avere il riguardo necessario per la mia vanità. Quindi, ignoro, butto tutto quanto sotto un tappeto immaginario, aspettando e sperando che non si veda l’accumulo.
“Raggiungiamo Dominique, dai…”
“Non finisce qui.” Sussurra concitatamente, lanciando un’ultima occhiataccia dietro di noi, a quel gruppetto di Corvonero con cui aveva sbottato.
È proprio davanti alla mia bellissima e biondissima cugina che mi siedo poco dopo, per fare colazione.
O almeno è quello che vorrei fare, mangiare in santa pace. Ma è ovvio che non è in santa pace che mangio la colazione. Non solo perché Dominique, Roxanne, e la sopracitata Alice mi guardano quasi senza respirare, come se fossi, che so, esplosivo al plastico pronto a saltare in aria. Ma anche perché, poco dopo, è lui ad entrare, insieme ad Albus e Ben Zabini. Lui che guarda fugacemente nella mia direzione, con un’espressione indecifrabile, per poi voltare le spalle e raggiungere i compagni della sua casata.
La colazione la metto da parte, senza alcuna voglia di continuare, ma prima che Dominique possa protestare indignata per le mie abitudini alimentari poco sane o soddisfacenti, James e Fred fanno la loro comparsa. O, per meglio dire, la loro planata, perché il tempo di batter ciglio e me li ritrovo poco decorosamente distesi sul tavolo, Fred che canta vittoria perché è riuscito ad afferrare l’ultimo zuccotto di zucca al posto di James.
“Cinquanta punti in meno a Grifondoro.” Sentiamo tuonare seppur pacatamente dal tavolo dei professori, da cui parla la McGranitt, senza scomporsi più di tanto perché ormai non ha più parole a riguardo.
L’indignazione dei nostri compagni di casa per i punti persi è, invece, molto alta.
“Era proprio… Necessario che lo faceste!?” Roxanne da uno scappellotto a suo fratello, e uno a James, profondamente alterata
“Priorità, sorellina.” Risponde Fred, calcando l’ultima parola, mentre si massaggia la nuca colpita da sua sorella.
“Le tue priorità fanno schifo.”
Il battibecco continua, e ciò mi permette di dissociarmi dalla realtà senza che nessuno se ne accorga.

*

La lettera che tengo in mano è il simbolo dello stravolgimento di ogni cosa. Già soltanto per il fatto che questa è una sola, e non accompagnata da qualcos’altro, è un cambiamento abissale.
Le poche, solite righe che mio padre mi scrive ogni settimana da un paio d’anni a questa parte sono decisamente lontane da quelle che mi scriveva ogni giorno insieme alla mamma.
È in questo frangente di tempo – relativamente lungo – che ho scoperto che i cambiamenti non mi piacciono per niente.
Ancora una volta, la mia attenzione si rivolge a lei.
Ride, ma non sorride. È qui, ma sembra che non ci sia.
Me lo ripeto ogni giorno, ch’è per il suo bene, se l’ho persa. Ogni mattina mi ripeto sempre il solito mantra, come una litania che mi provoca un’irritazione profonda, dovuta al combattimento con la mia Coscienza.
Coscienza che non ne vuole proprio sapere di tutte le spiegazioni che mi prodigo a darle: per lei, sono solo un bastardo egoista.
E la sensazione che abbia ragione è sempre, sempre forte.
“Cosa dice la lettera?”
Albus, come al solito, mi riporta alla realtà.
“Si va avanti. Porteranno avanti ogni cosa, qualsiasi cosa che riescano a trovare.”
Rimane in silenzio, Albus. E lo apprezzo. Ho sempre apprezzato la sua capacità di capire.
“Forza… finiamo la colazione, o arriveremo tardi.” Mi affretto a dire, prima che possa lasciarmi prendere da una rabbia che è lì lì per uscire fuori.

*

“È finita. È davvero finita.”

Rose e Scorpius escono dalla Sala Grande..

“Ma è impossibile, Jane. Non può essere.”

… Si guardano, per pochi istanti..

“Potremmo smettere di osservarli come dei guardoni seriali?”

Si allontanano.

“No che non possiamo!”

Nel frattempo, due direzioni diverse.

• a tangled synopsis •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora