Capitolo Settimo

65 8 5
                                    

Hermione cominciava seriamente a pensare di essere sull’orlo di una crisi di nervi.

Si chiuse alle spalle la porta di casa così forte che Ron scese le scale di corsa, a bacchetta sguainata, grondante di shampoo e vapore, un asciugamano attorno alla vita e le pantofole dei Cannoni al contrario.

“Sei matta!?” esclamò, scendendo l’ultimo gradino che lo separava dal pianterreno “Di questo passo, potremmo rendere l’ingresso accessibile al pubblico perché ci mancherà una dannata porta!”

Ma Hermione non riusciva a prenderlo sul serio in quella mise. E, un po’ per quello e un po’ perché davvero si sentiva al limite della sanità mentale, scoppiò a ridere.

Rise talmente forte da piegarsi in due per il mal di pancia, e continuò a ridere nonostante i borbottii di Ron. Che ben presto si fece trascinare dall’ilarità del momento, e si avvicinò a lei, avvolgendola con le braccia.

“Sei pieno di sapone, Ronald!” protestò la Granger, con poca, pochissima convinzione, mentre poggiava le mani sul petto caldo di suo marito. “E sei anche mezzo nudo!” constatò, come se stesse accorgendosi di quel dettaglio solo in quel momento.

Stavolta fu Ron a ridere. “E questo le dispiace, Ministro?”

Percepì il rilassamento di Hermione tra le sue braccia, non appena posò le labbra sulla sua morbida guancia. “No, decisamente non le dispiace.” Rispose egli stesso alla sua domanda retorica, mentre continuava a baciarla su ogni angolo di quel volto che ormai conosceva da più di vent’anni, una proiezione reale di tutto ciò che poteva – o aveva mai potuto chiamare – casa.

La conosceva talmente bene, da sapere che i suoi gesti frenetici, quel bacio urgente, quei vestiti presto sul pavimento, erano il segno di un faro che cominciava a illuminarsi nella notte. Di ogni cosa di cui avrebbe potuto aver bisogno, lui era lì, pronto a provvedere.

Le parole potevano arrivare anche dopo, pensò, mentre la sollevava con la consueta agilità dirigendosi al piano di sopra.

.

.

.

“Cominci a preoccuparmi…”

Ron era disteso su un fianco accanto a lei. Poteva immaginarne il cruccio perplesso anche se aveva gli occhi chiusi e un braccio mollemente poggiato su di essi. Ronald, quando mai le era sfuggita?

“Non so da dove cominciare.”

In quelle cinque parole c’era qualcosa di così terrificante, che soltanto dirle ad alta voce poteva superarne il livello di sconcerto.

Perché era terrificante, per lei, non sapere da dove cominciare. La sua logica, la sua carissima e fedele razionalità le suggerivano di mandare all’aria quel diabolico aggeggio, quella maledetta pista, di uscire da quel vicolo cieco, e tornare sulla strada principale, ben illuminata, di quella strana e sgangherata situazione.

Chiunque dotato di un minimo di senno lo avrebbe fatto. E lei era la strega più brillante della sua età, a detta di molti.

“E perché non dovresti fidarti del tuo istinto?” chiese Ron, carezzandole distrattamente i capelli.

Hermione emise uno sbuffo “Perché… Perché non… Perché non mi porterà da nessuna parte.”

“Questo è quello che ti costringi a pensare. Come al solito.”

A questo punto Ron si alzò, infilandosi la maglietta del pigiama e dirigendosi verso la porta della loro camera.

Lei ci rimase di stucco. Per l’affermazione di suo marito, e per la sua teatrale e istrionica uscita di scena.

• a tangled synopsis •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora