[Angelina's pov]
Sono seduta nella panchina esterna al locale, con il fatidico foglietto poggiato sulle gambe.
E' un giorno di inizio Settembre, tardo pomeriggio: il cielo è quasi completamente privo di squarci luminosi, il che presagisce un acquazzone tutt'altro che lieve.
Da piccola amavo l'autunno proprio per questo: sapevo che il brutto tempo mi avrebbe legittimata a rintanarmi in casa davanti al camino, piuttosto che all'esterno a prendere freddo.
I miei occhi cercavano lo spacco nell'etere e l'udito aspettava che il suono della pioggia risuonasse sull'asfalto.
Era consuetudine che io e mia mamma ci facessimo coccolare da tè caldo e plaid: averla accanto significava sentirsi abbracciata due volte.
<<Minnie, che ci fai qui da sola? Sono già andati via gli altri? Vi avrei raggiunti tra poco, stavo terminando di parlare con gli uomini che si sono occupati di disciplinare l'evento per ringraziarli.>>
Avete presente quelle sensazioni su cui non si ha un vero e proprio controllo? Un brivido? Un disagio ingiustificato? Un sassolino che dalla scarpa non ha proprio intenzione di uscire? Una lacrima asciutta? Una risata bagnata?
<<Avevo bisogno di pensare e dentro c'era troppa confusione per farlo, ma i ragazzi sono ancora tutti lì.>>
E' bastata qualche settimana con un inedito peso sullo stomaco per vanificare qualunque sforzo io avessi fatto in precedenza: ansia, disturbo ossessivo compulsivo, dipendenza affettiva e autosabotaggio tutti lì ad attendere la mia rovinosa caduta.
Ciò nonostante non mi annoio e non rimpiango la quiete: il mio corpo non si riconosce se non lo faccio impazzire.
<<Da bambina avevi un linguaggio del corpo impressionante e nonostante cercassi di nascondere la natura di ogni tuo turbamento, era routine che riuscissi a smascherarti.
Amavo che mi permettessi di leggerti, credevo fosse un biglietto privato per il tuo mondo e gioivo di poterne godere solamente io.
Poi papà è morto e ho faticato a riconoscerti: la lettura è diventata una "mission impossible" e ho iniziato a fare i conti con la consapevolezza che non avrei più potuto tradurti, che il privilegio di poterti salvare dai tuoi mostri non era più cosa mia.>>Prendo un respiro e faccio del mio meglio per evitare che le lacrime inizino a sgorgare a modi idrante.
<<Mi dispiace, mamma. Mi dispiace tanto di averti esclusa dalla mia vita, volevo solo che potessi ricominciare a pensare a te, alle tue passioni e a Filippo.>>
Sì, a Filippo. Lui aveva causato decisamente meno preoccupazioni di me da adolescente, o comunque, sapeva nascondersi meglio e veniva spesso declassato per questo.
<<Ma lo hai fatto, lo hai fatto senza guardarti indietro nemmeno una volta.
Mi hai esclusa come se non avessimo sofferto allo stesso modo, come se fare a meno di papà non avesse già diviso la nostra famiglia.>>Mi sento come se fossi sul piano più alto di un palazzo.
Vorrei chiudere gli occhi e balzare in avanti, senza pensare.
Improvvisamente mi abbraccia e mi tiene stretta per un tempo lunghissimo, probabilmente pentita di aver dato sfogo a quei pensieri che teneva celati nei meandri più improbabili del cervello.
Il paradosso più simpatico che si palesa nel mio cervello adesso è l'infermiera che mi ha consegnato
il risultato degli esami delle urine tutta trafelata e la mia alquanto discutibile reazione: ho sguaiatamente riso per i successivi quindici minuti.Comunque non sono così debole come ho sempre pensato, giusto?
Ho affrontato il mio primo e spero unico divorzio senza che nessuno lo venisse a sapere, sto portando avanti una gravidanza che non desidero, ho appena incassato il peggior colpo che mia madre potesse sferrarmi e sono ancora integra.
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Un Filo Di Rame Che Diventa Seta - Wax e Angelina
FanfictionRaccolta di momenti/episodi Waxelina, completamente frutto della mia immaginazione.