"Odi et amo" - ultima parte

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[La mattina dopo]

<<Angelina, mi dispiace tanto.>>

Era da tempo che il Sole non batteva così gagliardo in quel di Roma. Avete presente?

I raggi che penetrano la pelle, l'estemporanea brezza che caratterizza una qualsivoglia mattinata invernale e il cervello incapace di sostenere conversazioni logiche causa l'orario tutt'altro che tardo.

Con la mente annebbiata, trasporto il trolley già pronto e lo faccio fino al divano angolare presente accanto alla porta d'uscita.

Ho passato l'intera nottata rigirando nel letto come chi non trova pace neanche a cercarla, ho avuto timore di non svegliarmi in tempo per salutarlo.

Posiziono il trolley in "doppia fila": tra le scarpe vertiginosamente alte di Isobel e quelle estremamente basiche di Federica, vicino alle mie.

Esco all'esterno come chi ha necessità di arrivare primo/a e mi fermo di colpo nel realizzare che la stessa macchina che ci ha portati qui, ora è lì davanti a segnare l'uscita definitiva di uno dei due.

E non sono io, il che mi fa doppiamente stranire e paradossalmente soffrire. Protendo l'orecchio, tentando di captare il frastuono nell'assordante silenzio che oramai stava vagandomi in testa dalla sera prima.

<<Nina?>>

Azzardi a chiamarmi, ovunque io sia.
Sono sveglia, ma estremamente sfuggevole. I miei occhi fluiscono un liquido trasparente, salato.

<<Sono le sette del mattino, che ci fai alzata a quest'ora?>>

Mi domandi e vorrei tu fossi ironico. Come cazzo si fa ad essere così maledettamente irresponsabili nei confronti di sè stessi, dei propri sogni e delle persone che ti vogliono bene?

<<Non lo so, me lo chiedo anche io.>>

Vorrei ribattere qualcosa, vorrei urlargli a gran voce quanto mi stia facendo male l'anima a causa sua, ma non trovo il modo.

<<Torna a letto, ci penso io alla valigia e a tutto il resto.>>

Non mi ero mai sentita così. Così tanto umiliata dalla sua presenza, o assenza. Io non voglio dipendere da lui in questa scuola.

<<Superato il cancello, dovrai eliminare il mio numero di telefono.>>

Funzionerà? Non ne ho idea.

Sono circondata, dentro e fuori, da individui pronti a puntarmi il dito qualunque cosa io faccia. Il mio crimine?

Un frutto esotico ed estremamente dolciastro che segue anagraficamente il mio nome di battesimo.

Il che è assurdo e privo di senso, ma così è.
Lui è stato uno dei pochi a non giudicarmi? Sì, è vero.

Ma è anche stato quello che ha ignorato ogni mia raccomandazione appena ha potuto, il che fa sì che lui possa considerarmi "valida", ma non abbastanza da rivolgermi la giusta attenzione.

Potenzialmente il mio ruolo è stato quello di una escort.
Usufruisci del servizio e appena esce dalla porta, la definisci "puttana".

Il tipo di servizio che ho potuto offrirgli io, è stato di tipo morale. Quando tutti lo affosavano, io lo tiravo su.

Ha usufruito dell'affetto, perché probabilmente poco allenato a riceverne e poi le abitudini gli hanno solleticato gusto e olfatto fino a portarlo fuori strada.

<<Sì, d'accordo.>>

E con questo assenso ben poco sofferto, finalmente il mio cervello ripristina un minimo di funzionalità.

<<Che io valga così poco non lo capisco, ma posso accettarlo.>>

Introduco il discorso, prendendo tra le mani la sigaretta elettronica e riscaldandola tramite tastino apposito.

<<Però il fatto che tu abbia trovato un'opportunità per allontanarti dalla criminalità a cui il tuo quartiere ti ha sempre sottoposto e insegnato e l'abbia buttata via così, non lo capisco nè accetto.>>

Affermo decisa, dando il primo di innumerevoli tiri.

<<Non mi pento delle mie azioni, mi pento solo di non averti fatta sentire importante.>>

E non appena conclude di interloquire, recupera il trolley e corre verso la macchina. Mi guarda mortificato per un momento, poi, traffica con il display del cellulare recuperato dalla produzione.

<<Cancellato.>>

Mi comunica, ed esce definitivamente dal cancello.

Un Filo Di Rame Che Diventa Seta - Wax e AngelinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora