Capitolo 1

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ANDREA

Is this the real life? Is this just fantasy?
Caught in a landslide, no escape from reality
Open your eyes, look up to the skies and see
I'm just a poor boy, I need no sympathy
~Bohemian Rhapsody, Queen

Via Martiri Fantini, 54. Quante volte ero passata per quell'indirizzo. Non avrei mai pensato che un giorno ci sarei mai entrata in quel luogo, che mi incuriosiva ma allo stesso tempo mi dava una strana sensazione.

La mia vita prima di allora era sempre stata monotona. Mi dividevo tra scuola, compiti, casa di mia madre, quella di mio padre, un lavoretto part time, e, quando avevo tempo, qualche passeggiata con le cuffie e la musica rock a palla. La mattina mi dovevo letteralmente buttare giù dal letto per avere anche solo un minimo di energie per alzarmi dal letto, con la solita delicatezza della sveglia a fare da sottofondo. Ma cosa ci potevo fare se il caldo delle coperte mi chiamava con una cantilena irresistibile? E come al solito vagavo mezza addormentata per la casa in cerca del bagno, per gettarmi una secchiata di acqua in faccia (non sto scherzando, lo facevo davvero) per recuperare una certa lucidità, per lavarmi e poi vestirmi. Solito mugolio di mamma che non vorrebbe essere svegliata alle sei, ma che poi appena me ne andavo correva verso la finestra per essere sicura che io fossi andata verso la fermata e che avessi preso l'autobus giusto, in modo da non andare altrove. Caffè e latte, per resistere tutta la giornata in piedi, zaino in spalla e, dopo aver dato un veloce saluto alla mamma, altrimenti si offende, via verso la fermata quasi di fronte casa, che consisteva in realtà in un palo smonco con orari del tutto sbagliati.

Durante il tragitto stavo tutto il tempo ad ascoltare la musica, e ogni volta che qualcuno mi chiedeva se il posto affianco a me era libero, rispondevo secca: "No, è occupato dal mio zaino." Ok, non facevo niente per socializzare, ma mi scocciava essere vicino ad altre persone, il che significava contatto fisico. Mi sentivo a disagio, a tratti anche disgustata. Se poi il mio vicino cercava di instaurare una conversazione, lo incenerivo con lo sguardo, e, se quello non demordeva, lo ignoravo facendo finta di non sentirlo e alzando al massimo il volume. E poi eccolo là, quell'ufficio a tratti tenebroso. Ogni volta che ci passavo accanto gli davo un veloce sguardo, un'occhiata che bastava a far vibrare ogni membra del mio corpo, prima di tornare a fare l'indifferente. Appena scesa vedevo la scritta IST. TECNICO STATALE ECONOMICO pronta a darmi il benvenuto, o meglio il bentornato. Varcata la soglia della porta, mi odiavo per essere ancora lì, in quella scuola, quando sarei dovuta essere altrove. Salivo la solita rampa di scale, che mi affaticava ogni volta, e poi alla fine dei gradini mi incamminavo con la solita stanchezza e voglia di vivere. Le gambe ormai avevano imparato il percorso a memoria e si muovevano con autonomia, senza neanche fare tanti sforzi. Entrata in classe, mi mettevo ovviamente al banco all'angolo in coppia con il muro, il mio caro amico silenzioso abituato ai miei scleri mentali.

Prima ora italiano, con la prof che è gentile come la mia sveglia. Tiravo fuori quaderno e astuccio solo per dare l'impressione che scrivevo ogni appunto, appoggiando poi lo zaino nel banco e mettendo il telefono davanti a me. Avevo una grande capacità: riuscivo a sentire ogni movimento e spostamento davanti pur guardando sempre il cellulare, così appena percepivo il passo inconfondibile della prof che si avvicinava il telefono si teletrasportava magicamente  dalla mia mano alla tasca più remota del mio zaino. Avevo imparato dopo che in seconda venni beccata in pieno mentre facevo una storia su Instagram, con la prof che rimase lì per più di dieci minuti aspettando che mi voltassi nella sua direzione. Quando lo feci e me la trovai di fronte, sfoderai il mio miglior sorriso da angioletto, cosa che la fece ancora più infuriare, lei abituata a fare drammi per ogni cosa, e venni letteralmente cacciata quasi a calci e spedita in presidenza, e senza neanche il francobollo! In seguito alla nota e alla ramanzina dei miei, accorsi dalla chiamata allarmante della vicepreside, capii la lezione e trovai questo metodo efficace per passarla sempre liscia.

Anche i fantasmi sanno scavalcare le finestreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora