Capitolo 9

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Trouble in town
because they cut my brother down
because my sister can't wear her crown
there's trouble, there's trouble in town
~Trouble in town, Coldplay

Buio.

Il buio di cui ero fatta.

Il buio della mia anima.

Il buio che per tutta la vita mi aveva circondata si rifletteva sull'ambiente circostante.

Aprii gli occhi ancora stordita, sentendo la testa pesante, e quando provai a muovere il braccio, constatai di essere legata ad una sedia, di cui sentivo il metallo freddo sulla pelle nuda. Mi guardai intorno, e fu lì che intravidi un'ombra dai contorni indefiniti in piedi davanti a me.

Tutto fu più chiaro quando un bagliore si accese improvvisamente da un lato, tanto che dovetti socchiudere gli occhi prima di potermi abituare alla luce. Quando riuscì a mettere a fuoco, la figura misteriosa divenne molto più chiara.

Di fronte a me un ragazzo mi scrutava con fare imperscrutabile, le folte sopracciglie contratte sulla fronte, mentre i suoi occhi, verdi come un prato, sembravano volermi fare un test a raggi x.

Si avvicinò lentamente, appoggiando poi le mani sui braccioli della mia sedia, e un ciuffo di capelli gli cadde sul viso. Non potei fare a meno di sentirmi a disagio, volevo solo scappare lontano da quello sguardo.

Beh se dovessi vivere sempre incontri ravvicinati, allora dovresti chiamare numeri sconosciuti più spesso!

Ma cosa vai a pensare te?

"Come sei arrivata fin qui?" mi chiese lo sconosciuto con voce roca e ferma, come a volermi intimorire. Ma non aveva idea di con chi aveva a che fare.

"Chi sei tu e perché sono qui?" chiesi a mia volta sporgendomi nella sua direzione in segno di sfida, lasciando pochi centimetri a separarci. I suoi occhi alla mia risposta divennero foresta.

"Non hai diritto di fare domande, Andrea" obiettò lui, al chè rimasi scioccata. Come faceva a sapere il mio nome?

Un sorrisetto impertinente si dipinse sul suo volto alla mia reazione, e si allontanò di scatto, girandosi e prendendo un fascicolo color ocra da una scrivania all'angolino che notai solo in quel momento.

"Andrea Rubioni, nata il 22 dicembre 2003, figlia unica, i genitori divorziano quando lei ha 13 anni, viene bocciata due volte alle superiori..." iniziò a leggere con voce piatta, squarciandomi il petto a ogni parola. Stava leggendo la storia della mia vita con un'impassibilità che mi metteva i brividi, e non potevo tollerare oltre.

"Basta!" urlai con tutto il fiato che avevo in corpo. Lui staccò gli occhi dal foglio per incrociarli coi miei, e lessi un lampo di incertezza.

"Dimmi solo cosa vuoi da me." lo pregai rassegnata, perché avrei potuto sopportare qualsiasi cosa, ma che scavasse nella mia vita, nella mia infanzia, in ciò che mi aveva segnata no, non potevo accettarlo.

Mi guardò impassibile, mentre ragionava sul da farsi. Poi, deciso, ripose il fascicolo sul tavolo e si piazzò davanti a me a braccia conserte.

"Dov'eri la notte dell'omidicio di Elle Stevenson?" domandò senza giri di parole.

"Cosa?"

Ah ora si mette pure a farti l'interrogatorio? Di bene in meglio.

"Ho chiesto dov'eri la notte dell'omicidio di Elle Stevenson." ripeté il ragazzo piuttosto scocciato.

"Ero a casa mia a leggere un libro." gli risposi acida, la situazione stava diventando a dir poco assurda.

"C'è qualcuno che può testimoniarlo?" mi interrogò ancora lui.

"Ora mi accusi pure di averla uccisa io?" ribattei sempre più irritata.

"Devi capire che, a indagini in corso, tutte le ipotesi possono essere delle valide piste" affermò lui sereno senza scomporsi.

"Mettiamo in chiaro un paio di cose" iniziai io, sentendo il sangue affluire alle guance, "primo, Elle era la mia migliore amica, mia sorella, e non avrei mai potuto farle del male." affermai guardando dritto nel verde di Mr. Foresta. Lo vidi vacillare alla fermezza del mio sguardo.

"E seconda cosa, mia madre era in casa con me quando appresi la notizia, in cucina, mentre io ero in salotto, ha visto tutto e può confermare la mia tesi." continuai il mio monologo senza battere ciglio, perché volevo fosse lui ad avere paura di me, in quel momento.

"E terza e ultima cosa ma non per importanza, sono stata io a chiamare il numero per chiedere aiuto, visto che siete l'ultima spiaggia mi è rimasta per fare giustizia, quindi sarà meglio che tu mi tolga queste manette entro un minuto." conclusi con il fuoco negli occhi. Avessi avuto le mani libere, avrei certamente spaccato qualcosa.

Nel suo volto apparve sgomento e sorpresa, e per la prima volta non nascose le sue emozioni ai miei occhi.

"Io... Tu hai... Sei stata tu?" iniziò a balbettare lui, ancora sconvolto.

Forse era convinto tu non avessi le...

Zitta!

Si ricompose subito, scrollando le spalle, e aprendo un cassetto, ne estrasse un paio di chiavi che usò per liberarmi dalla mia prigione.

Quando si abbassò al mio livello, sussurrai:

"La prossima volta non sarò così moderata nei termini, sappilo."

Occhi contro occhi, un odio iniziato senza nome.













*Spazio autrice
Buonaseraaa,
alla fine ce l'ho fatta a pubblicare questo benedetto capitolo, e sorpresa! Finalmente i due protagonisti si conoscono in un incontro che oserei definire "ravvicinato"...👀 e ora? Che succederà?

Mi scuso per la millesima volta per il GIGANTESCO ritardo, ma come ho già accennato ieri non è un periodo facile per una serie di motivi, quindi non so quando ancora riuscirò ad aggiornare, ma prometto di mettermi d'impegno 🥹

Grazie a coloro che sono ancora qua a leggere questa storia, significa molto per me, e se vi va lasciate pure un commento e una stellina🫶🏻

Detto ciò vi do appuntamento al prossimo capitolo.

Vostra, Roby :)

Anche i fantasmi sanno scavalcare le finestreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora