Capitolo 14 - Alary (Parte III)

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Il palazzo del Nobile Saggio era una costruzione magnifica, che sfidava quasi le leggi della fisica e dell'architettura. Come potesse un edificio di quelle dimensioni essere stato costruito nel punto più largo del fiume, poco prima che si gettasse nel vuoto, per Alary restava un mistero.

Sembrava quasi che fosse sospeso nell'acqua ed il suo rumore, il fragore con cui picchiava sulla roccia, lo si poteva sentire da qualunque stanza.

Il palazzo era di marmo bianco, con delle venature sottili e grigie, in quasi tutte le sue parti, sia all'interno che all'esterno.

Era collegato alla terraferma per mezzo di due ponti, lunghissimi, sempre di marmo, grandi abbastanza per far passare cortei e carrozze, con dei pilastri sottili che s'immergevano nell'acqua non sapeva quanto in profondità.

Dalle finestre che affacciavano a ovest si vedeva la gola tra le montagne dove sorgeva la capitale Carytria, dalle finestre che affacciavano a est si vedeva la fine della gola e, in fondo, il mare.

Ad Alary venne data una stanza bellissima e spaziosa, pulita e lucida quasi come uno specchio, con un letto a baldacchino enorme e soffice come una nuvola. In fondo alla stanza una tinozza di acqua fumante e profumata.

Si fiondò dentro abbandonando i suoi vestiti a terra e rimase immersa finché l'acqua divenne fredda. Approfittò di quell'occasione per lavarsi i capelli e pettinarli accuratamente con un pettine che aveva trovato in una toelette, fornita di oggetti che non vedeva da mesi: profumi, ciprie, pennelli e tinture per truccarsi.

Mentre si pettinava si osservò allo specchio, altro oggetto che non vedeva da mesi, e si accorse di avere un colorito spento, due profonde occhiaie e un'espressione triste e abbattuta. Mentre strecciava tutti i nodi dai capelli, si accorse anche di come fossero cresciuti e di come da bagnati apparissero ancora più scuri di quello che in realtà non fossero. Solo il sole gli dava quella sfumatura dorata e calda che la distingueva da tutti gli altri abitanti di Sekmator.

Si sedette triste sul letto di piume, talmente morbido da affondarci dentro e si rese conto che quella era la prima volta, da quando aveva messo piede a Sekmator, che rimaneva da sola in una stanza, in compagnia solo di sé stessa. Ne ebbe quasi paura.

Aveva paura di pensare a Ren, aveva paura di pensare all'immortalità che adesso le pesava addosso come un macigno, aveva paura di pensare a tutto quello che gli altri si aspettavano da lei, aveva paura di perdersi in tutti quei pensieri negativi e non essere più capace di uscirne.

Si affacciò alla finestra della sua stanza e vide sotto di lei, alcuni piani più in basso, dei giardini incantevoli, con erba fresca e tagliata e alberi frondosi secolari ed enormi, che affacciavano direttamente sull'acqua.

Alary si guardò intorno e iniziò a scendere dalle pareti del palazzo, fino a rifugiarsi su un alto ramo dell'albero più grande che cresceva nel giardino. Lì, in mezzo ai rami, non c'era l'odore del bosco, né l'odore di qualche animale, c'era solo odore di Ombre e del cibo cucinato dai cuochi per il Nobile Saggio e la sua corte, e un leggero profumo di erba e menta.

Pochi secondi dopo, qualcuno si lasciò cadere dai rami sedendosi al suo fianco.

«Esra!» esclamò Alary «Che ci fai qui?»

«Non mi piace quella stanza, quel letto è pieno di piume» disse serio.

Alary sorrise.

«Posso sapere che state facendo voi due?»

Alary ed Esra guardarono verso il basso e videro Zosia arrampicarsi fino al loro ramo.

«Potremmo chiederti la stessa cosa...» rispose Alary.

Il ragazzo maledettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora