Capitolo 18 - Alary (Parte I)

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Benor, il Primo Ministro di Asterian, si era presentato nella camera di Zosia tendendo una vera e propria imboscata.

Ufedie, Nobile Saggio di Asterian, aveva cercato di sdrammatizzare l'evento ma Alary aveva notato il tremore delle sue mani mentre fingeva di saper gestire la situazione.

Si trovarono ben presto nella sala principale del palazzo, dove Ufedie si collocò davanti a tutti, sul trono, e gli altri si accomodarono nelle poltrone della sala circolare.

Alary si sedette tra Esra e Zosia, ma tra loro c'erano diversi metri di distanza e questo le dava la sensazione di sentirsi sola ed esposta. Quella stanza, che prima aveva ammirato per l'eleganza e la vista mozzafiato in tutte le direzioni, adesso le sembrava esageratamente enorme, silenziosa e fredda.

«Mi chiedevo, Ufedie, quando avessi intenzione di dirmi che tua figlia è tornata a casa» disse Benor ridendo «Io pensavo fosse morta! Che sorpresa!».

Zosia era pallida e si sforzava di mantenere un contegno.

«È stata una sorpresa anche per me» disse calma Ufedie, dall'alto del suo trono «è tornata da un giorno appena, non si è ancora ambientata...».

«È diventata una vera bellezza, non trovi?» sorrise Benor.

Ad Alary venne il voltastomaco.

Benor era un uomo con un bel portamento, un modo di camminare e di atteggiarsi come fosse già un nobile di Asterian, impeccabile nei modi, nel galateo, nel tono di voce.

Sarebbe stato anche un uomo affascinante, se non fosse stato per quella cicatrice che gli deturpava il volto: metà della faccia era attraversata da una bruciatura lucida e violacea.

Un occhio era completamente chiuso e le palpebre sembravano essersi fuse con lo zigomo, il naso aveva una forma strana, una parte rimasta normale e l'altra retratta dalla cicatrice.

L'occhio rimasto illeso era grigio, come quello di tutti gli abitanti di Asterian, ma aveva una luce furba e maligna. La bocca sembrava non avesse subito danni ma mentre parlava, la pelle dello zigomo bruciato, la tendeva in una smorfia grottesca e inquietante.

Mentre Alary ed Esra erano quasi ipnotizzati da quel volto, Zosia si sforzava di non incrociare il suo sguardo e fissava un punto indefinito dietro le spalle del mezzalfar.

«Non vedo perché perdere tempo in chiacchiere questa sera» disse Ufedie in tono sbrigativo «Quando abbiamo tutti i giorni che vogliamo per parlare».

Benor rise di nuovo. La sua voce rimbombò per la stanza.

«Visto l'enorme talento della principessa nel fuggire senza lasciare alcuna traccia, credo che approfitterò stasera stessa per una bella chiacchierata» rispose accarezzandosi il mento «Adesso che siamo tutti insieme».

Zosia era rigida e sembrava a malapena respirasse, lo sguardo sempre fisso. Alary avrebbe voluto avvicinarsi per calmarla, ma non osava alzarsi per non attirare l'attenzione.

«E di cosa dovremmo parlare?» chiese Ufedie calma.

Benor non rispose subito, ma si prese il tempo per studiare a fondo Esra.

«Mi sono chiesto che cosa ci facesse un mezzalfar a palazzo» disse poi, alzandosi in piedi «Non se ne vedono da anni in giro e quei pochi che sono rimasti, ammesso che esistano ancora, vengono di solito uccisi dalla folla rabbiosa, o torturati».

Esra trattenne il fiato ma non abbassò lo sguardo.

«Che cosa spinge un mezzalfar a esporsi in modo così impavido, mia Nobile?».

Ufedie rimase in silenzio per qualche secondo, cambiò posizione sul trono e quando fece per parlare, Benor riprese il suo monologo.

«Se il mezzalfar attira l'attenzione di tutti, da cosa vuole distoglierla?» si portò dietro le spalle di Esra e l'osservò come un cacciatore osserva una preda.

Il ragazzo maledettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora