Prologo

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Tutto era buio, non riuscivo a vedere niente ma avvertivo la paura, forte e inesorabile dentro di me.

Non riuscivo a capire dove mi trovassi, forse in un bosco, correvo sperando di trovare una via di fuga ma non ci riuscivo, sentivo dei rumori e all'improvviso i rami degli alberi iniziarono ad allungarsi e a rincorrermi, non riuscivo a capire come fosse possibile eppure era perfettamente normale, sentivo che prima o poi avrei ceduto, avevo il respiro corto.

Il bosco iniziò a infittirsi sempre di più e sembrava stesse per inghiottirmi ma all'improvviso arrivò una luce, era così forte e penetrante che dovetti chiudere gli occhi prima di abituarmi dopo tanto tempo nell'oscurità.

Era una donna, ma non una donna qualsiasi, era la mia donna, avrei potuto riconoscerla ovunque, era sempre bellissima, i capelli lunghi castani sempre rigorosamente a boccoli stretti, le labbra rosee, sembrava una dea oppure lo era sempre stata e questo era il suo vero volto, ora capivo tutto, non poteva stare con un semplice umano come me ecco perché era andata via.

«Martina, sei tu!» la chiamai estasiato. Lei mi sorrise e semplicemente con la sua presenza i rovi erano andati via, così come il buio e la paura. Avrei potuto piangere per la felicità.

«Sei tornata da me»constatai. Ma lei invece di rispondermi allegramente inarcò il viso fino a rovinarselo, adesso sembrava quasi una strega e disse:«No, non tornerò mai da te, mi dispiace ma io sono destinata a grandi cose e tu sei solo uno dei tanti per me, addio per sempre».

Appena finì di pronunciare quelle parole rise sguaiatamente e scomparve, così facendo fece ritornare tutto quello che era sparito con il suo arrivo, solo che il buio era molto più forte, il freddo anche, i rovi erano molto più lunghi e veloci.

«No ti prego, torna qui perché mi hai fatto questo, farò qualsiasi cosa ti prego» urlai finché avevo fiato in gola ma fu tutto inutile, i rovi si allungarono fino alla mia gola e strinsero finché non mi rimase più ossigeno in corpo.

Mi svegliai di soprassalto madido di sudore, non riuscivo a capire cosa fosse successo, mi toccai la gola e non aveva nessun graffio, respiravo affannosamente.
«Amore hai avuto un incubo vero? Purtroppo, ieri hai dimenticato di prendere i tuoi sonniferi» mi disse Stella, era proprio accanto a me nel letto, cercava di controllare se stessi bene.

Ecco cos'era successo, era un sogno, avevo di nuovo sognato Martina ma era un anno che non mi succedeva, ormai speravo mi fosse passato e invece non ero guarito, erano le medicine a farmi stare bene.

«Com'è potuto accadere?»chiesi ancora un po' scosso.

«Be ieri eri un po' brillo, ci siamo divertiti talmente tanto al compleanno del tuo amico che sei crollato appena siamo arrivati a casa» sospirai e mi misi a sedere, lei era molto vicino a me, mi accarezzava la schiena credendo di confortarmi ma mi dava solo fastidio.

«Era sempre il solito sogno?» mi chiese.

«Si»

Le dispiacque un po' ma cercò di cancellarlo in fretta.
«Andrà sempre meglio vedrai, ti preparo la colazione e la "delizia" della mattina»

«Non chiamarla delizia lo sai che mi da fastidio, usa il nome vero, medicina, l'ennesima che devo prendere»

«Ho capito ti sei svegliato storto per via del sogno che hai fatto, hai ragione ma ti rimetterai presto, anche perché dobbiamo andare al supermercato per comprare l'occorrente per il pranzo che devo preparare per il compleanno di tua madre»
«Ma perché ti devo accompagnare?» risposi sbuffando.

«Perché mi ami, almeno spero»

Con il mio silenzio si concluse la conversazione e iniziammo a prepararci per uscire.
***
«Puoi andare nel reparto macelleria a prendere il pollo che ho ordinato?» mi chiese Stella. Aveva in mano piatti, bicchieri di plastica e un sacco di altre cose.

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