«Facciamo una cosa che sono sicura che non hai fatto con nessun’altra donna» mi disse Martina.
«Cosa intendi?»
«Guardiamoci negli occhi senza dire niente, voglio guardarti dentro. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e così proverai a essere romantico per una volta nella tua vita»

Avevo capito dal nostro primo incontro l’importanza dello sguardo per lei ed effettivamente aveva ragione, non l’avevo mai fatto con nessuna, di solito non mi mettevo a perdere tempo guardando le ragazze negli occhi quando potevo fare altro, ma con lei era tutto diverso.
«Non mi devi toccare però» disse e si sedette.
Mi sistemai accanto a Martina e iniziai a guardarla.

Anche io volevo scorgere qualche segreto dentro di lei perché non riuscivo a capirla ma i suoi occhi erano indecifrabili.
Come mai gli occhi marroni erano così sottovalutati? Quelli di Martina sembrava avessero delle striature d’oro, come delle piscine di miele.
La sua perfezione mi metteva paura, sembrava una dea libera di poter essere ciò che voleva, non doveva preoccuparsi di noi umani.

Guardandola negli occhi in quel momento, con le nostre mani che si sfioravano mi sembrava come se il tempo si fosse fermato, come se i pianeti si fossero allineati, il mondo non riversava più il suo peso contro di me, io non ero più un fallito come diceva mio padre oppure il carcerato come diceva la polizia, ero semplicemente Riccardo. Non avevo mai raggiunto la pace dei sensi in questo modo.

«Lo sai che quando vediamo qualcosa che ci piace le nostre pupille diventano più grandi?» non sapevo se fosse una cosa vera in realtà ma l’avevo letto da qualche parte.
«Ecco spiegato il motivo per cui le tue sono grandi» disse ridendo.

Non sapevo se il doppio senso fosse voluto, anche se a giudicare dalla sua espressione lo era.

Continuammo a guardarci ma la mia mente iniziò a vagare in altre direzioni. Il suo sguardo era così intenso da leggermi dentro, la malizia che usava in ogni cosa, dalle labbra che si mordeva, allo sguardo peccaminoso me la fecero immaginare nuda sotto di me che urlava il mio nome. Iniziai a sentire caldo e mi venne un’erezione istantanea.

«Non si può fare per troppo tempo questo gioco però» le dissi immediatamente.

«Perché?» chiese lei.

«Perché è così» risi, non avevo intenzione di dirglielo inizialmente.
«C’è qualche problema?» si avvicinò a me.
«Secondo te? Non mi posso alzare» lei rise, aveva capito.

«Non ci posso credere» ridemmo entrambi.
«Ma è una cosa che ti capita sempre?» mi chiede ridendo.
«Veramente no, mai successo che bastasse così poco, non so cosa mi fai»

«Be è interessante, basta uno sguardo mio… è una dimostrazione d’amore anche questa» non riuscivamo a smettere di ridere, era contenta si notava.

Dopo andammo in un locale lì vicino dove c’era musica ad alto volume.
Martina voleva andarci e voleva ballare, io non ne ero capace e soprattutto non mi piaceva.
Mi sedetti in una sedia, presi un drink e lei si mise a ballare al centro pista.

Ma non ballava come una qualsiasi ragazza che avevo visto. Ballava con una sensualità assurda, ogni suo movimento era studiato nei minimi particolari per ottenere desiderio, iniziarono a guardarla tutti e lei fu contenta di avere tutta l’attenzione su di sé.
Si beava degli sguardi degli altri, dei loro atteggiamenti, come se lei fosse una diva e loro solo degli spettatori.

I vestiti corti si alzavano e si abbassavano nel suo corpo sinuoso e lei per tutto il ballo guardò me. Mi costrinse ad ammirarla e ad ammirare la gente che la guardava.
Cavolo, quanto vorrei che diventasse mia pensai. La sua sfrontatezza, la sua energia, la sua bellezza, mi piaceva tutto di lei.

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