II

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Elijah

Sentii squillare il cellulare. Questo è sicuramente mio padre. Frustrato presi dalla tasca l'apparecchio elettronico. Osservai un po' lo schermo, sospirai e accettai la chiamata.

<<Ora cosa c'è?>> risposi annoiato emettendo uno sbuffo.

<<Elijah si può sapere quanto tempo ci impieghi a rispondere?>>

<<Il tempo necessario per far scattare la mia amorevole segreteria telefonica>>

<< Hai trovato la cavia che è scappata?>>

<<Forse>> risposi scocciato.

<<Non usare quel tono con me, non oltrepassare il limite!>>.
Da quanto aveva urlato il telefono vibrava, mi strappò un sorriso la situazione.

<<Ci hai parlato?>>

<<Enne-o>>

<<Cosa aspetti?>>

<<Non so una visione mistica, un angelo che mi dica che sono il prescelto, roba così, tipo Harry Potter>>

<<Elijah!>>

Sono consapevole di non essere stato un figlio  molto educato ma interruppi la chiamata. Stavo piangendo dal ridere, avrei voluto vedere la sua faccia furente.

Mi voltai nella direzione della cavia.
Aveva avuto un incidente, corso appresso a un bus eppure non sembrava stanca, sembrava una ragazza come tante altre.

In quel momento le si avvicinò una donna con un cappotto beige che le andava a coprire quasi totalmente le caviglie, circondate da un doppio cinturino di due tacchi a spillo vertiginosi. Aveva occhi allungati a mandorla, i suoi capelli erano corti e neri come la pece.

Dato che siamo sullo stesso volo non ho intenzione di stare qui a fissarla ulteriormente come un maniaco.
Aiuto mio padre solo per non averci più a che fare in futuro. Me lo ripetevo costantemente.
Non ero un mostro come lui. Mentre aspettavo l'annuncio di imbarco leggevo la mia rivista di astronomia.
Improvvisamente sui tabelloni apparve la scritta "IMBARCO ORE 06:00", mi alzai e tirai fuori il mio biglietto priority.
Per fortuna non dovevo fare una lunga fila. Odio perdere tempo con le code, mi irritano. Gente che spinge, che ti tocca inavvertitamente.

L'ultima volta che ho fatto una fila due ragazzine, che non sapevano gestire i loro ormoni, cercavano di attirare le mie attenzioni. Una delle due mi cadde addosso (probabilmente spinta dall'altra), con un rossore accennato sul visetto mi chiesero scusa e mentre si allontanavano le sentivo sghignazzare. Bambine.

Mi guardai le spalle e notai che dietro di me c'era la cavia.
Quanti anni poteva avere? Forse diciotto? Aveva un viso così minuto da sembrare una bimba. Non la aiutavano anche i vestiti che indossava. Aveva una felpa di qualche band, minimo di due taglie in più, dei jeans neri larghi e strappati sulle ginocchia. I capelli erano raccolti in una coda di cavallo a forma di treccia, dalla quale sfuggiva qualche ciocca.

Dopo avermi controllato carta di imbarco e documenti come ogni santissima volta la signorina del check-in esclamò:

<<Solo 24 anni? Non ci credo!>>

<<Ci creda>>

La giovane donna mi sorrise sorniona e ammiccò uno sguardo da gatta morta che mi ero preparato a ignorare. Odiavo quando si prostravano senza dignità ai miei piedi. Mentre mi dirigevo verso il corridoio che portava all'aereo sentivo gli occhi delle sue colleghe addosso.

Una volta sul mezzo mi andai a sedere nel posto segnato dal biglietto.
Dopo un po' vidi la ragazza avvicinarsi al mio sedile. Ci siamo.

Mi guardò e le sue guance presero fuoco. Probabilmente qualcosa la imbarazzava, riflettei un po' senza guardarla e poi ci arrivai. Qualche ora fa mi aveva sporcato la camicia bianca di Armani. Rimasi impassibile e tirai fuori dalla valigia la rivista che stavo per finire.

Sentivo gli occhi della ragazza addosso, così con lo sguardo mi voltai verso la sua direzione, ci guardammo per un istante. Poi prese la sua valigia con la mano sinistra e cercò di alzarla aiutandosi con la mano destra. Sul suo volto si irradiò una smorfia di dolore. Notai la mano avvolta dalle bende. Così mi alzai per mostrarle tutta la mia galanteria quando intervenne un uomo di mezza età.

<<Oh mio Dio, Iside! Sei proprio tu?>>.

<< Liam, da quanto tempo...>> rispose con un'espressione astiosa.

<<Allora dove vai di bello?>>

Non so il perché ma qualcosa mi dice che non provava piacere in quell'incontro casuale.

<<Mamma e papà mi spediscono in questa famigerata Università>> gli mostrò un opuscolo.

<<Va bene dai, hai bisogno di una mano con la valigia?>>

<<No>>

<<Insisto>>

Così sollevò il bagaglio e lo ripose nella cappelliera. Dopo averla salutata mi squadrò male e sparì. L'avevo già visto da qualche parte ma non ricordavo dove e quando.

Dovevo trovare un altro modo per parlarle e acquisire la sua fiducia. Fino a quel momento non aveva guardato nessuno in faccia se non il "simpaticissimo" signor Liam e me ovviamente.

Tornai al mio posto e ricominciai a leggere mentre escogitavo un piano. Non molto dopo notai che si guardava continuamente intorno come se cercasse qualcosa. Dunque da galantuomo quale sono dovevo aiutarla.

<<Cerchi qualcuno?>>

<<Ehm sì, un assistente di volo che tanto assistente non è>>
Certo che per essere stata cresciuta in quel modo era simpatica.

<<Come mai se posso chiedere?>>

<<Non puoi. Scherzo, mi sono dimenticata il mio libro in valigia e non so come fare>>

<<Fa molto male il polso destro?>>

Mi osservò con un'occhiata indecifrabile, si alzò e la imitai. Aprii la cappelliera e presi il bagaglio. Sentivo degli occhi fissi su di me, così li cercai ed erano quelli di Liam. Non mi piaceva affatto quello lì.
Dopo aver scavato un po' nella valigia tirò fuori il libro. Lessi il titolo "Elogio alla follia", adoravo quel libro.

Quando ci sedemmo e ognuno riprese quel che stava facendo, la vidi sbadigliare, era annoiata.

<<Perché leggi quel libro se ti annoia?>>
Ci mise un po' prima di rispondere.

<<A parte che potrei essere solo stanca ma hai ragione. Diciamo che non sopporto quando nei libri si inizia a parlare di chiesa, religioni, eccetera. A meno che non parlino di affari loschi>>

Scoppiai a ridere, era troppo seria mentre diceva 'affari loschi'.

<<Cosa hai da ridere?>>

<<Niente>> Stavo piangendo a momenti mi faceva male il fianco. Notai la sua faccia confusa.
<<Affari loschi>>.Risi ancora ma non sembrava divertita.

La guardai e il suo volto sembrava essersi oscurato, chissà a cosa stava pensando per essere diventata così cupa all'improvviso. Dopo poco corrispose il mio sguardo e parlò.

<<Come ti chiami?>>

<<Elijah, piacere di conoscerti>>. Le tesi la mano ma sembrò impaurita da quel gesto, così la ritrassi.

<< Iside >> sussurrò.
<<Mi chiamo Iside>>

BlindnessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora