PIOGGIA DORATA

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Quella notte Pamela rimase a dormire da me. In effetti era molto tardi, la scopata era stata sfiancante e anche a me non andava affatto di rimettermi al volante per riaccompagnarla a casa. Così, senza che nemmeno affrontassimo l'argomento, fu normale per lei coricarsi sotto le coperte della mia camera da letto. Le fornii una maglietta per la notte e ci mettemmo a dormire, inebriati da quel sesso selvaggio da poco consumato. Non mi dispiaceva affatto che dormisse da me, dato che Pamela era un gran bel pezzo di figa, e ogni tanto dormire con una bella donzella accanto fa bene alla salute, refrigera l'animo e la psiche.

Le sorprese arrivarono al mattino dopo, non appena mi svegliai. Pamela non c'era. Mi alzai col cazzo duro del mattino e perlustrai la casa alla sua ricerca. La trovai in soggiorno che stava facendo colazione, con indosso solo la maglietta che le avevo dato io e le mutandine. Accidenti quanto era sexy. Mi sorrise mentre beveva una tazza di latte che aveva trovato in frigorifero. La salutai e mi avvicinai a lei. Aveva un qualcosa di strano nello sguardo. Mi chiese se volessi fare colazione e si alzò sculettando per prepararmi il caffè. Che pacchia, pensai tra me e me, mentre mi sfrucugliavo il cazzo bello turgido nelle mutande. Avevo una gran voglia di ricominciare il ficca ficca. Pamela mi riempì un bicchiere d'acqua fino all'orlo e me lo porse.

"Intanto bevi questo", mi disse con sguardo malizioso.

Non avevo tanta sete, ma comunque avevo letto da qualche parte che bere un bicchiere d'acqua appena svegli fa bene allo stomaco o a qualcos'altro, quindi accettai di buon grado e buttai giù un bel sorso.

"Bevi tutto", precisò lei con una certa severità.

Che gioco era? Non riuscivo a capire le sue intenzioni.

"Come mai vuoi che beva?", le chiesi candidamente. Mai domanda fu più ingenua di quella. Pamela non esitò nello spiegarmi le sue malsane intenzioni.

"Voglio che bevi tanta tanta acqua... e che trattieni la pipì. Fino a che non ti senti scoppiare", disse.

Stavo cominciando a capire. Un brivido mi attraversò la schiena, forse a mia volta di torbida eccitazione.

"E poi?", proseguii nel mio interrogatorio.

"E poi, quando sei al limite, voglio che mi pisci addosso".

Disse proprio così, con estrema sincerità e senza troppi giri di parole. Capii che Pamela era affetta da urofilia, ovvero era un'amante della pratica del pissing o meglio ancora della pioggia dorata. E le piaceva riceverla. Che i residui della sua merda ingoiati la sera prima facessero allora sempre parte della stessa perversione? Adesso tutto quadrava. Dunque lo fece apposta a trattenere la cacca dentro di sé.

Onestamente, non sapevo proprio come comportarmi. Non ho mai avuto di queste perversioni, e non avevo mai pisciato addosso a qualcuno. Che volete, nessuno è perfetto. Al tempo stesso però non volevo deludere la giovane emiliana, che si era caricata di grandi aspettative. E se magari quella pratica mi fosse piaciuta? Chi può dirlo. In fin dei conti era una forma estrema di umiliazione e sottomissione. A me piaceva sottomettere. E Pamela me lo stava chiedendo a gran voce, imponendomelo quasi.

Afferrai il bicchiere e lo svuotai tutto d'un colpo. Poi le dissi di riempirlo ancora. Lo svuotai di nuovo. Lei mi guardava.

"Versa ancora", le dissi.

E lei versò.

E ancora.

E ancora.

Un'ora dopo sentivo la vescica che stava per esplodere. Non ce la facevo più. Pamela mi condusse in bagno, si inginocchiò a terra sul morbido tappetino e mi calò i pantaloni. Prese la proboscide in mano e iniziò a segarla. Rimasi un po' perplesso. Non voleva farsi pisciare?

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