Capitolo 3 - La casetta -

42 5 2
                                    

Mi blocco alla vista di quel cognome, che all'apparenza sembra così semplice e normale, ma che racchiude tutti i miei incubi e paure più profonde. Intanto sento delle urla dietro di me e mi giro. Vedo l'uomo che sta cercando di arrivare a me e lì vado nel panico più totale. Non riesco a muovermi, sono paralizzata. Poi, come un secchio d'acqua fredda, le grida di quel signore mi risvegliano dal mio stato di trance. Era vicino. Suono frettolosamente il campanello, più e più volte.

Io:- Apri cazzo! - impreco io sottovoce.

Poi, sento un rumore metallico ed una voce maschile assonnata, che mi è difficile riconoscere.

???:- Chi è? - dice la voce vagamente familiare.

Io:- La prego, mi faccia entrare! - Quasi urlo io.

???:- Ma chi è? - insiste la voce, che ora sembrava più nitida.

Intanto l'uomo si fa più vicino.

Io:- La supplico, mi faccia entrare e le spiegherò tutto! - dico io, cercando di convincerlo.

Sento un sospiro e poi il cancello si apre di scatto. Lo apro con forza ed, entrando, lo richiudo alle mie spalle, sentendo l'uomo gridare ed imprecare. Tiro un sospiro di sollievo ed entro nella casa alquanto semplice e normale. Mi trovo davanti un ragazzo di più o meno 2 anni in più di me, dagli occhi leggermente a mandorla castani, capelli spettinati scuri ed una carnagione piuttosto abbronzata. Indossa una comoda tuta per stare in casa ed è altissimo, devo alzare la testa in su per poterlo guardare in faccia.

???:- Allora? Chi sei? E perché sei qui? - mi chiede insistente e mettendomi pressione.

Penso a qualcosa da dire al ragazzo che abbia un senso, ma sono sconvolta e mi è difficile.

Io:- I-io sono Anita...s-sono scappata...la mamma...q-quell'uomo l'ha... - mi salgono le lacrime agli occhi, al solo pensiero di cosa è successo in casa.

Il ragazzo vedendomi in difficoltà, mi fa sedere su un comodo divano di pelle marrone scuro e mi da un bicchiere d'acqua. La casa, all'interno, è semplice, essenziale, ma ha un suo fascino. Ha un non so che di vissuto.

???:- Allora, prima di tutto io sono Shurui Allen ed ho 19 anni. Tu sei? - mi chiede lui.

Mi guardo in giro, per vedere se c'è William in giro. Non c'è.

Io:- I-io mi chiamo Anita Kendrik ed ho 16 a-anni. - dico io, tirando su col naso.

Shurui:- E perché sei qui? Sei un'amica di Will? - chiede lui.

Sgrano gli occhi a quelle parole e nego subito con la testa.

Io:- No, ecco, io stavo...stavo scappando... - dico io chinando il capo, sentendo gli occhi lucidi.

Lui mi guarda preoccupato e addolcisce lo sguardo indagatore che aveva prima.

Shurui:- Da chi? - chiede lui, cauto.

A quel punto alzo la testa per guardarlo negli occhi. Posso fidarmi? È questa la domanda che mi assilla la mente.

Io:- C'era un uomo in casa. Stava abusando di mia madre. - dico io con voce atona.

Il ragazzo davanti a me sgrana gli occhi per un secondo e poi continua con il suo interrogatorio.

Shurui:- Ti stava insegue...- il suono del campanello lo interrompe.

Si alza per vedere dalla telecamera che ha su un computer abbastanza vecchio e poi mi chiama.

Shurui:- È questo l'uomo che ha violentanto tua madre? - dice indicando una figura di spalle sul display.

Lo riconosco solo dopo alcuni secondi, quando si gira e posso vedergli il volto. È lui. Guardo Shurui e annuisco.

Shurui:- Tu sta qua e non ti muovere. Io vado a chiamare la polizia. - dice andando in cucina.

Dove dovrei andare, scusa? Mi vado a sedere sul divano, fino a quando non sento qualcuno scendere dalle scale. Quando vedo chi è, spalanco gli occhi. È William. Lui ricambia la mia espressione stupita con una di disapprovazione.

William:- Tsk, pensi di potermi ingannare? - dice con tono sprezzante.

Ma di cosa sta parlando? Lo guardo confusa e lui si arrabbia ancora di più. Sbuffa.

William:- Potrai anche ingannare quel tonto di Shurui con la storiella dello stupro, ma non me. - continua.

Ma perché non mi crede? Mi salgono le lacrime agli occhi e sento pizzicare gli occhi. Lo odio. È una di quelle poche persone che riescono a farmi piangere. Poi Shurui esce dalla cucina e i due si guardano in cagnesco.

Shurui:- Anita, puoi andare un attimo di là, per favore? - dice rivolgendosi a me, con un tono dolce.

Io annuisco e mi dirigo nella stanza indicata. È piccola, ma carina. Le pareti sono bianche mentre le credenze sono di un legno chiaro, il pavimento ha delle piastrelle bianche con dei puntini neri, i ripiani sono color panna e c'è una grande finestra che rende la stanza ancora più luminosa di quanto già non lo sia. Sento parlottare animatamente nella stanza accanto e, avvicinandomi, appoggio l'orecchio alla porta chiusa e cerco di capire la loro conversazione.

William:- Si può sapere perché l'hai fatta entrare? - sento dire da una voce mooolto familiare.

Shurui:- Un uomo ha violentato sua madre e voleva violentare anche lei! - quasi urla Shurui.

William:- Shh! Parla piano, lei è in cucina. - dice sussurrando William, ma lo sento lo stesso.

William:- E tu le credi? - dice sorpreso.

Shurui:- Certo che si. -

Mi rincuora sapere che ho la fiducia di almeno una persona. Se quella persona, poi, è Shurui, mi sento molto più sollevata. Sento William ridere sarcasticamente.

William:- Non ci posso credere! Sei così cretino! Quella lì ha perso il padre e sua madre non le parla più, non credi che stia solamente cercando di attirare l'attenzione?! - dice.

Un'altra spada si conficca nel mio cuore e decido di non sentire altro. Basta, non ce la faccio più. Perché devo sopportare simili cose? Vedo la finestra aperta e decido di andarmene da qui. Esco agilmente dalla finestra e ringrazio di essere a pian terreno. Corro senza una meta precisa, basta che sia lontano da qui. Molto lontano.

*** La sera ***

Da quant'è che sto camminando in questo bosco? Non lo so. Ho fame? Si. Sono stanca? Decisamente, ma non posso fermarmi, non devo fermarmi. In lontananza scorgo una piccola casetta in legno, è abbandonata ma non da molto a giudicare dal legno ancora intatto. Entro senza troppi problemi ed esploro un po. Per quel che c'è da esplorare. È molto piccola, due stanze, una da letto e l'altra è la cucina, ed un minuscolo bagno. Ma va bene. Incomincio a pulire, mi sento Biancaneve nella casa dei sette nani e chissà che non me ne sbuchi uno davvero! Spazzo per terra, pulisco i mobili, spolvero le credenze ed avvio con fatica il generatore. Trovo delle lenzuola in un cassettone e le sbatto per togliere la polvere, poi le sistemo sul letto morbido e metto le fodere ai cuscini. Ho fame e lo stomaco brontola. Esco dalla casetta con un cesto e cerco qualcosa di commestibile. Dopo poco, grazie a non so quale fortuna, trovo un melo pieno di frutti e ne raccolgo abbastanza da riempire fino all'orlo il cestino. Ora pesa un po ed è buio pesto ma ce la posso fare. Grazie al mio senso dell'orientamento arrivo alla casetta prima che si metta a piovere ed appoggio il cestino sul tavolino in legno. Prendo una mela e, sciacquandola al rubinetto, la mangio in fretta, anzi, la divoro lasciando il torsolo. Vado nella stanza da letto e mi tolgo i vestiti rimanendo in intimo, mi corico e la stanchezza prende il sopravvento su di me, facendomi addormentare all'istante.

Paura di vivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora