E se non fossero incubi? - parte 1

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Mi sveglio la mattina seguente con la testa che mi martella, come se avessi bevuto una quantità industriale di alcol e non ne tocco un goccio da mesi. Mi metto a sedere sul letto, mi volto verso il lato che dovrebbe essere occupato da Marco, ma di lui non c’è nemmeno l’ombra. Dove diavolo è andato? Indosso le ciabatte e la vestaglia, dirigendomi verso la sala. È seduto al tavolo della cucina, una tazza di caffè fumante tra le mani.
«Ciao amore», lo saluto andando da lui e baciandogli i capelli.
«Buongiorno Flounder». La sua voce esce roca, un tono stranissimo che non gli avevo mai sentito usare. Mi siedo accanto a lui e lo osservo attentamente: ha delle occhiaie tremende, gli occhi gonfissimi e le mani gli tremano appena. Sta evitando il mio sguardo e questo aumenta a dismisura la mia angoscia.
«Che ti succede?», domando con un filo di voce.
Lui muove nervosamente le gambe sotto il tavolo e sospira. «Niente, amore, stai tranquilla».
Come posso stare tranquilla? Si è guardato allo specchio? Sembra il fantasma dell’uomo di cui mi sono innamorata.
«Niente», ripeto io sarcastica. Non ho più voglia di essere trattata in questo modo da lui. Pensa davvero che io sia così stupida da non capire che lui sta male? Quello che non comprende è che se lui sta male, io sto anche peggio perché non so che cosa fare per poterlo aiutare. Lui è l’amore della mia vita e farei qualsiasi cosa per lui, ma non può rendermi la vita tanto complicata, mi sento inutile in questo modo.
«Mi ritieni stupida, vero?». Gioco nervosamente con le dita della mia mano, lo sguardo fisso su di loro.
«Non ho mai pensato una cosa tanto assurda», esclama lui alzando finalmente lo sguardo verso di me.
«Allora smettila di mentirmi. So benissimo che c’è qualcosa che non va e che non vuoi dirmi di cosa si tratta. Avevi promesso che mi avresti detto sempre tutto, che non mi avresti tenuta all’oscuro, ma ancora una volta mi stai escludendo, facendomi sentire una completa nullità», continuo io con tono duro. Credo che la soluzione migliore sia cercare di aprirgli gli occhi, forse ha bisogno di uno scossone per rendersi davvero conto che sta sbagliando.
«Tu non sei una nullità». Cerca di prendere la mia mano, ma io mi scanso.
«Dimostramelo allora. Che cosa ti sta succedendo?», ripeto nuovamente, sperando che questa volta mi dia la risposta che sto attendendo.
Lui guarda di nuovo la tazza davanti a sé e non risponde. Gli occhi cominciano a pizzicare, un nodo alla gola mi impedisce perfino di respirare. Lui non si fida di me. Che cosa posso ancora fare io qui per lui? Non ha nemmeno il coraggio di dirmi in faccia quello che gli sta capitando e io non credo di poterlo sopportare ancora a lungo. Io ho bisogno di lui nella mia vita, sarà il padre dei miei figli, dovrebbe diventare mio marito, ma forse non è pronto per tutto questo e io ho il diritto di saperlo.
«Mi vuoi ancora sposare o hai forse cambiato idea?». Fatico molto a porgli questa domanda, mi sembra di soffocare in questo momento.
«Certo che ti voglio sposare!», risponde lui guardando nuovamente nella mia direzione.
«Ma non vuoi dirmi che cosa sta succedendo». Mi mordo nervosamente il labbro e chiudo gli occhi. Forse mi pentirò di quello che sto per fare, ma devo per forza dire quello che penso, non si può andare avanti così.
«Non sta succedendo proprio niente», continua lui senza ritegno.
Mi alzo lentamente e appoggio entrambe le mani sul tavolo, guardando Marco dritto negli occhi. «Non ti credo. Tu non stai bene, sei distante, fatichi a guardarmi, fingi che vada tutto bene, quando sta andando tutto storto. Non mi hai nemmeno chiesto se ho trovato l’abito da sposa, non ti interessa del nostro matrimonio. Sono passata in secondo piano per te e non posso sopportarlo. Io ti amo, Marco, ma così non posso andare avanti». Prendo un respiro profondo e finisco di dire la mia. «Vado dai miei oggi, ho bisogno di stare da sola. Tu pensa a cosa vuoi farne di noi, lascio tutto nelle tue mani. Se davvero mi ami, devi capire che non puoi proteggermi da tutto e tutti, dovrei diventare tua moglie e io vorrei sostenerti in ogni tua scelta, ma tu mi escludi e non posso fare niente. Se non te la senti di andare avanti, basta che me lo dici. Io non ho alcuna intenzione di lasciarti, ma se tu non mi vuoi più nella tua vita, posso capirlo».
«Amore mio», prova a dire, ma io lo zittisco posandogli il palmo della mano sulla bocca.
«Tu pensaci, sai dove trovarmi. Vieni solo se sarai pronto a confidarti con me, altrimenti puoi restartene anche qui». Dette queste ultime parole corro in bagno e mi chiudo dentro a chiave. Scoppio in un pianto disperato, coprendomi il viso con entrambe le mani. Forse sono stata fin troppo dura con lui, ma deve riscuotersi e tornare l’uomo forte e sincero di cui mi sono innamorata. Non ho mai sopportato i segreti, portano solo al distacco e io non ho alcuna intenzione di perderlo. Marco è l’unico uomo io abbia mai amato davvero e non voglio separarmi da lui. Stiamo aspettando due bambini, dobbiamo organizzare il nostro matrimonio, ma finché non torna in sé non possiamo nemmeno parlare normalmente come facevamo un tempo. Deve essere successo qualcosa di grave per comportarsi in questo modo assurdo e io voglio aiutarlo, è mio dovere di brava compagna farlo. Lui, però, deve fidarsi di me e aprirmi il suo cuore. Si sta distruggendo da solo in questo modo e io non posso permetterlo, lo amo troppo per poterlo perdere. Mi auguro che questo mio ultimatum serva davvero, altrimenti dovrò trovare un altro modo per riportarlo a me, a noi. Ho un disperato bisogno di lui. Mi mancano le nostre chiacchierate senza senso, mi mancano i nostri scambi di battute, mi mancano i nostri momenti di intimità. Mi manca Marco, da morire.
Mi vesto lentamente, mi ricompongo un po’ e apro la porta. Il mio uomo è davanti a me, non l’ho mai visto in questo stato e mi si spezza il cuore. Gli prendo il viso tra le mani e gli bacio le labbra, stringendo forte le palpebre per evitare che le lacrime mi travolgano nuovamente come un fiume in piena.
«Ti prego, non andare», mi supplica con la fronte sulla mia.
«Devo farlo, abbiamo entrambi bisogno di pensare. Ti amo da morire, non amerò mai nessun altro uomo». Lo bacio ancora una volta, prima di prendere la mia borsa e chiudermi la porta del nostro appartamento alle spalle. Prendo il cellulare e chiamo l’unica persona al mondo che potrebbe aiutarmi in questo momento.
«Cucciola, che succede?», domanda Luca in apprensione.
«Ho bisogno di un passaggio fino a casa dei miei. Diciamo che ho litigato con Marco e ho bisogno di farmi del male», gli rispondo tra i singhiozzi.
Non è stata una vera e propria litigata, non ci sono state urla, non ci siamo lanciati contro oggetti. Se avessimo avuto una discussione reale, probabilmente ora staremmo facendo pace in camera. Il mutismo in cui Marco si è chiuso non rende le cose facili. Ho faticato davvero molto a uscire da casa nostra, non avrei voluto lasciarlo solo, ma a mali estremi, estremi rimedi. Lui ha un disperato bisogno di uno scossone, deve aprire gli occhi e rendersi conto che si sta comportando in un modo talmente assurdo, che potrebbe perfino perdermi. Non potrebbe mai succedere, perché io lotterei fino alla fine dei miei giorni per salvare il nostro rapporto.
«Ti farai tantissimo male dai tuoi. Sei sicura di volerlo fare davvero?». Il mio migliore amico si preoccupa per me, ma tanto peggio di così non potrebbe sicuramente andare.
«Sicurissima».
Tutta questa mia sicurezza l’ho lasciata a casa. Sono sdraiata sul divano dei miei, mentre loro mi fissano in evidente stato ansioso. Mia madre ha cercato di farmi delle domande, ma io non ho alcuna voglia di parlare. L’unica persona con cui vorrei intavolare un discorso, si è chiuso in un mutismo alquanto innaturale. E se non mi raggiungesse? Se preferisce proteggere i suoi segreti, piuttosto che condividerli con me? Se avesse problemi di salute? Al solo pensiero il mio cuore perde più di un battito, un macigno si piazza sul mio petto, impedendomi perfino di respirare. Mi raggomitolo sul divano e chiudo gli occhi, sperando che tutto questo sia soltanto un brutto incubo. Lascio che le lacrime scendano a rigarmi il viso. Qualcuno mi copre con una coperta calda e io mi avvolgo in quel tessuto morbido. Se solo Marco fosse qui a stringermi fra le sue braccia. Solo allora mi sentirei davvero al sicuro e protetta, solo accanto all’uomo che mi ha rubato il cuore, il padre dei miei figli.
Nel dormiveglia riesco a sentire i miei crucciarsi per me e mi dispiace davvero tanto. Non avrei mai voluto farli preoccupare, non avrei mai dovuto metterli in mezzo, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro.
«Che cosa è successo alla nostra bambina?», chiede mia madre a bassa voce per non disturbare il mio sonno travagliato.
«Non lo so, ma ho come l’impressione che c’entri Marco», risponde mio padre in un sussurro che riesce comunque a penetrare la mia corteccia cerebrale.
«Non si saranno mica lasciati?». La voce della mia genitrice esce stridula.
«Non penso, ma hanno sicuramente litigato. Non sarebbe sul nostro divano altrimenti». Mio padre sospira. «Se non trova le palle per sistemare la cosa, gliele faccio sputare io. Stanno per diventare genitori! Non possono comportarsi come degli adolescenti!».
Non lo avevo mai sentito così alterato e preoccupato, devo averlo fatto agitare non poco. Ora mi sento in colpa anche per questo. Vorrei tanto correre da Marco e buttargli le braccia al collo, vorrei essere stretta dalle sue forti braccia. Gli perdonerei qualsiasi cosa, purché torni ad essere quello di un tempo. Forse era meglio se continuava a fare il rappresentante, avrebbe avuto meno grattacapi, meno problemi, meno ansie. Capisco, però, la sua decisione, l’ha fatto per aiutare il padre, e la famiglia è più importante. Voglio essere anch’io importante per lui, che prenda le decisioni anche pensando a me e ai nostri figli. Non lo so, forse non sono abbastanza per lui. Non devo pensare a queste cose, non devo.
Ti prego, amore, vieni a prendermi. Riportami a casa con te, dimmi che sono la persona più importante per te, dimmi che amerai sempre e soltanto me.
Una mano finisce sul mio ventre e lo accarezzo delicatamente.
Amorini miei, vi prometto che risolverò ogni cosa. Vi amo tantissimo.
Parlare con loro mi tranquillizza e mi dà la forza per poter superare anche questo brutto momento. La vita di coppia non è mai una passeggiata, capita di trovare degli ostacoli lungo il percorso, l’importante è avere voglia e forza di superarli. Se ti lasci andare, rischi di rovinare tutto. Questo non deve succedere a noi, non posso permetterlo.
«Adesso lo chiamo e mi sentirà!», esclama mio padre infervorandosi.
«Francesco, no, non farlo». Mia madre si oppone a questa sua volontà e la sto ringraziando tra me e me.
«Perché non dovrei? Non lo vedi in che stato è la nostra bambina?», sbotta lui alzando di un tono la voce.
«Shhh, non svegliarla!», lo ammonisce mia madre. «Lo vedo anch’io che sta male, ma non possiamo interferire. Devono sistemare le cose tra di loro, qualunque cosa sia successa».
«Ma», prova a dire lui, ma lei lo zittisce immediatamente.
«Ma un corno. Se non ricordo male, anch’io me ne sono andata di casa quando stavo aspettando Serena e i nostri genitori non si sono messi in mezzo. Hanno aspettato che tu, brutto testone che non sei altro, venissi a chiedermi scusa. Ci hai impiegato un giorno intero a tornare da me. Mi auguro che quel ragazzo ci impieghi molto meno».
«Erano altri tempi», brontola mio padre.
«Tutte scuse! Voi uomini siete sempre tutti uguali, a qualsiasi età e in qualsiasi epoca. Siete dei testoni e rimarrete dei testoni», infierisce lei. «Quello che non riuscite a mettervi in quella testa dura come il marmo, è che senza di noi, voi siete il nulla più totale. Avete bisogno di noi, ma non volete ammetterlo nemmeno a voi stessi e poi fate delle cavolate tremende».
Mio padre grugnisce, non convinto di quello che la moglie sta dicendo. «Sarà».
Vorrei aprire gli occhi e correre ad abbracciare mia madre, ma il suono insistente del campanello me lo impedisce. Stringo ancora di più gli occhi e mi tiro la coperta fino al naso.
Se non dovesse essere lui, lasciatemi morire di vecchiaia su questo divano.
 

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