La grande notizia - parte 1

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Ho dormito tutta notte, come non mi capitava da un po’. Non mi sembra neanche vero. Ho stretto Serena a me per tutto il tempo, non avevo alcuna intenzione di lasciarla andare. Lei, dal canto suo, non voleva staccarsi, accoccolandosi sempre di più contro di me. Mi era mancato stringerla fra le mie braccia e ho davvero rischiato grosso con il mio silenzio. Non succederà mai più, cascasse il mondo.
Serena si stiracchia, un angolo della sua bocca si solleva all’insù. «Non riesci più a dormire?».
La sua voce roca, ancora impastata dal sonno mi fa sorridere. È meraviglioso iniziare la giornata con un suo sorriso.
«No, credo di aver dormito abbastanza». Controllo l’ora sul mio orologio che tengo al polso e segna le nove. Sì, ho decisamente dormito troppo.
«Ti senti pronto per il pranzo che ci aspetta? Sei sicuro di non voler dormire ancora un po’?», domanda posandomi una mano sulla guancia.
Cazzo, il pranzo con i nostri genitori! Lo avevo completamente rimosso nelle ultime ore e ho anche promesso che ci saremmo stati! Sinceramente lo salterei a piedi pari, non è che abbia una gran voglia di vederli tutti insieme. In effetti neanche in separata sede. Preferirei stare tutto il giorno qui con la mia donna a rilassarci e a parlare di noi. Ci metteranno sotto torchio e i miei futuri suoceri mi guarderanno sicuramente in malo modo dopo quello che è successo con la loro bambina.
«Se vuoi possiamo dormire tutto il giorno, così lo saltiamo», continua lei con il sorriso sulle labbra.
«Tua mamma ci verrebbe a prelevare con la forza», le faccio notare in un sospiro.
«Non saprebbe dove trovarci. Non ha idea di dove sia questa casa», dice lei con tono cospiratorio.
Che constatazione interessante! Quasi, quasi…
«La tentazione è molto forte, lo ammetto, ma non possiamo sottrarci a questa tortura, nonostante non abbia una gran voglia di dire loro del matrimonio. È che non so come comportarmi con i miei. Ho visto mio padre distrutto e mi si è spezzato il cuore a metà. Credo che mia madre sappia la verità, ma non ho idea fino a che punto. Non so se lui le abbia raccontato proprio tutto. Non sarà facile fingere che vada tutto bene. La cosa positiva è che non devo più farlo con te. Scusami ancora, amore. Non avrei dovuto».
Poso la fronte sulla sua e chiudo gli occhi.
«Sono stato malissimo ed è stata solo colpa mia. La cosa che mi fa sentire un completo disastro è che ho fatto stare male anche te, ti ho deluso».
Serena mi bacia le labbra, zittendomi. «Va tutto bene ora. Smettila di piangerti addosso. Il nostro amore è più forte di ogni altra cosa, e insieme supereremo ogni ostacolo che ci si parerà davanti».
«Hai ragione», commento.
«Certo che ho ragione», infierisce lei colpendomi la spalla con un leggero pugno. «Io ho sempre ragione, non solo perché sono incinta e non sopporto essere contraddetta».
La sua espressione buffa mi fa prorompere in una sonora risata. Mi lascio cadere con la schiena sul materasso e mi copro gli occhi con l’avambraccio.
«Sei davvero spettacolare quando ti ci metti, lo sai?». Mi volto verso di lei e le sorrido. «Mi sento decisamente meglio ora».
C’è soltanto la questione di Paolo che mi infastidisce un po’ al momento. Devo ammettere che sono geloso di Serena, da impazzire e sapere che il mio socio si è innamorato di lei mi lascia una strana sensazione addosso. So di potermi fidare di lui, so che la mia donna non mi tradirebbe mai, ma è comunque difficile da digerire.
Mi metto nuovamente sul fianco e la attiro a me, le carezzo un braccio con dolcezza.
«Che cosa c’è che non va, amore? Ti sei rabbuiato all’improvviso». Serena posa una mano sul mio viso, lo sguardo preoccupato.
Sospiro rassegnato. Certo che non le scappa proprio niente!
«Non ti dà fastidio Sapere che Paolo… beh, insomma, hai capito, no?». Non riesco a dirle quelle parole, è più forte di me.
Lei arriccia le labbra e si fa pensierosa. «Ammetto che la cosa mi fa parecchio strano. Non ho mai avuto un rapporto particolare con lui, non abbiamo nemmeno mai parlato molto insieme. Non capisco come si sia potuto innamorare di me, un mistero che probabilmente rimarrà irrisolto».
«Io posso capire come possa essersi innamorato di te. Sei semplicemente meravigliosa, di una dolcezza infinita, di una bellezza unica». Posa le labbra sulle mie, fermando quel flusso di parole.
«Di una cosa devi essere sempre certo: io sono tua e lo sarò fino alla fine dei miei giorni. Non potrei mai perdere la testa per un altro uomo, perché tu sei il meglio per me, sei tutto quello di cui ho bisogno per essere felice. Sarai mio marito, il padre dei miei figli, l’amore delle mia vita». Parla in un sussurro e il suo discorso mi arriva dritto al cuore, facendogli perdere un battito.
«Ti rendi conto che quello che mi hai appena detto ha soltanto reso più veritiere le mie parole? Dovrei sentirmi meglio ora? Sono fortunato che altri uomini non si siano innamorati di te, altrimenti avrei dovuto lottare con le unghie e con i denti per tenerti stretta a me». La prendo in giro io baciandole poi la punta del naso.
«Che ne sai che non ci siano altri uomini che mi fanno la corte?», domanda con aria da innocentina.
«Vuoi insinuare dei dubbi nella mia mente già parecchio provata?». Mi mancavano questi nostri scambi di battute e prese in giro, mi era mancata la complicità con Serena. Sono stato davvero uno stupido a rischiare di privarmi di tutto questo. Non mi sono reso davvero conto di quello che stava succedendo nella mia vita, ma quando ho rischiato di perdere la donna che amo, tutto è stato più chiaro.
«Non mi permetterei mai». Mi bacia le labbra, approfondendo il bacio un attimo dopo.
«Direi che questo bacio potrebbe allontanare ogni eventuale incertezza», mormoro ancora con gli occhi chiusi, sento il suo respiro sulla bocca e ho solo voglia di riprendere a baciarla.
«Potrebbe, ma non ne sei certo?», chiede lei sensualmente.
Come mi fa perdere la ragione lei, non ci era mai riuscita nessun’altra donna in tutta la mia vita.
«Mmm, credo che dovrai darmi qualche altra prova della tua devozione», rispondo scoprendole il ventre e carezzandolo delicatamente. I frutti del nostro amore stanno crescendo qui dentro e io muoio dalla voglia di sapere di che sesso saranno. Non manca molto per scoprirlo, già alla prossima ecografia dovremmo saperlo e sono esaltato all’idea. Non vedo l’ora di decorare la loro cameretta, di comprare tutto quello che manca per il loro arrivo: voglio viziarli ancora prima della loro nascita, ne sento il bisogno. Amo già i miei figli più di ogni cosa al mondo e li proteggerò finché avrò vita.
«Questi frugoletti non sono sufficienti?». La sua mano si posa sulla mia, le nostre dita si intrecciano. Le nostre labbra si uniscono ancora una volta e ci baciamo lentamente, assaporando fino in fondo questo nostro momento di intima tranquillità.
«Sì, lo sono», mugugno tra un bacio e l’altro. «Ti amo da morire».
Il mio cellulare comincia a squillare, ma non ho alcuna intenzione di staccarmi da Serena, proprio non voglio. Smette, ma dopo un secondo, ricomincia a suonare, irritandomi non poco.
«E se fosse qualcosa di importante?», chiede la mia donna accigliandosi.
«Di domenica mattina non c’è niente di importante». Apro un occhio quando la suoneria riprende a perforarmi un timpano. Chi cazzo è che rompe le palle?
Mi volto verso il mio comodino e allungo un braccio, fino a recuperare il telefono. Sbircio lo schermo ed è Lorenzo. Dovevo immaginare che poteva essere solo lui a spappolarmi i maroni la domenica! Non ho alcuna intenzione di parlare con lui, non ora. Non ho voglia di sentire ancora una volta le sue scuse. È tutta colpa sua se ha costretto Paolo a confessare, rischiando di mandare a puttane un’amicizia. Sinceramente non voglio avere a che fare con loro per un po’, ho bisogno di staccare la spina.
«Chi è?». Serena mi prende il telefono dalla mano quando comincia a suonare per la milionesima volta. «Perché non vuoi parlare con Lollo?».
«Sono incazzato con lui e potrei dire cose di cui mi pentirei, considerando che mi serve il suo aiuto con l’azienda». Posso dirle solo la verità, non ho alternative. È solo questo il motivo per cui non voglio parlare con il mio socio.
«Lorenzo?». Mi distraggo mezzo secondo ed è lei a rispondere al posto mio. Mi ritrovo a sbuffare risentito. Non avrebbe dovuto farlo, ma a lei sembra non importare.
«Certo, te lo passo subito». Serena mi porta il telefono all’orecchio e mi obbliga a parlare con lui con un’occhiataccia che non lascia scampo.
Grugnisco, è quello che mi riesce meglio in questo momento.
«Socio, credevo che non volessi parlarmi quando mi sono reso conto che non rispondevi», comincia lui, sembra preoccupato.
«Infatti non volevo, mi ci hanno costretto». Non ho alcuna intenzione di essere cortese, dovrà sudarsi il mio perdono. Metto il vivavoce, così anche Serena può ascoltare quello che ha da dirmi.
«Lo avevo immaginato». Sospira e poi riprende a parlare. «Ascoltami soltanto, non serve che tu dica una parola. Mi dispiace davvero tanto per quello che è successo l’altra sera. Se avessi anche solo immaginato che potesse trattarsi della tua donna, non lo avrei mai costretto ad ammettere di chi fosse innamorato. Cazzo, socio, chi poteva immaginarlo? Mi sento una merda in questo momento. So che sei incazzato con me e fai bene ad esserlo. Probabilmente sarei anch’io incazzato se fossi stato nei tuoi panni. Il solo pensiero che uno dei miei soci si possa essere innamorato della mia Stella, mi fa pizzicare le mani. Posso solo immaginare come ti senti. Voglio solo che tu sappia che potrai sempre contare su di me e prometto di farmi i cazzi miei d’ora in poi. Non voglio rischiare la tua amicizia per la mia curiosità, tengo davvero molto a te. Cazzo, sembro una tredicenne che sta chiedendo all’amica del cuore di perdonarla per aver letto il suo diario segreto di nascosto».
Mi immagino Lorenzo con i capelli lunghi raccolti in due trecce che scendono sulle spalle e mi ritrovo a ridacchiare da solo. Come si fa a rimanere arrabbiati con uno come lui? Purtroppo anch’io tengo molto a lui e, anche se mi fa incazzare da morire la maggior parte del tempo, non riuscirei a estrometterlo dalla mia vita.
«Socio, ti prego, ero in buona fede. Sai che non farei mai qualcosa che possa minare la nostra amicizia. Con chi posso sparare minchiate tutto il tempo poi? Chi sopporterebbe le mie innumerevoli cazzate? Sai che solo tu riesci a sopportare ogni mio singolo difetto. Probabilmente sei un masochista, ma è proprio per questo che ti voglio bene. Oh cazzo! L’ho detto davvero? Vivere con due donne in casa non mi fa affatto bene, devo per forza fare il figlio maschio».
«Davvero mi vuoi bene?», domando imitando una voce femminile.
«Porca troia, sei un bastardo! Non lo ripeterò nemmeno fra un milione di anni, scordatelo», ringhia lui dall’altra parte della linea.
«Dai, ti prego», continuo sempre con quella vocetta stupida.
Serena si porta una mano alla bocca e ride per questa nostra scenetta. Le strizzo l’occhio, in attesa di una nuova serie di insulti da parte del mio socio.
«Devi esserti bevuto il cervello! Mai e poi mai lo dirò di nuovo». Una smorfia si deve essere formata sul suo viso. Lui non è qui davanti a me, ma lo conosco come le mie tasche e so come si comporterebbe in queste situazioni.
«Ti prego». Mi mordo l’interno della guancia per non scoppiare a ridere. Credo che questa sia la punizione peggiore per Lorenzo, più di smettere di parlare con lui.
«Sei un fottuto bastardo e giuro che me la pagherai per questo! Se mi sentissero gli altri, mi prenderebbero per il culo fino alla fine dei miei giorni!», tuona infastidito. «Ti voglio bene, socio, e mi dispiace per tutto quello che è successo. Chiedo il tuo perdono in ginocchio sui carboni ardenti e spero accetterai le mie scuse perché non ho alcuna intenzione di bruciarmi. Ora smettila di rompere le palle».
«Okay», dico io.
«Okay cosa?», chiede lui perplesso.
«Smetto di rompere le palle». Chiudo la telefonata, lasciandolo sulle spine.
«Sei stato crudele», mi ammonisce la mia donna con il sorriso sulle labbra.
«Se l’è cercata». Le bacio le labbra e mi alzo dal letto. Ho bisogno di una doccia gelata prima di poter affrontare le nostre famiglie. Non credo che basti quella per darmi la forza, ma almeno posso tentare. Che gran rottura di scatole.

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