Finita la cena la maggior parte di noi, la parte responsabile e diligente della compagnia, si ritirò nella propria camera d'albergo per poter ricaricare le energie in vista della tappa.
Mi sedetti sul letto, presi la testa tra le mani e pensai.
La mia lei mi mancava, terribilmente.
Mi mancava il suo umorismo, il suo affetto, la sua manina tenera che era sempre un po' più calda della mia e che mi dava tanta sicurezza e tanto amore.
Sollevai la cornetta del telefono, d'impulso.
Digitai il numero, quello stesso numero che mi aveva dato lei al nostro primo appuntamento perché io ero troppo timido ed innamorato per poterlo chiedere.
Quello stesso numero che era impresso nella mia mente come l'inchiostro sulla carta.
Indelebile.
Quell'unico numero che la mia smemorata testa ricordava perfettamente, come avrebbe potuto non farlo d'altronde...
Squilla a vuoto.
Perché non risponde? Penso rivivendo il panico della prima volta in cui la chiamai.
"Pronto?" dice con incertezza lei.
"Emma, sono io" le dico felice.
"Ciao amore! Ma da che numero stai chiamando?"
"Ah scusami, è il telefono dell'albergo...il mio è morto" le dissi con un velo di imbarazzo.
"Stai andando bene eh, sono così felice per te!"
"Grazie..."
Mi sento sempre a disagio quando mi fanno i complimenti, anche se è lei a farmeli. Sono una di quelle cose a cui non so mai come rispondere se non con i semplici, banali ringraziamenti.
"Te invece come va? Era oggi che dovevi fare quel concorso per il posto di insegnante, no? Come è andato?"
Lei rise dolcemente.
"No amore, è domani..." mi disse sapendo quanto per me fosse difficile ricordare le date e gli eventi come qualsiasi altra cosa che riguardasse il memorizzare dei numeri.
"Ah, oddio scusami..."
Sprofondai dalla vergogna e mi sentii estremamente in imbarazzo, sapevo quanto ci teneva...
"Stai tranquillo, ti voglio bene lo stesso" mi rispose lei ridendo.
Quanto mi era mancata la sua risata, anche attraverso un telefono, con così tanti chilometri di distanza, riusciva comunque a farmi sorridere.
"Scusa se ti chiamo poco ma l'allenatore quasi ce lo impedisce, ha paura che ci si possa distrarre..."
"Davvero?" disse lei in una via di mezzo tra l'essere incredula ed il non poter trattenere le risate.
"Lasciamo perdere...è una bravissima persona e la rispetto profondamente ma certe volte ha delle idee decisamente bizzarre. Ad ogni modo l'unica cosa che mi interessava era poter parlare con te, mi manchi..." le dissi.
"Anche te, non hai idea quanto..."
Ci fu un momento di silenzio, come se ci fossimo trovati uno di fronte all'altra a guardarci negli occhi.
"Sai, oggi ho parlato in francese..." le dissi rompendo quel malinconico silenzio che si era creato.
"E come è andata?"
"Uno schifo..." le dissi sospirando divertito.
Lei rise.
Era incredibile ma nella mia testa lei era lì, davanti a me.
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La Bicicletta per la Vita
General FictionUn ragazzo di 25 anni vive il suo sogno, dopo aver vinto il Giro d'Italia si ritrova in Francia per correre la corsa più importante del mondo. Il corso degli eventi lo porterà ad avere l'intero peso di una nazione sulle proprie spalle, ma i suoi pen...