Feels like we had matching wounds / but mine's still black and bruised

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Simone era visitato dai fantasmi, giorno e notte. Suo padre, malato, in salute, che insegnava o ripeteva per casa le sue citazioni filosofiche preferite. A volte diventava Manuel, era il suo amante e si baciavano quasi fino a sentire il suo sapore sulle labbra o si picchiavano quasi fino a sentire, sulle nocche, il dolore dei pugni che non aveva mai sferrato. Simone si svegliava con il cuore che minacciava di schizzargli fuori dal petto; suo padre e Manuel, che si scambiavano le facce, le parole, i vestiti. Il letto di Simone era bagnato di sudore, appiccicoso e vischioso come sangue. Allontanava le lenzuola come se scottassero, come avrebbe voluto allontanare i sogni e far fuggire i fantasmi.

Un mattino afferrò il telefono abbandonato sul comodino e chiamò Laura. Se i fantasmi lo visitavano di notte tanto valeva che venissero a trovarlo anche di giorno.


Laura viveva in un luccicante appartamento a Trastevere – Simone non aveva mai dubitato che avrebbe fatto carriera – e si muoveva delicata tra il mobilio del salone.

Simone sedeva su uno sgabello con i gomiti appoggiati sul tavolo della cucina a isola.

"Hai una casa stupenda, Laura" si complimentò.

"Merito di Luna. È lei che ha gusto, tra noi due" rispose lei.

Simone sentì il cuore venire avvolto dai sensi di colpa. Non la sentiva mai. Non la cercava mai. Le lasciava qualche commento, ogni tanto, quando postava sui social le sue foto con Luna e poi più nulla.

"Vuoi qualcosa?" chiese Laura. Ma non era una domanda dettata da gentilezza. Era sospettosa, calcolatrice, aspettava la mossa di Simone. 

Lui non ci cascò. E comunque aveva già bevuto quel mattino.

"Un caffè?"

Laura prese due cialde e due tazzine da caffè, con un sorriso soddisfatto e sollevato sul viso.

"Come sta Luna?"

"Bene. Adesso è a Milano, in fiera. Fa la grafica" spiegò sbrigativa lei. "Simone, che è successo?" gli chiese lei, infilando una cialda nella macchinetta del caffè.

Laura gli era sempre piaciuta. Era l'opposto di sua madre. Dritta al punto, dritta al cuore.

"Ti ho visto quello sguardo una volta sola" incominciò lei, poi si fermò. Sapevano tutti e due a cosa si riferiva.

"Te lo devi togliere dalla testa, Simo." lei lo aveva sempre chiamato così "conosci un altro, vai avanti. Sei bellissimo, non piangere per uno che non ti ha mai amato come lo hai amato tu"

Su questo Simone voleva dissentire con tutta la sua forza ma sentiva che non gliene era rimasta. Non riusciva a spiegare ad altri la reazione chimica che erano loro due. Forse dovevano ancora inventare una formula, o avrebbero creato un altro elemento sulla tavola periodica che li descrivesse a pieno. Ma fino a quel giorno non aveva prove, evidenze, armi per controbattere. Sapeva che Manuel lo aveva amato, anche per poco, forse. Era così?

I pensieri si affollavano disordinati. Forse doveva smettere di bere.

Simone alzò le spalle e vi si strinse in mezzo.

"È complicato"

"No, non lo è" rispose Laura, allungandogli la tazzina di caffè. "Che ha fatto? Ti tiene all'amo per un'altra?"

"Per un altro" corresse Simone.

Oliver in piedi davanti alla porta di casa di Manuel, con un mazzo di fiori, comparve nella cucina di Laura. E faceva male come la prima volta.

"Manuel Ferro che capisce di essere attratto dagli uomini. Non pensavo che lo avrei mai visto" commentò lei, soffocò una risata sarcastica contro la tazzina da caffè.

Critica dell'amor praticoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora