Simone entrò a grandi falcate nel liceo, determinato a non rivolgere parola a nessuno. Sapeva, in una zona recondita del suo cervello in cui la parte razionale aveva dimora fissa, che non avrebbe potuto evitare Manuel per sempre, ma era intenzionato a vederlo il meno possibile.
Anni prima, seduto sul divano sgualcito del suo appartamento a Roma, teneva in mano il telefono in viva voce mentre una segretaria gli spiegava in che cosa consistesse una supplenza per una docente in maternità, e lui non ascoltava nulla perché la sua mente si era ripulita quando l'aveva sentita pronunciare il nome del liceo in cui avrebbe dovuto insegnare. Tornare da adulto nel suo vecchio liceo era un modo per fare pace con sé stesso, con la morte di suo padre e con il suo passato. A Simone piacerebbe molto avere la paternità di questo strumento per guarire da tutti i suoi traumi, ma deve lasciarla alla sua terapeuta: era stata lei a suggerire di ripercorrere i passi di suo padre e delle persone che appartenevano al suo passato per poterli finalmente perdonare. Ma a cosa poteva servire se il suo passato entrava nell'aula professori del suo vecchio liceo ogni mattina?
Dove c'era Manuel, come dieci anni prima, c'era la rottura dell'equilibrio di Simone. Non riusciva a credere che lui fosse lì, con il suo nome stampato su un foglietto di carta appiccicato ad un armadietto in cui poter riporre i suoi manuali di filosofia e la sua giacca di pelle appesa a un attaccapanni, mentre Simone stava ancora cercando di ricostruire una vita senza suo padre, senza sua madre che viveva a chilometri di distanza da lui, senza Jacopo e senza Manuel.
Simone aveva passato i primi anni dell'università a cercare Manuel tra le lenzuola spiegazzate di altri uomini con i ricci e gli occhi scuri, senza trovarlo mai. E aveva smesso di cercarlo. Manuel, dieci anni prima, in un cantiere, lo aveva afferrato per la felpa e aveva fatto scontrare le loro bocche, come una musata fra animali rabbiosi più che come un bacio, ma a Simone era bastato quello per tracciare il sentiero tra le labbra di altri ragazzi che non erano lui.
Molti di quei ragazzi, così simili a Manuel ma mai lui, ci tenevano a rivederlo, ma Simone non voleva farlo: c'era sempre un buon motivo per dire di no. Dopo essere scappato per la terza - o quarta, o quinta - volta dal letto di uno sconosciuto, tutto occhi scuri che rimanevano chiusi mentre lo baciava e denti che lasciavano segni ovunque, che sarebbe rimasto molto deluso il giorno dopo nel ritrovarsi da solo nel suo letto, Simone aveva smesso. Aveva iniziato a sentirsi sempre di più come suo padre e al tempo stesso era particolarmente deciso a non assomigliare mai e poi mai a lui - voleva fare il ricercatore universitario a Londra o lavorare al CERN di Ginevra o milioni di altre cose che lo portassero a chilometri di distanza da Roma e dalla sua vecchia vita - e smise con quella pessima abitudine.
Simone fece una smorfia mentre quei pensieri gli affollavano la testa e finì di rollare il tabacco nella cartina. Si infilò la sigaretta tra le labbra e fece scattare l'accendino. Lo fece scattare una seconda volta. Lo fece scattare una terza volta, senza risultato.
"Che cazzo" sputò Simone e si infilò rabbiosamente l'accendino in tasca.
"Ti serve questo?", fece una voce dietro di lui.
"Sì", ammise Simone. Sbuffò, e se Manuel se ne accorse non lo diede a vedere.
"Non sapevo fumassi ancora", commentò Manuel, e gli avvicinò l'accendino con la fiamma accesa. Simone glielo sfilò dalle mani. C'era stato un tempo in cui avrebbe pregato - si sarebbe scorticato le ginocchia a forza di pregare - per poter avvicinare le sue labbra al viso di Manuel e guardarlo negli occhi mentre lui gli accendeva la sigaretta. Ma non era più quel tempo - e non sarebbe mai più tornato, si promise Simone.
"Già" commentò arido.
"Come sta Mimmo?"
"Manuel, Mimmo è in un programma protezione testimoni da dieci anni, all'incirca" rispose Simone seccato.
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Critica dell'amor pratico
RomantizmSono passati circa dieci anni da quando Manuel Ferro è partito per il Giappone con suo padre. Simone Balestra insegna matematica nel suo vecchio liceo e crede di essere inseguito dai fantasmi.