Il vento sibilava sempre più impetuosamente man mano che Gynliae si inerpicava sul terreno roccioso della rupe evitando con ampie falcate i massi franati dalle pareti scoscese. I pini, ora più radi, cedevano il passo a un paesaggio privo dell'incanto esotico della Du Weldenvarden, ma che Gynliae trovava comunque magnifico perché caratterizzato da un fascino più selvaggio, rapace.
Finalmente l'elfo intravide l'ampio spiazzo erboso sul quale sorgeva la casa di Oromis, una tipica abitazione elfica cantata nel legno di pino. Glaedr, accoccolato lì accanto, aprì le palpebre e si stiracchiò, le scaglie che risplendevano nel sole mattutino. Per un attimo Gynliae ne rimase abbagliato mentre il mastodontico drago dorato si ridestava dal suo sonno e allungava il collo verso di lui per scrutarlo con gli occhi ambrati.
«Glaedr-elda, atra esterní ono thelduin. È un onore per me incontrarti».
Gynliae si portò indice e medio alle labbra e accennò un inchino. Glaedr non aprì la mente alla sua, limitandosi a rivolgergli un cenno garbato con l'ampio muso.
In quel momento una voce argentina risuonò nell'aria: «Benvenuto a Tel'naeir. Ti stavamo aspettando».
Gynliae si voltò e vide Firnen sull'uscio dell'abitazione di Oromis. Cosa ci faceva lì? La ragazza si avvicinò al drago e lui le sfiorò affettuosamente la fronte con il muso: «Buongiorno anche a te, Glaedr».
Dopo pochi attimi durante i quali Gynliae immaginò che Glaedr avesse risposto alla ragazza, Firnen rise e disse con finto tono di rimprovero: «Glaedr, sei l'ultimo a poter giudicare la pesantezza del passo altrui!»
Poi si rivolse nuovamente all'elfo: «Temo che tu lo abbia svegliato». Gynliae non sapeva se essere offeso o divertito: per essere così grosso Glaedr aveva il sonno particolarmente leggero.
Il ragazzo sorrise incerto mentre si domandava che legame potesse esserci tra Firnen e il drago dorato. Non erano molti gli elfi che potevano rivolgersi in termini tanto familiari all'ultimo degli Antichi.
Il drago sbuffò una nuvoletta di fumo e tornò al suo pisolino arrotolando la coda intorno all'immenso corpo, proprio come avrebbe fatto un gatto.
Gynliae si fece distrarre dalla maestosità di Glaedr per qualche attimo, poi si riscosse e portò indice e medio alle labbra accennando un inchino: «Atra esterní ono thelduin. Il mio nome è Gynliae.»
Lei lo sorprese afferrando la sua mano sinistra e muovendola su e giù: «Gli umani si salutano così, lo sapevi? Sono Firnen».
Gynliae inclinò appena le labbra in un sorriso, sollevato che la ragazza non condividesse il fare altezzoso che caratterizzava molti dei nobili di Ellesméra: «Davvero? È un modo davvero strano per presentarsi»
Dopo aver pronunciato quelle parole, però, fu colto dalla stessa sensazione alienante che aveva provato alla commemorazione quando Firnen si era avvicinata. La mano ancora stretta nella presa sicura dell'elfa, Gynliae si sentì smarrito, un vaso scheggiato tra le fauci di una qualche divinità antica. Ricordò che anche gli altri orfani erano sembrati tesi quando la ragazza si era unita a loro. Perché Firnen sembrava così... diversa?
Gynliae avrebbe voluto chiederle se anche lei aveva udito quella voce... ma non osava. L'aveva davvero sentita o era solo un frutto della sua immaginazione? A disagio, spostò il peso da un piede all'altro.
Lei doveva aver intuito il suo turbamento perché ritrasse la mano bruscamente e si irrigidì, gli occhi velati da un'emozione che Gynlie non riuscì a decifrare: «Oggi Oromis avrebbe voluto valutare le tua abilità di spadaccino, ma Islanzadi ha richiesto la sua presenza a corte. Ti porge le sue scuse e vorrebbe che tornassi qui anche domani, alla stessa ora».
L'elfo abbassò lo sguardo e cercò di nascondere la delusione dietro a un'espressione neutra: «Capisco...»
Quando rialzò gli occhi notò che Firnen lo stava scrutando con curiosità: «Vuoi aiutare Brom a recuperare le uova, vero? Oromis mi ha detto che se le tue abilità si riveleranno soddisfacenti verrai con noi.»
Gynliae inarcò un sopracciglio: «Noi?»
«Sì. Andrò con Brom ad Urû'baen, ma lì le nostre strade si separeranno. Io e Oromis stiamo cercando una persona e sospettiamo che si trovi proprio nella capitale. Devo trovarla e convincerla a tornare con noi ad Ellesméra.»
Gynliae si domandò chi mai fosse la persona che i due elfi stavano cercando e per quale motivo, ma l'abitudine alla cortesia elfica lo aiutò a tenere a freno la lingua.
«Verrà anche Oromis-elda?»
Firnen scosse la testa: «Non sarebbe saggio per lui abbandonare la Du Weldenvarden. Se riuscirete a recuperare le uova i nuovi Cavalieri avranno bisogno di un Maestro. Non possiamo permettere che Oromis venga catturato da Galbatorix o che, peggio ancora, venga asservito al suo volere. Preferirebbe cadere nel vuoto.»
Al solo pensiero, Gynliae ebbe un brivido. Firnen aveva ragione: volenti o nolenti, Oromis e Glaedr erano obbligati a rimanere nascosti nella foresta.
«Oromis deve fidarsi molto di te, se ti ha affidato questo compito»
L'elfo vide un lampo di orgoglio attraversare gli occhi smeraldini della ragazza: «Immagino di sì... Non voleva che io partissi senza una guida che conoscesse il territorio dell'Impero, così quando Brom è venuto a Tel'naeir per parlargli della sua scoperta ha pensato che potessi unirmi a lui, quanto meno per il viaggio di andata.»
«Conosci Oromis da molto?» chiese Gynliae per soddisfare la propria curiosità.
«Non mi hai posto la domanda giusta, Gynliae. Le nostre vite sono lunghe e io sono troppo giovane per affermare di conoscerlo da molto tempo...»
Firnen sorrise lievemente: «...ma fu Oromis a occuparsi di me dopo la morte dei miei genitori, così come Rhunön ha accolto te nella sua casa dopo la battaglia di Ilirea, quindi immagino di conoscerlo meglio di molti altri.»
La conversazione languì e Gynliae pensò che fosse giunto il momento di congedarsi, quando Firnen lo stupì: «Ormai sei qui» ovviò lei rivolgendogli uno sguardo sfidante: «ti va di duellare?»
«Certo» rispose lui con malcelato entusiasmo.
«Vedo che non hai portato con te una spada, ma a questo possiamo rimediare facilmente».
Un fabbro che si scorda la spada anche se casa sua ne è ricolma, si rimproverò Gynliae, e le sue orecchie a punta si tinsero di porpora.
Firnen gli fece cenno di attendere e sparì per qualche secondo nella casa. Tornò portando con sè un spada che Gynliae riconobbe all'istante: era Naegling, la spada di Oromis creata da Rhunön e forgiata infonendo in essa le sfumature bronzee e dorate di Glaedr. In quel momento il drago alzò il muso e la ragazza si girò verso di lui. Gynliae attese che i due terminassero quello scambio silenzioso mentre l'adrenalina nel suo corpo aumentava in vista dell'incontro imminente.
La ragazza estrasse la sua spada dal fodero che teneva legato alla cintura e la porse all'elfo.
«Glaedr preferisce che sia io a usare "l'artiglio di Oromis", come lo chiama lui, quindi immagino che almeno per oggi questa sia l'unica soluzione».
Gynliae annuì. Il fatto che Glaedr permettesse a Firnen di combattere con Naegling gli confermò che sia il drago che il Cavaliere dovevano avere molto a cuore la ragazza. La ringraziò e osservò la lama con occhio esperto. Era una spada sottile ed elegante che Gynliae giudicò perfetta per la figura esile di Firnen. Naegling era più massiccia e pesante, ma l'elfa sembrava maneggiarla ugualmente con destrezza.
Avvicinò le dita alla lama e sussurrò la formula che avrebbe creato su di essa un'impercettibile barriera protettiva. In questo modo avrebbero evitato di ferirsi gravemente durante l'incontro. Firnen fece lo stesso e si allontanò di qualche iarda prima di prendere posizione. Il ragazzo espirò e vuotò la mente. Non dubitava che Firnen avrebbe riferito ogni sua impressione ad Oromis, così cerco di dare il meglio di sé.
Gynliae e Firnen si studiarono reciprocamente, il silenzio che gravava nell'aria e la tensione palpabile come quella di una scossa elettrica.
Fu lui ad attaccare per primo. Balzò in avanti facendo sibilare la sua lama puntando alla spalla sinistra di Firnen. Con un movimento repentino l'elfa alzò la spada e parò senza sforzo il suo fendente, poi piroettò su sé stessa e Gynliae si ritrovò a barcollare all'indietro per evitare l'arco dorato disegnato in aria da Naegling.
Non erano molti i ragazzi della sua età che potessero sperare di competere con lui. L'apprendistato come fabbro gli aveva conferito un fisico forte e resistente, difficile da scalfire. Nonostante questo, Firnen gli diede del filo da torcere e lo tenne impegnato per tutta l'ora successiva.
Si rivelò una spadaccina svelta e dallo stile di combattimento votato all'intuizione più che sulla strategia, su cui invece contava Gynliae. Lui era decisamente più forte eppure lei compensava quell'abisso con movimenti così rapidi da risultare impercettibili perfino agli occhi di un elfo.
Le spade si incrociavano con violenza, ma senza alcun clangore: la magia protettiva che circondava le lame si limitava a ondeggiare e a produrre un suono ovattato.
Dopo una serie di fendenti ben assestati Gynliae riuscì a superare la guardia della ragazza e a farla arretrare di qualche passo, però nella maggior parte dei casi era lui a dover indietreggiare sotto i suoi colpi e anche se l'elfa attutiva le stoccate prima di ogni impatto Naegling gli lasciò diversi lividi sulle spalle, sulle gambe e sul petto. In alcune occasioni si era convinto di averla messa alle strette, ma nel momento in cui pensava di avere la vittoria in pugno Firnen riusciva sempre a sfuggirgli e a ribaltare la situazione.
Firnen continuava a volteggiare intorno a lui a una velocità disarmante e dopo qualche tempo i muscoli iniziarono a dolergli, il braccio che sorreggeva la spada che si faceva sempre più pesante.
Un'ora dopo i due ragazzi rinfoderarono le lame. Gynliae cadde sulle ginocchia, una cortina di sudore gli annebbiava la vista e il respiro era accelerato, innaturale. Inspirò profondamente alla ricerca di aria mentre il battito del suo cuore rallentava poco a poco. La camicia fradicia era stata abbandonata da tempo sul ramo di un albero lasciando nudo il petto di Gynliae che ora luccicava di goccioline argentate.
Firnen invece non aveva un capello fuori posto. Niente nel suo aspetto poteva far intuire che per oltre un'ora avesse combattuto ad armi pari con l'elfo. Gynliae era sicuro che anche lei avesse dato tutta sé stessa nella lotta eppure appariva nel pieno delle forze, come se quell'ora non fosse passata. Non sapeva spiegarselo.
L'elfa si avvicinò con la grazia tipica della loro razza e gli appoggiò una mano sul petto. Gynliae trasalì, improvvisamente consapevole del profumo delicato emanato dalla sua pelle candida. Percepì un flusso caldo di energia magica inondarlo e percorrere ogni centimetro del suo corpo. Un attimo dopo il suo battito si calmò, la fronte ora asciutta dove appena prima gocciolava il sudore. Si sentiva riposato come dopo un lungo sonno ristoratore. La quantità di energia che Firnen aveva riversato nell'elfo era enorme, eppure anche dopo quell'incantesimo Gynliae non vide nemmeno un'ombra di affaticamento sul suo volto.
L'elfa recise il flusso magico e sparì silenziosamente nella casa di Oromis. Poco dopo era già di ritorno porgendo a Gynliae un bicchiere colmo d'acqua fresca. L'elfo la ringraziò riconoscente e ne vuotò il contenuto in un sorso.
«Hai combattuto bene» commentò lei mentre l'elfo le restituiva il bicchiere.
«Non quanto te» abbozzò lui, ancora sbalordito per l'eccezionale resistenza dell'elfa.
Firnen si voltò in direzione del drago: «E tu cosa ne pensi, Glaedr?»
Si era completamente dimenticato della sua presenza. A quanto pare Glaedr aveva finito per rinunciare al suo pisolino per assistere all'incontro. La sua voce roboante penetrò nella mente di Gynliae: Avete ancora molta strada da percorrere, cuccioli d'elfo, ma non è stato un combattimento spiacevole.
«Ti ringrazio, ebrithil» sussurrò Gynliae con deferenza. Era la prima volta che il drago gli si rivolgeva personalmente e non potè evitare di bearsi di quella mente antica e potente che sfiorava la sua. In qualche oscuro recesso della coscienza di Glaedr, l'elfo riusciva percepiva gli echi ancestrali e intrisi del potere e della sapienza della razza dei draghi.
Gynliae si voltò nuovamente verso Firnen, ma lei sembrava stranamente assente, gli occhi a mandorla fissi in un punto poco sopra la testa del ragazzo.
Sta parlando con qualcuno, pensò Gynliae incuriosito. Dopo pochi attimi lei sospirò e disse: «Temo di essere attesa altrove. Possiamo percorrere insieme la strada per Ellesméra, se ti fa piacere».
Gynliae annuì e si alzò agilmente spazzalandosi i palmi sui pantaloni: «Volentieri. Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato oggi, Firnen. In futuro spero di incrociare ancora la mia spada con la tua».
Lei, sovrappensiero, si sfiorò il mento con le dita: «Tu hai usato la mia spada ed io quella di Oromis, perciò si potrebbe dire che le nostre lame non si sono ancora incrociate, dopotutto».
«Meglio per me» soggiunse Gynliae con lo stesso sorriso sghembo che fino a quel momento aveva riservato solo a Rhunön: «se consideri non valido l'incontro di oggi, allora posso evitare di considerarlo una sconfitta».
I due salutarono Glaedr e si allontanarono seguendo il sentiero erboso, inoltrandosi sempre di più nella foresta. Camminarono nella boscaglia fino a che non giunsero alle porte della capitale, poi Firnen salutò l'elfo e imboccò una strada diversa, la stessa che Gynliae aveva percorso qualche giorno prima per giungere al palazzo di Tialdarì.NdA: Sono tornata! Ecco il nuovo capitolo. La cosa snervante è che ho anche altri capitoli pronti, però non sono in ordine. Argh. Il prossimo è quasi finito, ma non sono ancora del tutto soddisfatta. Scusate la mia lentezza esasperante.
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Elves
FantasyFanfiction OC sul mondo di Eragon. Ripercorrerò la Caduta dei Cavalieri raccontando la storia di due elfi rimasti orfani durante la guerra. Nella lettura incontrerete molti dei personaggi della storia originale, missing moments, mistero, avventura e...