capitolo 4: Emory

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'Tell nobody i control you'

8 anni fa

Esco fuori dall'aula sbattendo la porta, seguita a ruota da Andreas che mi sorpassa con due falcate e si dirige verso i bagni.

Svolto a destra rispetto all'aula magna e percorro il lungo corridoio che porta al terrazzo posteriore della scuola.

Entro nel deposito-magazzino, adiacente all'uscita del terrazzo, e mi faccio spazio tra le mazze, secchi e scatole, per arrivare allo scaffale dove ci sono le chiavi per aprire la porta del terrazzo.

Non appena le ho tra le mani, la luce che avevo acceso, si spegne, immergendomi nel buio più totale.

Dei brividi mi percorrono la parte delle cosce scoperte e risalgono fin dietro il collo.

Sospiro e cerco di farmi spazio tra gli scatoloni, cadendo miseramente a carponi.

Porto le mani in avanti, tastando tutto quello che trovo alla cieca e dopo poco tocco qualcosa di duro, lo tasto arrampicandomi su quest'ultimo, e sento sotto il mio tocco una scarpa e collego.

È una gamba, muscolosa e rigida, e dopo poco sento un sospiro.

Mi inginocchio e con i palmi aperti risalgo verso i suoi fianchi che catturo tra le mie mani, e mi ci aggrappo, facendo leva sulla pianta del piede e mi slancio riuscendo a ritornare una bipede.

Il corpo di marmo su cui ho ancora posate le mie mani trema e sembra quasi soffrire, e poi il suo odore di bergamotto mi riempie le narici e faccio mente locale.

Mi stacco immediatamente da Andreas emettendo un gridolino.

«accendi quella cazzo di luce, Andreas» borbotto portando le braccia al petto.

Uno spostamento di venticello mi fa capire che si sta avvicinando a me, e poi sento il suo respiro caldo sulla bocca.

La mia testa dice di allontanarmi all'istante, ma il mio corpo si inchioda sul posto, lasciando che le sue mani arpionino i miei fianchi e li stringano così forte da farmi mordere il labbro inferiore forte in modo da sentire il sapore ferroso e metallico del sangue sulla lingua.

«lasciami stronzo o mi metto ad urlare» mormoro, cercando di divincolarmi dalla sua presa ferrea e dal suo buon profumo, ma lui non si schioda nemmeno di un millimetro e sposta solo il volto al lato del mio collo, perché sento il suo respiro sul collo.

Tremo sconquassata da una forte ondata di brividi di piacere.

Il solo respiro di qualcuno sul collo mi fa tremare e ansimare, è sempre stato il punto più sensibile del mio corpo.

Procede con la sua tortura respirando mi dalla base del collo risalendo poi piano verso il lobo, sale e scende, in continuazione.

Chiudo gli occhi e mordo il labbro inferiore pur di non emmettere nessun ansito.

«smettila» balbetto.

Continua, raccogliendomi i capelli dall'altro lato nel suo pugno e tirandomeli all'indietro, cosicché possa avere campo libero.

È troppo.

Arpiono le mie mani sul suo collo e lo spingo all'indietro, facendolo sbattere contro una mensola.

Mi libero delle sue mani dai miei fianchi e gli prendo il braccio destro fra le mie esili mani, facendoglielo roteare all'indietro, e se appliccassi un po' più di forza glielo spezzerei.

«stammi lontano o te lo spezzo!» lo rimprovero con il tono più duro che ho, dicendoglielo all'altezza dell'orecchio.

D'improvviso la luce si accende e mi ritrovo il suo bel viso a pochi centimetri dal mio e sento il mio cuore perdere battiti.

Il suo braccio è ancora intrappolato nelle mie mani, e lui non prova il minimo dolore, anzi sembra quasi divertito.

«Signorina LaRosa, mi spiega che cosa sta combinando? Sbaglio o le avevo detto di uscire dalla classe?» tuona con voce sprezzante la professoressa McCalen.

Cazzo.

Lascio subito la presa su Andreas ed esco dallo sgabuzzino a testa bassa, rossa dalla furia, seguita a destra e a sinistra, sia dalla professoressa che dallo stronzo che mi ha ridotto in questo stato.

«filate dal preside entrambi e vi risparmio la ramanzina che non si fa sesso nella scuola!»

Alzo la testa di scatto diventando ancora più rossa sulle gote, che sento scottare.

«No! Non è come sembra! È lui che mi ha importunato!» mi affretto a rispondere mentre accelero il passo per seguire la prof avanti a me.

«sei tu che lo stavi importunando, ragazzina! E non voglio sentire scuse, immediatamente dal preside!»

Volgo lo sguardo verso Andreas, che sogghigna compiaciuto alle mie spalle, e anch'esso affretta il suo passo per arrivarmi a sussurrare all'orecchio, ricalcando le ultime parole:

«Te l'avevo detto prima, questo é il minimo che farò»

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