Capitolo 13

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"Nel labirinto della sua anima, i suoi demoni si nutrono delle sue ombre più profonde, ma nel buio cerca ancora la luce."

Sono nell'aula di biblioteca, avendo avuto l'ora di buca ho deciso di anticiparmi e ora eccomi qui ad aspettare che il corso di scrittura inizi. Non ho voglia di parlare ne vedere nessuno, é come se il mondo si fosse fermato nel mentre che la mia mente continua a mandare il loop la scena di Bryan che entra in mensa seguito da Cassy. Non riesco a pensare che Bryan sia veramente una persona così superficiale, voglio ancora pensare che tutto ciò che mostra non é frutto della sua volontà ma di qualcosa che nasconde dentro di se custodendolo preziosamente. Non dovrebbe interessarmi un bel niente di una persona conosciuta da nemmeno due settimane eppure è il contrario, mi interessa più del normale tanto da pensare ogni singolo secondo cosa avrà passato per essere così. Ogni volta che conosco una persona più problematica del solito cerco di comprenderla a fondo, non posso farne a meno. Molte persone penseranno che io sia altruista mentre altre mi definiranno impicciona ma é un lato del mio carattere che si rivela talvolta positivo ma tante altre negativo. Sin da bambina cercavo di fare del mio meglio per aiutare le persone in difficoltà soprattutto quelle alla quale volevo bene e voglio bene arrivando a consumare me stessa. Pur sapendo che mi stavo facendo del male anch'io sono sempre riuscita ad evitare le situazioni peggiori o almeno ci ho provato fino in fondo...

Due anni prima...
Sono giorni che non esco dalla mia camera, avvolta nell'oscurità più totale. Non oserei immaginare il cattivo odore di chiuso che pervade la stanza, non riesco più a mangiare né a dormire, sono diventata un disastro. È come se tutti i miei tentativi nei suoi confronti fossero andati perduti. Lui sta ripetendo gli stessi errori che lo hanno già ferito in passato, e io non posso più aiutarlo, posso solo rimanere qui, nell'attesa ansiosa di una telefonata che spero non arrivi mai.
Lui continua a chiamarmi, ma cerco di ignorare le sue chiamate troppo presa dal panico. Dopo la sua ennesima insistenza, decido di rispondere temendo che possa accadergli qualcosa di terribile. Ultimamente, le nostre conversazioni sono sempre e solo litigi. Non ricordo nemmeno l'ultima volta che abbiamo avuto una discussione normale senza che lui si scagliasse contro di me per le mie continue preoccupazioni, come se fossi sua madre.
Con le mani tremanti, prendo il cellulare che nel frattempo continuava a vibrare a causa delle sue chiamate e rispondo con un filo di voce tremante a causa del pianto. Non ho ancora avuto il coraggio di guardarmi allo specchio, ho paura di ciò che potrei vedere. Dall'altro capo del telefono sento un silenzio assordante come se stesse cercando di trovare le parole giuste per iniziare la conversazione.
"Luna..." pronuncia il mio nomignolo con voce spezzata dal pianto, quasi supplicante. Non riesco a sopportare di sentirlo così. Vorrei solo abbracciarlo e non lasciarlo mai andare, ma al momento non posso. "Come stai Luna?" Mi fa questa domanda retorica, cercando di instaurare una conversazione, ma la tensione tra noi è palpabile. "Erick..." avrei voluto dirgli che sto bene, che sto benissimo, ma le lacrime cominciano a scendere e la voce a spezzarsi contro la mia volontà. Dall'altro lato del telefono, sento un lungo respiro, anch'esso spezzato dalle lacrime che sicuramente gli stanno cadendo senza la sua volontà. Dovrei sembrare forte, dovrei cercare di lottare anche per lui, ma sono arrivata al limite.
"Sto arrivando, Luna, non piangere per favore..." Mi dice di non piangere, ma appena sento la sua voce, le lacrime iniziano a scendere. Non riesco a rispondergli, perché so che sta prendendo la sua auto per venire da me, come se tutto potesse tornare alla normalità.
Poco dopo, sento il campanello suonare, segno che la persona che non sono ancora pronta ad affrontare si trova proprio fuori la mia porta di casa. Appena apro la porta della mia camera, sono costretta a chiudere gli occhi a causa della luce che filtra dalle finestre e a farmi pervadere dal buon odore di pulito che emana casa mia. Lascio la porta aperta, sperando che l'aria fresca possa dissipare il cattivo odore della mia stanza.
Mentre scendo le scale, sento di nuovo il campanello suonare e sorrido mentalmente, pensando alla poca pazienza che lui ha. Una volta aperta la porta, una sagoma abbastanza alta mi fa ombra. La sua figura entra in casa come se fosse casa sua. Ormai è così. Ormai, questa è anche casa sua, mia madre lo tratta come un figlio, così come anche mio padre. Appena entra, si siede sul divano, stiracchiandosi e facendo scricchiolare le ossa della schiena. "Luna", mi dice, voltandosi a guardarmi e facendomi segno di sedermi accanto a lui. Mi avvicino lentamente, sentendomi senza forze, e mi lascio cadere indelicatamente sul divano accanto a lui che non perde tempo e mi avvolge con le sue braccia trasmettendomi tutto l'affetto che prova nei miei confronti.
"Erick non voglio che ti fai del male, smettila di farti del male" sussurro sul suo petto mentre lui stringe di più la presa, avvolgo anche io di conseguenza le mani intorno a lui sentendo subito un senso di caldo e sicurezza pervadermi. "Lo so Luna, ma io non voglio che tu ti faccia del male a causa mia" mi dice lasciando andare la presa ma non prima di darmi un bacio sulla testa. Ora che é qui e so che si trova al sicuro perché non farebbe nulla di male in mia presenza. "Luna non stai mangiando vero?" Mi chiede con un tono di voce delicato e spostandomi una ciocca ribelle di capelli che mi era finita davanti agli occhi guardandomi con rimprovero. "Ultimamente non ho fame" dico sperando che lui mi creda e che non faccia storie su quanto sia importante l'alimentazione e sul fatto che non mangiare può causarmi vari problemi che possono portare a qualcosa di più grave come un disturbo alimentare. "Avanti andiamo in cucina e cuciniamoci due uova con del buon bacon" mi dice alzandosi subito dal divano e facendomi un sorriso per poi prendermi la mano e trascinarmi con lui in cucina, é sempre stato così, ci aiutiamo l'un con l'altro nei momenti in cui ne abbiamo più bisogno anche se non penso di poterlo più aiutare.
Dopo aver mangiato delle uova e del bacon che al mio stomaco hanno fatto più che bene é lui che decide di interrompere il silenzio. "Sai piccola Luna ho deciso di smettere con tutto. Mi sono reso conto che sto uccidendo prima di tutto le persone che ho intorno, poi me stesso" mi dice convito di quello che sta affermando, ormai non riesco più a crederlo, so che lo fa per farmi tranquillizzare e sperare che ci sia ancora una piccola probabilità ma so anche che lui non riuscirà a smettere finché non toccherà il fondo, di nuovo. Mi astengo dal rispondergli abbassando gli occhi sul tavolo da pranzo mentre lui si alza e prende i piatti per metterli nel lavandino e subito dopo lavarli.

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