14. Gli insonni

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La notte calò nel silenzio di una casa esausta e provata dal funerale. Tuttavia, dopo la mezzanotte iniziò a soffiare un vento freddo e rabbioso, che faceva scricchiolare le imposte chiuse e rotolare lattine vuote per le strade deserte.

Ivan fissava il soffitto con gli occhi spalancati, eppure non vedeva niente. La sua mente era un vicolo buio spazzato da folate gelide. Avrebbe preferito sprofondare nel sonno, forse vedere Lutxi, ma ogni volta che serrava le palpebre iniziava il carosello di immagini che aveva marchiate a fuoco nella retina da quel pomeriggio. Erano flash luminosi, che emettevano un fastidioso rumore d'interferenza. Il corpo del primo uomo totalmente nudo che riceveva una doccia tiepida. Fruscio. La cassa toracica del suo collega aperta come un libro, con le costole come pagine rigide. Fruscio. Il coltello da carne sulla coscia del ragazzo, ormai separata dal corpo da un colpo d'ascia di Victor.

Uno scricchiolio nel parquet del corridoio lo fece trasalire. Rimase in ascolto, quasi aspettandosi che la porta si riaprisse e l'uomo fosse lì, ad attenderlo. Magari non se n'era mai andato.

Domani ci vediamo alle sette. Fatti trovare qui che abbiamo parecchio lavoro da fare.

Sentiva braccia e dita indolenzite per il lavoro svolto. All'inizio aveva dovuto guardare, guardare e basta. L'accurata pulizia del corpo, la cannula sottile infilata nella giugulare, la pompa di soluzione salina per spingere fuori il sangue ormai semi coagulato. Víctor lavorava svelto, ogni tanto schiocchiava la lingua soddisfatto. Alla fine, quando era arrivato il momento del bisturi e della sega circolatore per aprire il costato, gli aveva detto di accendere la bilancia di precisione e di prendere da un armadio una macchinetta che, avrebbe scoperto subito, era una sigillatrice per il sottovuoto. Le due ore successive erano trascorse pesando, sigillando ed etichettando buste di organi, costole e pezzi di muscolo ritagliati dal busto. Più di una volta Ivan era impallidito e si era sentito mancare la terra sotto i piedi in un intento di svenimento davanti a quel macello e profanazione, ma il profumo che emanava la carne morta – pollo fritto in salsa piccante uno, guazzetto di mare l'altro – confondeva la sua mente al punto da innescargli l'acquolina in bocca. Si era chiesto perché ogni persona avesse un odore diverso, ma non aveva osato chiedere, tra un lobo di pancreas e un polmone sanguinolento. Successivamente, Victor gli aveva stretto le dita attorno un largo coltello per sfilettare e gli aveva detto che ora sarebbe iniziato il suo apprendistato come macellaio.

Ivan decise che ne aveva abbastanza di fissare il soffitto. Si mise seduto, con la testa appoggiata contro il muro dietro il letto, e posò lo sguardo sulle strie di luce grigia che penetrava dagli scuri socchiusi.

In ogni caso, la parte peggiore era arrivata dopo. L'uomo gli aveva dato tempo di abituarsi alla situazione – sicuramente così aveva creduto – ma poi aveva preteso che Ivan ripetesse quei gesti anche sul ragazzo suo coetaneo. Certo, aveva avuto la delicatezza di evitargli lo smembramento e non gli aveva imposto di confezionare i suoi organi, ma aveva comunque dovuto spolpare le ossa di gambe e braccia. C'era così poca carne su quelle membra in crescita, carne dall'odore poco deciso, di verdure cotte e glassate. C'era un sentore dolce e latteo attorno a quel corpo, un aroma che gli aveva ricordato l'infanzia.

Quel giovane era morto e Ivan era vivo. Il ragazzo benestante ora non era altro se non i futuri pranzi e cene di una famiglia di reietti. C'era sicuramente qualche vecchio film con una trama simile, ma forse nella finzione il protagonista non avrebbe fatto quell'orribile fine.

Udì l'eco di una porta chiudersi fuori dalla sua stanza. Preso da un'improvvisa curiosità – e dalla necessità di allontanare quelle immagini dalla sua testa, gettò le coperte di lato e con passo felpato si avviò verso il corridoio. La casa era silenziosa, anche se ogni tanto gemeva sotto le raffiche del vento. Si avvicinò cauto alle scale e senza accendere la luce scese i gradini uno alla volta. Quando giunse nel salottino, si accorse che dalla porta a vetri che portava alla cucina si diffondeva una calda, soffusa luce aranciata. Senza pensarci troppo, socchiuse il battente per controllare chi fosse sveglio con lui. La sala da pranzo era vuota anche se la abat-jour a lato del divano era accesa, così Ivan avanzò lungo lo stretto passaggio che conduceva agli altri locali. Dovette superare la cucina, prima di imbattersi in un'ultima abitazione a cui non aveva fatto caso. Era una specie di portico chiuso su un lato da vetrate a rombi color paglierino, smeraldo e arancione, abbastanza grande da contenere un minuscolo caminetto in ghisa, un tavolino rotondo accompagnato da una sedia, un divanetto che sembrava una sedia a sdraio color corallo e due basse cassettiere di legno chiaro come il parquet. E lì, seduto al tavolo cosparso di fogli e libri, vi era Eriel.

Il tavolato scricchiolò sotto i calzini di spugna di Ivan e il ragazzo si accorse di lui. Diede una rapida occhiata alle sue spalle e quando si accertò di chi si trattasse, tornò alle sue faccende.

"Ciao", mormorò a bassa voce. "Cosa fai in piedi a quest'ora?"

"Tu?" ribatté Ivan, avvicinandosi a lui, ma senza dare troppo a vedere il suo interesse rivolto verso le scartoffie sparse sul tavolo. Uno dei tomi aperti rimandava a quelle che, ricordava vagamente, sembravano nozioni di chimica, con molecole disegnate come palline colorate unite da stanghette nere.

"Io dormo poco" rispose Eriel, tornando a guardarlo. "Tu non hai passato una giornata intensa, oggi? Com'è andata?" domandò, abbassando il quaderno su cui stava scrivendo qualcosa con una matita.

"Bene" ribatté Ivan, senza essere sicuro che quella fosse la definizione corretta per tutto ciò che aveva fatto durante quella giornata allucinante. Fece per chiedere al ragazzo cosa stesse facendo, ma lui lo anticipò.

"La notte è l'unico momento libero che ho, tra gli impegni della casa e i gemelli"

"E cosa fai?"

"Studio".

Ivan rimase in silenzio, non sapendo come comportarsi. Studiare? Eriel e lui erano praticamente coetanei ma pensava di aver capito che nessun Valdomar frequentasse la scuola.

"E... cioè... in che senso?"

Eriel emise quello che parve un sospiro e gli fece cenno di sedersi sulla poltroncina rossa. Ivan ubbidì e rimase attento e in attesa.

"Voglio andare all'università" mormorò Eriel. Fosse stata un'altra persona, probabilmente quella frase a effetto avrebbe avuto una carica emotiva non da poco. Ma dalla sua voce non traspariva alcun sentimento se non un leggero calore, quasi impercettibile nel mare di indifferenza che colmava i suoi sguardi e i suoi toni.

"Ah", rispose Ivan, che sicuramente non si era aspettato quella risposta. "E quando inizi?"

"Non lo so. Joel non è d'accordo. Non vuole che nessuno di noi frequenti, perché dice che sarebbe molto pericoloso stare per tanto tempo seduti assieme a un gruppo di gente normale".

"Immagino che per i bambini..."

"Sì, i gemelli non possono andare a scuola per quello. Anche perché non potrebbero mangiare niente, né portare con sé la merenda. Sembrano cazzate, ma sono cose importanti. In un attacco di fame, potrebbero fare del male a qualcuno. Ma io non ho sei anni".

Ora, in mezzo al grigiore c'era una vena di indignazione. Ivan la percepì forte e chiaro e per un istante pensò che stessero entrando in un terreno pericoloso, così decise per la retromarcia.

"E cosa vorresti studiare?"

"Botanica".

"Bello. Non ti facevo tipo da fiori".

Eriel rimase in silenzio e lo guardò in modo enigmatico. Alla fine, disse: "Non hai mai visto il giardino, vero?"

"Giardino?"

"Nessuno te l'ha mai detto".

Ivan all'improvviso capì. Capì perché Eriel spariva durante il giorno nei momenti più disparati e perché non l'avesse mai trovato in casa, anche quando si era messo di buzzo buono per trovarlo. Non era mai uscito da quella casa, se non per visitare l'agenzia e per il funerale di Lutxi. Era ovvio che non sapesse dell'esistenza di un giardino.

"E cosa fai lì?"

"Perché non lo vedi con i tuoi stessi occhi?" 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 18 ⏰

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