21. Veleno e antidoto (pt.2)

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Prima di lasciarvi alla lettura del capitolo ci tengo a ricordarvi l'importanza di ogni singola stellina lasciata ai capitoli. Votate per sostenerci, ci mettete davvero un attimo del vostro tempo.
Buona lettura! All the love, Giulia xx

🌷
JANE

Fu una frazione di secondo. L'attimo in cui la sua perdita di controllo mi travolse.

Lasciò andare la presa attorno ai miei polsi e la sua mano iniziò a scendere, carezzandomi lungo le braccia e peggiorando le ondate di calore alternate ai brividi su tutto il mio corpo. Quando arrivò sui fianchi mi afferrò con forza e mi spinse nuovamente con la schiena contro la porta.

Il freddo del legno mi destabilizzò, ma non quanto la sua bocca improvvisamente avventata sulla mia.

La sua lingua mi schiuse le labbra e io mugolai, tremando tra le sue braccia. Richiusi gli occhi, certa che lui avrebbe continuato a guardarmi, e per l'ennesima volta tentai di saltargli addosso senza ottenere il risultato sperato. Abbassai le braccia completamente disarmata e persa nel suo potere.

Evren fece correre la sua mano sinistra sul mio fianco, sentii un pizzico sulla pelle e sussultai quando con l'indice e il pollice si prese gioco della mia fragilità. Ridacchiò quando mi contrassi in un lamento e un secondo più tardi afferrò il mio polso in una stretta decisa e allungò il braccio dietro la mia schiena, portando la mia mano con sé.

«Metti l'altro braccio dietro», il tono autoritario. «Voglio tenerti ferma.»

Avrebbe potuto spezzarmi e io glielo avrei lasciato fare.

«Prima portami sotto la doccia», sussurrai, tremante e senza riuscire a riaprire gli occhi. «E ti darò il mio polso sinistro.»

«Stiamo solo perdendo tempo prezioso», disse a un soffio dalle mie labbra.

«Abbiamo tutta la notte. Portami sotto la doccia, Harry Evren Reeve

Il suo respiro divenne un fragile battito d'ali e il suo petto si irrigidì tanto, che la stretta sul mio polso iniziò a fare male, bruciando sulla mia pelle come un ferro appena forgiato tra le fiamme.

Sapevo bene che chiamarlo Harry era un rischio bello e buono, mi aveva avvertita parecchie volte, perfino durante la nostra prima notte insieme. Non farlo, perché ha conseguenze che non voglio riversarti addosso, aveva detto. Ma anche se non avevo idea del perché quel nome fosse finito nella lista nera delle cose da non dover dire, io avevo uno scopo che avrei raggiunto.

Con le buone o con le cattive.

Riaprii le palpebre trovandomi davanti un campo privo di fiori.

Vidi il vuoto nei suoi occhi, che erano verdi come li ricordavo, ma che non lasciavano traspirare alcuna emozione. Improvvisamente non c'era desiderio, non c'era passione, non c'era neppure rabbia. Non vidi nulla in lui, solo un profondo e immenso terreno arido.

La presa sopra al polso andò scemando e il suo viso rimase fermo a soli pochi centimetri di distanza dal mio, il respiro affannato e le labbra martoriate dai miei baci. Mi sentii in colpa senza alcuna ragione, e mentre il cuore mi esplodeva nel petto e il respiro tornava a regolarizzarsi, lui scosse la testa e parve rinsavire.

«Evren...» sussurrai.

Avrei voluto sfiorarlo, ma non ero del tutto certa che avrebbe accettato il mio tocco. Non in quel momento almeno.

«Hai freddo», disse. Non era una domanda.

Colsi al volo l'occasione per riportarlo a me, così annuii. «Tantissimo freddo.»

BLURRY SHOTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora