Capitolo 1

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La neve mi arrivava quasi alle ginocchia, ma era soffice, posatasi da poco, quindi riuscivo a scansarla ad ogni avanzare di passo. La vedevo spostarsi come fosse nebbia bianca, ogni cristallo che scivolava sull'altro in una candida onda spumosa.

I pesanti stivali in pelle di montone erano caldi e impedivano all'acqua di entrare a bagnarmi le calze bucate. I pantaloni invece non erano altrettanto impermeabili, ma oramai mi ero abituata a quella sensazione di gelo.

Ero quasi arrivava alla trappola per conigli che avevo messo nei pressi di un abete grosso e vecchio. Lì riuscivo sempre a rimediare qualcosa perché non molto lontano c'era una vasta distesa di cespugli che producevano delle bacche rosse delle quali i conigli erano ghiotti. Mi dispiaceva rovinare il loro pranzo, ma dovevo pensare anche al mio e soprattutto a quello del mio fratellino Dri.

Lo avevo sempre chiamato così, forse perché era il modo in cui lo chiamava la mamma. Lei era morta quando Andrehi aveva solo due anni e mezzo, per una brutta polmonite. Quell'anno la legna scarseggiava, pioveva sempre e quella poca che c'era era bagnata, difficile da accendere. La nostra casa era piccola e fredda, con i buchi sul soffitto dai quali colavano acqua o fiocchi di neve, a seconda del tempo.

«Bravo piccolo Dri, vieni dalla mamma».

A volte mi sembrava di riuscire a sentire ancora il tono della sua voce nella mia testa. Il suo sorriso, i suoi capelli lunghi e castani, proprio come i miei. I suoi occhi marrone chiaro, come quelli di Dri.

I miei erano più scuri e il contorno dell'iride era di un nero intenso, come fosse stato disegnato un bordo con un pezzo di carbone. Come quelli di mio padre, o almeno questo era quello che diceva mia madre.

Io mio padre non lo avevo mai conosciuto, ma avevo conosciuto il padre di Dri. Pregavo tutti i giorni affinché si imbattesse accidentalmente in una delle mie trappole per conigli, ma il bastardo era già tanto se riusciva a mettere un piede avanti l'altro per tornare a casa dalla locanda dove andava a sbronzarsi. La sera che aveva abusato di mia madre però era riuscito eccome a mettere un piede avanti all'altro, tanto da seguirla mentre tornava dal lavoro e trascinarla in un vicolo buio.

Mia madre era stata così brava a nascondere il dolore e la paura per quello che le era successo che non avevo sospettato niente finché non aveva iniziato a vedersi il pancione. Solo allora mi aveva detto la verità, perché ero abbastanza grande per capire. Chi non doveva saperlo invece era Dri, che non meritava di essere associato a un abominio del genere.

Mi era capitato di incontrarlo in città, di incrociare il suo sguardo. Lui sapeva bene chi ero e sapeva bene chi era Dri. Così come sapeva che mia madre era morta e che ora io e suo figlio eravamo da soli, cercando di tirare avanti.

Ovviamente non si era mai fatto vivo, né ci aveva aiutato in alcun modo. E da una parte era meglio così. Che si uccidesse spendendo tutti i suoi soldi in birra e liquori. Ma riconoscere nei suoi occhi quelli di mio fratello Dri... quello sì che mi faceva desiderare di ucciderlo con il mio coltello.

Dri era il bambino più dolce del mondo e non si lamentava mai quando lo scarrozzavo da una parte all'altra, mollandolo alla vicina per andare a lavorare o a rimediare la cena se la paga era troppo poca.

Arrivata nei pressi dell'abete mi avvicinai senza preoccuparmi di non fare rumore perché la neve era talmente tanta che sarebbe stato impossibile per un essere umano essere silenzioso.

Ne scostai un po' e proprio sotto di essa c'era la cena mia e di mio fratello di quella sera.

«Mi dispiace, piccolo amico.»

Districai la carcassa del coniglio dalla trappola e infilai la mia preda nella tracolla di pelle marrone. Risistemai la trappola nello stesso punto, proprio là dove la neve era rossa, perché probabilmente sarebbe stato proprio quello ad attirare altri animali. L'odore di sangue. E chissà, magari avrei catturato un cinghiale.

Il cuore del principe UnseelieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora