Capitolo 3

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"Prendi il sentiero di pietra che conduce alle rovine di Valentine. Addentrati nel bosco, segui il passo dei cervi e arriva fino alla radura. Il sole ti indicherà la via".

Stavo per impazzire.

"Prendi il sentiero di pietra che conduce alle rovine di Valentine. Addentrati nel bosco, segui il passo dei cervi e arriva fino alla radura. Il sole ti indicherà la via".

«Il passo dei cervi. Non so nemmeno cosa sia.»

Le persone mi guardavano con sospetto. Probabilmente sembravo una pazza che parlava da sola.

"Prendi il sentiero di pietra che conduce alle rovine di Valentine. Addentrati nel bosco, segui il passo dei cervi e arriva fino alla radura. Il sole ti indicherà la via".

«Smettila, smettila, ti prego» sussurrai disperata.

"Uccidi Oriel."

Ero arrabbiata. Ero spaventata. Odiavo tutto questo. Non sapevo cosa fare, ero combattuta, divisa da una forza invisibile che sembrava trascinarmi nella direzione che mi avrebbe portata al muro di foglie, e una che invece mi gridava di tagliarmi le orecchie e tornare alla mia vita, da Dri e semplicemente ignorare quello che era successo.

«Solo perché una cosa non la vedi non significa che non ci sia».

Mia madre lo diceva sempre. E avevo sempre ritenuto mia madre una donna saggia.

Cosa avrebbe fatto lei al mio posto? Me lo ero chiesta tutto il giorno. Forse era per quello che ora mi trovavo seduta su uno dei tavolini esterni di un elegante bar che non potevo permettermi, aspettando che il changeling venisse a prendermi l'ordine.

Avevo visto spesso quella ragazza. Era bella, ma forse non abbastanza bella per i Fae. Era anche veloce e sveglia, lo avevo notato passando lì davanti diverse volte mentre andavo nel locale dove lavoravo la sera. L'avevo vista correre in mezzo ai tavolini e portare vassoi che sembravano veramente pesanti. Sembrava sicura di sé, non nascondeva le sue orecchie, anzi. Erano adorne di... non avrei saputo dire quanti fossero gli orecchini.

Ma era una changeling, altrimenti non sarebbe mai rimasta nel mondo umano.

Era stata fatta fuori dal mondo Fae e probabilmente al suo posto avevano preso qualche altro bambino o bambina.

Schifosi bastardi!

Mi passò accanto per servire il tavolo di fianco a me, posando sul tavolo dei calici ghiacciati dai quali scorrevano gocce di condensa, un vassoio che degli stuzzichini e altri piccoli contenitori con altro cibo. Dentro ogni bicchiere c'era una fetta di agrume, ghiaccio e in uno c'era anche una specie di fiore scenografico. Non ho mai capito che senso avesse mettere nei piatti o nei bicchieri cose che poi dovrai togliere.

«Io ti conosco.»

Distolsi gli occhi dal calice del tavolo accanto e li sollevai.

Era bella, ma forse per i Fae il suo naso era troppo a patata. Aveva le orecchie come le mie, ma le sue ciglia non erano così lunghe e folte.

Sembrava guardarmi con diffidenza.

«Ah sì?»

Rimase interdetta dal mio tono impertinente, così infilò il taccuino delle ordinazioni nella tasca del grembiule e incrocio le braccia sul petto prosperoso. Aveva dei lunghi capelli biondi, ma forse per i Fae non erano abbastanza luminosi.

«Tu sei la ragazza che lavora al locale dove vado dopo il lavoro.»

Alzai le sopracciglia in un'espressione sorpresa e mi lasciai ricadere contro lo schienale della sedia. «Tu vai a bere in quel locale?»

Lei sembrò divertita. «Perché una changeling non può bere birra?»

Mi sorprese il modo semplice e schietto con cui si definì. Di solito ai changeling non piaceva essere chiamati a quel modo.

Scossi la testa e feci una risata amara. «Non è per questo.»

La ragazza mi guardava con curiosità, così mi feci avanti col busto per avvicinarmi un po'. «Ho bisogno del tuo aiuto.»

Lei si guardò intorno, come per vedere se stesse passando il capo, poi tornò su di me.

«Che cosa vuoi?»

Ora era diffidente. Potevo leggerglielo in faccia. Spesso i changeling venivano bullizzati o trattati come fossero altro che pezzi di carne da macello. Questo perché gli umani sapevano essere crudeli e i Fae, anche i changeling, sapevano essere molto più belli e prestanti di noi. E questo ci dava fastidio. Anche i loro rifiuti erano meglio di noi. Almeno nell'aspetto.

Non sapevo bene come esprimermi. Non potevo raccontarle della donna del bosco, né ripetere quello che anche in quel momento mi stava sussurrando nella testa.

Così afferrai il cappuccio e lo feci scivolare sulle spalle.

Le braccia della changeling ricaddero lentamente lungo il corpo, gli occhi si spalancarono leggermente, il muscolo della mascella guizzò. Mi guardò le orecchie, poi mi guardò nel complesso.

«Tu non sei una Fae.»

«Dio, no!» sbottai, ritirandomi su il cappuccio.

«E allora che cosa sei?»

«Senti, ho bisogno di parlarti. A che ora stacchi?»

D'improvviso divenne ostile, mi fu chiaro dal modo in cui il suo sguardo mutò.

«Non voglio avere niente a che fare con tutto questo.»

E ancora una volta avevo qualcuno che con "tutto questo", indicava tutta me. Fece per andarsene, ma mi alzai in piedi e le afferrai il braccio.

Era più alta di me, così dovetti alzare il viso. «Prima ero un'umana» sussurrai. «Una donna Fae mia ha fatto un incantesimo. Ho bisogno che tu mi dica...»

Tirò via il braccio con prepotenza, facendomi sussultare. Poi si avvicinò al mio viso come per sfidarmi e mi sussurrò all'orecchio coperto dal cappuccio: «Per me tutti i Fae possono bruciare all'inferno.» Si allontanò, il suo viso era contratto per il disgusto e la rabbia. «Anche quelli finti come te.»

Se ne andò senza darmi il tempo di dire altro.

Mi allontanai dal tavolo e mi incamminai lungo la strada. Per quanto mi riguardava poteva anche essere una cazzo di regina della Corte del cavolo che voleva, ma io ero disperata e avevo ancora la voce di mio fratello che gridava nelle orecchie. 

Il cuore del principe UnseelieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora