Capitolo 4

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Quando nel cuore della notte mi si ritrovò davanti appena girato l'angolo dell'immobile, la sua camminata decisa si arrestò e il suo sguardo fu un mix tra l'infastidito e l'imbarazzato. Per me.

«Cristo, siete così... pallosi» commentò passandomi accanto.

Io la affiancai, cercando di seguire il suo stesso passo, e non era facile visto che aveva le gambe più lunghe di me di parecchio.

«Ho bisogno del tuo aiuto.»

«Te lo ripeto, non voglio avere niente a che fare con...»

«Con tutto questo, lo so» la interruppi.

Le sbarrai la strada, piazzandomi davanti a lei con un saltello decisamente agile che era ovvio appartenesse più alla mia nuova forma che alle mie abilità da gazzella.

Cercai di ignorare il suo sguardo infiammato, così come la consapevolezza che se avesse voluto mi avrebbe stesa con un sberla. Anche se, a pensarci, non era da escludere che anche la mia forza fosse aumentata.

«Ho una voce» spiegai «che mi rimbomba in testa.»

Il fuoco nei suoi occhi non si spense, ma sembrò incuriosirsi, così continuai.

«Sono delle indicazioni per entrare nel mondo Fae.»

«Allora dovrebbe essere abbastanza semplice seguirle.»

«No, perché non so cosa cavolo sia il passo dei cervi, tanto meno il fatto che il Sole dovrebbe indicarmi la via.»

La fae sorrise, poi si strinse la base del naso e chiuse gli occhi, come fosse stanca. Ma non era la stanchezza del lavoro.

«Fammi indovinare. La persona che ti ha fatto questa sorta di... incantesimo, è morta, giusto?»

Sentii chiaramente il mio viso assumere un'aria curiosa. «Sì. Una donna.»

«Come era vestita?»

«Mantella con pelliccia bianca» ricordai. «Sembrava costosa. Vestito blu, come la notte. Pietre, anelli e orecchini vari.»

«Era della Corte della Notte.»

Rimasi con le mani in tasca, il cappuccio tirato sulla testa. «Da cosa lo hai dedotto?»

La fae quasi sollevò gli occhi al cielo. «Ascolta, forse non te ne sei accorta, ma siamo parecchio osservate.»

I miei sensi si misero subito in allerta, i pugni stretti nelle tasche mentre mi guardavo intorno. Poco lontano da noi, un gruppetto di uomini alticci ci guardavano. Dall'altra parte due ragazze parlottavano e ci lanciavano sguardi di invidia e disapprovazione.

Arrivavano altre persone verso di noi, birre in mano, voci che intonavano canzoni che non sapevo riconoscere, forse perché la loro lingua assuefatta di alcol non riusciva più a fare bene il suo lavoro. Ma mi allarmai quando, dopo averci notate, le canzoni cessarono e i loro sguardi divennero curiosi. Famelici.

Prima che potessi reagire, la ragazza mi afferrò per il braccio e mi trascinò via, entrando in una stradina.

«Togliamoci dalla strada. Troppe orecchie indiscrete, e non vorrei dover mandare via a calci in culo qualche impavido ragazzone.»

Strattonai il braccio per toglierlo alla sua morsa, e lei non si scompose ma continuò a camminare. Sapeva che l'avrei seguita ovunque.

«Ti capita spesso?»

Non si voltò a guardarmi, e il modo distaccato con il quale rispose, mi sorprese.

«È all'ordine del giorno. Ci provano spesso, ma basta fargli vedere che non hai paura, e di solito se ne vanno.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 24 ⏰

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