Capitolo 2

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Arrivai nei pressi di casa barcollando, la testa che mi girava, la voce di quella Fae che ancora mi rimbombava nella testa, come se la sua eco si fosse impossessata di me.

Mi avvicinai al vecchio pozzo dell'acqua piovana non troppo distante e lanciandolo giù nelle sue profondità, riempii un secchio vecchio e bucato. Quando fu pieno fino all'orlo lo afferrai e mi versai l'acqua gelida addosso, sentendola scorrere giù lungo la schiena e i fianchi, fino alle gambe.

Era tremendamente fredda e io tremavo come un pulcino, ma in qualche modo riuscì a far sì che i miei sensi si riattivassero. Riempii nuovamente il secchio, ma questa volta solo per bere. Con l'acqua avanzata mi sciacquai il viso e mi accasciai a terra, la testa poggiata sulla roccia dura.

Nella parte più antica Valentine era piena di questi pozzi, dei pezzi d'epoca e di storia ai quali i cittadini non erano riusciti a rinunciare. E nonostante tutti noi avessimo l'acqua in casa, tornavano molto utili per l'irrigazione dei campi, per chi ne aveva.

Ricordo che mia mamma era terrorizzata dal fatto che io o mio fratello, magari per gioco, potessimo caderci dentro. Si raccomandava sempre di non giocare li vicino.

Avevo il fiato corto che mi usciva in nuvole dense dalla bocca, disperdendosi nell'aria. Chiusi gli occhi e cercai di far calmare il mio cuore. Il freddo mi serviva. Mi rendeva cosciente, mi faceva rimanere con i piedi per terra dandomi la certezza che non era un sogno, che era successo tutto veramente.

Per un attimo tutto divenne silenzio. Ma non quella fastidiosa voce nella mia testa.

"Uccidi Oriel."

Mi alzai in piedi velocemente e corsi dentro casa, chiudendomi subito la porta alle spalle. Andai verso il bagno e mi tolsi i vestiti fradici di dosso, gettandoli a terra. Riempii la vasca di acqua calda e quando fu piena sciolsi i capelli dalla lunga treccia e mi ci immersi totalmente. Infilai la testa sotto e tutto divenne ovattato, silenzio. Ascoltai il battito del mio cuore, i capelli che ondeggiavano nell'acqua e mi accarezzavano le guance.

Respirai mentalmente, cercando di riacquisire la calma. Quando sentii i polmoni bruciare uscii fuori e presi aria.

Mi poggiai con la schiena contro la vasca e piegai le gambe, poggiando le mani sopra le ginocchia. Le osservai e le vidi diverse, quindi ne avvicinai una al viso.

La pelle non era più spaccata dal freddo. Si era come rimarginata, e le unghie... non erano corte e spezzate, ma ben arrotondate e più lunghe di come le avessi mai tenute.

Mi guardai anche l'altra mano, poi le misi vicine. Le allontanai e le riavvicinai al viso, pensando che la vista o la memoria mi stessero giocando un brutto scherzo.

Decisi di non dargli peso.

Mi lasciai ricadere contro il bordo della vasca e chiusi gli occhi.

«È finita. È morta. Era solo pazza.»

Fuori dalla finestra potevo vedere il bosco e la neve, una distesa infinita di bianco. Ma avevo come la sensazione che qui e la ci fossero delle macchie rosse.

Chiusi gli occhi e mi passai le mani fra i capelli. Fu allora che sentii qualcosa. Qualcosa che doveva esservisi impigliato in mezzo. Forse un pezzo di corteccia.

Cercai di afferrarlo con la punta delle dita. Spostai i capelli per sentire meglio. Poi percorsi il contorno del mio orecchio, allora pensai che doveva essersi appiccicato tra l'attaccatura dell'orecchio e i capelli.

Ma più lo toccavo più sembrava un tutt'uno. Così come l'altro.

Mi alzai a sedere di getto, il panico che mi assalì nuovamente.

Il cuore del principe UnseelieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora