Ricordi d'infanzia

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Breve introduzione all'AU

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Simone non ricorda tante cose della propria infanzia.

Non si ricorda, ad esempio, qual era il suo pupazzo preferito quando era piccolo. Suo padre sostiene fermamente che si trattasse del dinosauro Dino, ma lui non ricorda di aver mai avuto un particolare legame con il pupazzo, se non perché suo fratello ne aveva uno uguale e potevano giocarci insieme.
Non ricorda nemmeno quale fosse la sua canzone preferita tra quelle dello Zecchino d'Oro, o il suo cibo preferito, o qual è stata la prima volta che suo padre ha deciso di intromettersi prepotentemente nella sua vita.

C'è però un momento della propria infanzia che Simone ricorda alla perfezione, che è impresso indelebile nella sua memoria.
È il momento in cui per la prima volta ha indossato un vestito.

Aveva sei anni. Era quasi natale, e come ogni anno sua nonna metteva in scena degli spettacolini per la famiglia servendosi dei bambini come attori. Di solito erano storie di principi, draghi, cavalieri e principesse, e lui e Jacopo attendevano con ansia il momento di indossare le armature di stagnola per combattere mostri immaginari.

Anche quel Natale, il Natale che cambiò tutto, la nonna aveva scritto una storia su due cavalieri avventurosi che salvavano una stupenda principessa da un mostro marino, e Jacopo, consapevole che il ruolo del mostro sarebbe toccato a Giorgio, che di anni ne aveva dieci, non vedeva l'ora di vestire le armi dell'eroe e salvare Elisa.

Eppure, quell'anno, qualcosa era cambiato: Elisa, che ormai era quattordicenne e aveva smesso di divertirsi con quelle cose, si era categoricamente rifiutata di prendere parte allo spettacolo, lasciandoli senza una principessa. E la nonna, che era sempre stata una persona pragmatica, aveva rapidamente trovato una soluzione: uno dei suoi nipoti più piccoli avrebbe interpretato la principessa. In fondo, nell'antica Grecia, gli uomini interpretavano sempre i ruoli femminili: non era nulla di nuovo.

Di fronte alla proposta della nonna, Jacopo si era categoricamente rifiutato: per lui essere un cavaliere era molto importante, e mai si sarebbe sognato di fare la principessa. Simone, invece, dopo un po' di esitazione aveva accettato.
Quel gesto, negli anni successivi, sarebbe stato interpretato dai suoi familiari come mancanza di carattere. Simone, invece, ha compreso dopo anni che in quel momento aveva visto un'ottima scusa per essere davvero se stesso.

Se chiude gli occhi, riesce quasi a rivedersi, immensamente piccolo nell'abito di tulle lilla un po' troppo grande che la nonna gli aveva messo con attenzione. E ricorda di essersi sentito più forte in quel vestito di quanto non avesse mai fatto in un'armatura.
Ricorda di essere rimasto immobile a fissarsi per diversi istanti, rimirando il modo in cui il tessuto leggero gli avvolgeva il petto e le sue gambe nude che spuntavano da sotto la gonna.

Alla fine, quel natale, sua nonna aveva cambiato lo script dello spettacolo, e per la prima volta Simone era diventato un pirata. Negli anni ha poi interpretato guerrieri coraggiosi, mostri feroci e persino eroi mitici, ma nulla gli ha mai dato la stessa sensazione di forza che aveva provato in quel vestito viola.

L'abito è rimasto a lungo nella cassapanca in camera della nonna, nascosto come un tesoro proibito. Nel corso degli anni, più volte è andato in camera dell'anziana donna mentre lei era fuori e ha preso il drappo di tessuto lilla. Più volte si è osservato nello specchio, tenendoselo davanti e immaginando come la stoffa leggera sarebbe ricaduta sul suo corpo sempre più definito, ma mai ha avuto il coraggio di indossarlo di nuovo.

Per anni ha nascosto a chiunque quella parte di sé. Gli sembrava, al pari dell'omosessualità di cui aveva preso dolorosamente coscienza negli anni delle medie, una stranezza turpe e meritevole di essere nascosta. Ha cercato di occultare entrambi i mali dietro a una facciata da duro, si è nascosto dietro la maschera del giocatore di rugby con la fidanzata perfetta.
E per un po' ha funzionato. Si è nascosto così bene da riuscire a confondere anche se stesso.

Non succede quasi mai, a due come noi | raccolta SOC MED AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora