Mone e Jajo

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17 Novembre 2023

Simone si rende conto solo quando propone a Jacopo di passare la serata insieme come ai vecchi tempi che, in effetti, lui e suo fratello non stanno da soli da mesi.

Non riesce a farsene una colpa: ha avuto tantissime altre cose a cui pensare, e Jacopo stesso non ha fatto alcuno sforzo per stare di più con lui. Ci sta, è normale. Crescere significa anche questo.

Però non gli piace che si stiano perdendo così tanto. Sono sempre stati inseparabili, loro due, anche troppo quando erano piccoli. I loro genitori hanno dovuto farli mettere in classi separate alle elementari per evitare che si chiudessero nel loro piccolo mondo escludendo tutti gli altri.
E se quello sicuramente non era sano, non lo è nemmeno la distanza siderale che c'è ultimamente tra loro.

Simone se ne sente anche un po' responsabile, a dirla tutta: è stato lui ad ampliare quel divario naturale che si è formato tra loro con segreti, bugie e omissioni di vario genere. Certo, lo ha fatto per proteggersi da qualcosa che nemmeno lui era pienamente pronto ad accettare, ma lo ha fatto.

Ma ora è sinceramente stufo.
Stufo di avere segreti con suo fratello e soprattutto stufo di nascondersi. E non ha più paura.

Aprirsi con Luna e Laura su chi è e su come si sente è stato liberatorio: le ragazze lo hanno accettato senza domande, senza chiedergli di definirsi in modi in cui non è ancora pronto a fare e senza forzarlo. E se ancora non è convinto al cento per cento di essere normale, ora sa di poter essere solo così e che tanto vale accettarlo.

E un passo importante in questa sua accettazione è parlarne con suo fratello.
Suo fratello, la sua metà, anche se imperfetta. Suo fratello che lo ha sempre completato dove lui mancava e che gli ha sempre lasciato spazio dove invece sovrabbondava. Il sole della sua luna, il bianco del suo nero, semplicemente l'altra metà.

Se anche Jacopo sarà in grado di accettare quel suo lato femminile, quella sua inevitabile imperfezione, non avrà più nulla da temere: dove la sua metà sarà più fragile avrà infatti sempre suo fratello pronto a fargli scudo.

È da tanto che non fanno una delle loro serate a base di pizza e film Marvel: hanno smesso quando Jacopo si è reso conto che Simone si annoiava molto di fronte a quei film. Ma non ha capito una cosa fondamentale: per Simone quelle serate erano belle soprattutto perché gli permettevano di stare insieme a suo fratello.

Jacopo entra in camera di Simone con due pizze e un vecchio DVD di Iron Man: la tradizione prevede anche che il film sia rigorosamente in DVD in memoria dei tempi della loro infanzia.

"Mi dispiace davvero di non averti detto tutta la verità sull'altra sera, Mone. Non pensavo te la prendessi tanto." esordisce immediatamente Jacopo. Tipico suo, voler risolvere subito i problemi.
"Te l'ho già detto, è tutto a posto. Non sono incazzato con te, mi dispiace solo di aver preso a parole Manuel per nulla."

"Da quando Ferro è "Manuel" per te?" Lo sguardo inquisitorio di Jacopo fa capire a Simone che ha fatto un passo falso. Si morde il labbro, non sapendo bene come proseguire.
No, gliene parlerà dopo. Con più calma.
"Lunga storia. Dai, metti il film."

Guardano il film per un po', mangiando pizza e condividendo un silenzio che però è diverso da quello vuoto che li ha avvolti fino al giorno prima. È un silenzio intimo, familiare. Un silenzio bello.

Simone, durante tutto il film, freme. Non riesce a concentrarsi sulla pellicola e non ci riuscirebbe nemmeno se fosse qualcosa che lo interessa. Continua a pensare a quello che deve dire a Jacopo e a come può fare a dirglielo.

A un certo punto, sono circa a metà film, sente che deve dirglielo subito, che se aspetta anche solo un minuto non riuscirà più a farlo.

"Jajo?"
Usa quel soprannome che usava quando erano piccoli, quello solo suo. Non lo usa da anni: è un soprannome da situazioni importanti.
Jacopo, come previsto, si gira a guardarlo sorpreso, forse dal nomignolo forse dal tono tremolante con cui lo ha detto. Immediatamente, mette in pausa il film e si siede a gambe incrociate con il busto rivolto verso di lui.
"Dimmi Mone."

Prende un bel respiro. Può farcela.
"Ti ricordi quando non mi hai detto di Chicca e io ti ho chiesto perché?"
"Certo, mi sono sentito stra in colpa in quel momento. Mi dispiace non avertelo detto subito."
"Non è questo l'importante. Tu mi hai chiesto se io ti dicessi tutto in quel momento, ti ricordi?"
Jacopo annuisce serio, ricordando quel momento.

"Ecco, la risposta sarebbe stata no. Ci sono tante cose che non ti ho detto Jajo, cose che ti ho nascosto perché facevo fatica a dirle persino a me stesso. Ora però ce l'ho fatta, e voglio dirle anche a te. Perché è vero che io e te siamo due persone separate, come ci hanno ripetuto per tutta l'infanzia, ma è vero anche che tu sarai per sempre una parte di me, e non posso volermi bene se non ho la certezza che me ne vuoi anche tu."

Quando finisce il suo monologo, nota che Jacopo ha gli occhi un po' lucidi. Ci mette un po' a rispondere.
"E allora dimmi tutto quello che mi sono perso in questi mesi, Mone. Ma stai certo che, qualsiasi cosa sia, ti vorrò bene per tutta la vita."

Simone si sente un po' rincuorato dalle parole di suo fratello. Vorrebbe stringerlo forte a sé, ma sa che finirebbe per non dirgli nulla e non è ciò che vuole.

Allora, siccome parlare per lui è sempre difficile, decide di usare di nuovo lo stesso metodo che ha usato con Laura. Sblocca il proprio cellulare sulla galleria e lo lascia in mano a suo fratello, attendendo con ansia una reazione.

"Sei tu questo, Mo?" chiede Jacopo dopo qualche istante. Simone annuisce soltanto.
"Se hai cose da chiedermi lo capisco. Immagino sia una cosa inaspettata per te."

Jacopo solleva lo sguardo dal cellulare e le sue labbra si aprono in un leggerissimo sorriso.
"Non poi così tanto, sai? Ti ricordi quando la nonna ti ha fatto vestire da principessa per la recita?"

E certo, Simone si stupisce di non esserci arrivato prima. Pensava di essere riuscito a nascondere la gioia che aveva provato a tutti, ma come poteva farlo con suo fratello? Non hanno mai avuto bisogno di parole loro due.

"È stata la prima volta." conferma Simone, un po' imbarazzato. "Quindi tu lo sapevi?"
"Ti mentirei se ti dicessi di sì. Però sapevo che c'era qualcosa sotto, qualcosa che non volevi uscisse. Pensavo fosse che sei gay - quello sì, lo avevo capito - ma anche dopo il tuo coming out ho continuato ad avere quella sensazione. Ma ora è tutto più chiaro."

Simone si sente sopraffatto dalle emozioni. È felice quando suo fratello spalanca le braccia e lo invita a rintanarsi tra esse, anche perché sente che il suo corpo è davvero sul punto di cedere.
"E mi vuoi bene lo stesso, nonostante questo?" chiede, anche se la risposta la sa già.
"Mone, io ti voglio bene soprattutto per questo. Perché tu sei anche questo: se non volessi bene a questa parte di te non ti vorrei bene e basta."

Sono ancora abbracciati, stretti forte in un abbraccio che li riporta a diciott'anni prima, quando erano un tutt'uno, quando Simone alza la testa dalla spalla del fratello. C'è ancora una cosa che gli deve dire.

"C'è un'altra cosa che devo dirti, Jajo."
"Dimmi, Mone. Da oggi in poi ci dobbiamo dire tutto."
"Mi piace una persona."

Jacopo sembra incredulo, ma anche molto felice.
"Finalmente! Era ora. Chi è, lo conosco?"
Simone ha quasi paura ad annuire.
"Sì, lo conosci."

"Oddio, e chi è? Dai ti prego dimmelo!"
Simone sospira prima di ammetterlo.
"È Manuel."

Ci sono un paio di secondi in cui Jacopo strabuzza gli occhi, come se stesse valutando la veridicità di ciò che Simone gli ha detto. Poi deve dedurre che sia tutto vero, perché la sua faccia si deforma in una smorfia sconvolta.

"Ecco, Mone, ti ho appena detto che ti vorrò bene sempre a prescindere da tutto? Abbiamo trovato l'eccezione."
Ma lo dice ridendo, e Simone sa che va tutto bene.

Non succede quasi mai, a due come noi | raccolta SOC MED AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora