2. The Night We Met - Lilith

49 6 1
                                    

"Nessuno stupido si avvicinerebbe al fuoco dopo aver capito che scotta. Nessuno, tranne chi ha un motivo valido per bruciarsi."
Albert Einstein

Al locale stava risuonando "Enola Gay" e tutti in quel momento erano presi dal ritmo, dalle parole e la prossima persona che mi sarebbe venuta addosso, giuro, avrei potuto liberamente commettere un omicidio. Non vedevano che, a quanto pare a differenza loro, c'era chi stava lavorando, come se non mi avessero già fatto versare gli ordini a terra almeno quattro volte. Sentivo la mia pazienza lasciare il mio corpo lentamente, dolorosamente e lasciando dietro di lei una rabbia che, se avessi lasciato esplodere, non avrebbe risparmiato nessuno... e magari oltre alla mia esplosione, sarebbe esploso anche il locale. Non sarebbe stata una brutta idea, tanti errori in meno alla fine. Ma comunque, mi concentrai solo sul fare il mio lavoro, qual'ora sarei arrivata davvero al limite avrei staccato la testa a morsi del primo essere che mi avrebbe rivolto la parola. Stavo lavorando da quasi sette ore, non ero stanca vero, ma volevo solo uscire da questo posto, infilarmi nella mia bellissima vasca da bagno bollente, schiumosa e con un bel calice di vino bianco quello leggermente frizzantino, lo amavo. Avevo bisogno solo di rilassarmi quella sera, ero davvero esaurita come si usual dire.

Solo che se fossi tornata a casa avrei iniziato a pensare, il che non era mai un bene per me. La cosa più distruttiva che potessi fare non era bere, non erano le pastiglie, non era la droga, era il pensare. Pensare mi faceva più male di tutte queste cose messe insieme, ma ero dipendente da questo, piuttosto che dal resto. Pensare mi portava a degli stati di ansia, panico ma soprattutto mi portava ad avere paura di qualsiasi cosa, persona, mi trovassi davanti.

Pensare. La peggior cosa che l'uomo possa fare. Pensare al non farcela mai, di essere perennemente soli al mondo, o di essere un peso per tutti. Pensare a come chi mi ha messa al mondo, non mi abbia mai davvero amata ma disprezzata come se la colpa dell'essere qui sia mia, e non loro che non hanno usato il fottuto preservativo. Si sarebbero risparmiati tante minchiate e tanti nervi inutili.

Pensare di essere stata tu l'errore o il motivo per il quale lui ti abbia presa solo in giro. Eppure non stavo cercando niente di "impegnativo" insomma, non dovevo sposarmi subito col primo mi sarebbe capitato. Il vero problema era che ero troppo piccola per capire che quello che stava succedendo, era fuori dalla norma. Ero troppo debole, una delle mie sorelle era appena scomparsa ed ero solo io quella stupida a preoccuparmi di ritrovarla. Ecco il punto di aggancio a cui lui si appese; la mia debolezza.

tre anni prima

Uscì dalla doccia e mi passai un altro asciugamano tra i capelli, nella speranza di asciugarli, mentre mi dirigevo verso il lettone gigante. Trovai dei cioccolattini in mezzo ai cuscini e sorrisi, aprendone subito uno mangiandolo l'istante dopo. Mi buttai con la schiena contro il materasso e mi gustai il sapore del cioccolato che mi si sciolse praticamente contro la lingua. Ci voleva dopo una giornata del cacchio come quella che avevo avuto. Mi stavo ancora rilassando quando però ad un certo punto il campanello della mia stanza suonò. Ah già, il servizio in camera. «Può entrare, lasci pure le cose lì, le prendo dopo!» gridai in modo che potesse sentirmi, dato che non ero nelle condizioni più adeguate. Poi sentì solo il rumore della porta chiudersi e subito dopo quello di un tappo di una bottiglia aprirsi. Mi misi di scatto seduta e sbarrai gli occhi spaventata. Adesso nella mia bocca non c'era più il gusto di quel buonissimo cioccolato, ma si formò un amaro che deglutì. Mi feci coraggio e scesi dal letto avvicinandomi all'ingresso, portado con me una scarpa come arma di difesa. Lo so, ma non avevo altro.

Continuai ad avvicinarmi e il sudore della paura mi stava scorrendo pure fra le chiappe. Mio fratello mi aveva detto che la mia stanza era inaccessibile, quindi chi cavolo era entrato!? Feci un ultimo passo ed alla fine raggiunsi l'ingresso, gridando immediatamente non appena vidi la sua figura seduta sulla poltrona davanti a me, mentre si gustava una bottiglia di quello che doveva essre credo un ottimo vino rosso. Non avevo mai bevuto del vino, o della birra, in realtà niente di niente se non una toccata di labbra del prosecco, ero una ragazza di diciassette anni che viveva ancora nella tranquillità. Però, per come se lo stesse gustando, sembrava molto buono o forse di più. «Che cavolo ci fai qua!? Sei impazzito!?» gli tirai quella scarpa che mi ero portata dietro, facendolo solo sorridere. Quel ragazzo non era normale, e già da quel sorrisetto avrei dovuto capire che qualcosa in lui non andava. O anche il fatto che si fosse intrufolato nella mia stanza come se niente fosse, non lo rendeva di certo una persona di gran intellignza.

NervesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora