6. Tragedy - Lilith

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Help me, can you fucking help me?
I been all alone if you're askin' me
Don't run me down, don't run me down.

Lo sentivo chiamarmi mentre che correvo fuori dalla sua stanza, per il corridoio e giù per le scale. Non avrei permesso che mi raggiungesse, non avevo altro da dirgli e non volevo averci che fare. Il tono spezzato col quale stava chiamandomi mi faceva sentire come se un filo spinato fosse stretto attorno alla gola e potevo sentire il mio stesso sangue scivolarmi dal collo in poi. Quando arrivai alla fine delle scale finalmente, mi affrettai ad afferrare la mia giacca, quella che avevo lasciato qui la sera prima, e poi avvicinarmi alla porta d'ingresso. Dovevo uscire il prima possibile da quella casa.

«Lily...» eccolo qui, l'omone di un metro e novanta era arrivato. Non mi stupì di questo, a differenza sua comunque, quella affannata ed affaticata ero io dato il mio metro e un pavimento. Collassai la testa in avanti e strinsi gli occhi, facendo lo stesso con la maniglia che avevo afferrato. Non sapevo se fosse una caratteristica proprio degli asiatici rompere il cazzo così quotidianamente, ma lui era bravo in questo forse più di me.
«Non capisco ancora perchè non arrivi al concetto di "non mi stare vicino" o "non ti voglio attorno."» gli risposi. «Te lo ripeterò fino allo sfinimento; parliamo la stessa lingua, cosa non comprendi?» lo sentì avvicinarsi dietro di me, così mi affrettai ad afferrare la prima cosa con cui potessi colpirlo: una scopa. Meglio di niente. «Perchè a te costa tanto accettare il fatto che qualcuno voglia aiutarti?»
«Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, lo sai?» sospirò ed il suo petto si gonfiò. In un primo momento pensai alla sensazione di poterci affondare le unghie, o magari morderlo. Era tutto così gigante che a parer mio avrebbe potuto tranquillamente portare un mio reggiseno, aveva delle tette da far invidia sinceramente.
«La tua è una domanda stupida.» aggrottai le sopracciglia confusa. La mia domanda era stupida?
«Tu sei stupido!» sbottai alzando la voce e gesticolando, lui si passò una mano sul viso, si stava spazientendo, e vabbè cazzi suoi. «Sto cercando di venirti incontro Lily, per favore!»
«Oh gesù cristo...» lasciai la scopa contro il muro e mi passai le mani tra i capelli. Non potevo continuare così.
«Ho visto quei segni, ho visto la paura, il terrore... il panico, nei tuoi occhi mentre ti guardavi allo specchio. Stavi tremando. Stavi sussurrando di avere pietà. Come cazzo dovrei sentirmi nel vedere una ragazza terrorizzata dalla sua stessa ombra, mentre piange nel bagno della mia camera?! Come dovrei reagire, se non cercando di aiutarla!» usò un tono severo e leggermente alto,come a sgridarmi. Mi limitai a guardarlo negli occhi, riassestando il mio guscio e la mia corazza.
«Non puoi aiutarla. Non voglio essere aiutata.» sussurrai e deglutì a fatica sentendo ogni volta quel fino spinato attorno alla gola. Non avevo bisogno di aiuto, ne tantomeno di lui e la sua fottutissima pietà di merda. Ero sempre riuscita a farcela con le mie forze, e lui chi cazzo era per voler distruggere tutto il mio mondo?

Alla mia risposta si irrigidì e mi guardò come se gli avessi spezzato per l'ennesima volta il cuore. Beh, non era un problema mio, si stava facendo troppi film mentali su un qualcosa che esisteva solo ed esclusivamente nella sua testa. Un qualcosa che non avrebbe mai ottenuto da me. «Invece posso aiutarti...» mi si avvicinò di nuovo e strinsi i pugni, voltandomi per riprendere la scopa che avevo poggiato al muro prima. Mi bloccò il braccio prima che potessi afferrarla, spingendomi contro la parete e bloccandomi con le braccia. Sbarrai gli occhi e cominciai a dimenarmi come una malata mentale, descrizione azzeccata dato che lo ero.
«MOLLAMI, MALEDIZIONE! LASCIAMI!» gridai e poco dopo mi sentì sollevare di peso, ritrovandomi a scalciare per aria. Lo avrei ucciso, sarebbe stato il mio obbiettivo di vita d'ora in poi. Che fottuta mania di toccare che aveva.
Mi lanciò - letteralmente - sul divano, bloccandomi col suo peso mentre io avevo la faccia premuta contro i cuscini. Malgrado lo stessi trovando alquanto eccitante, avevo perso la pazienza ormai.
«Mi stai violentando!» gridai e tirai su la testa, colpendolo sul mento e facendolo staccare da me, io ne approfittai per alzarmi. «Quando una persona ti dice di "No" è NO, PUNTO E BASTA! NON LO VOGLIO IL TUO FOTTUTO AIUTO. NE IL TUO, NE QUELLO DI NESSUN ALTRO. Questa è violenza mentale! Cristo lasciami stare!» lui se ne rimase ancora a terra che si massaggiava la parte colpita, poi alzò lo sguardo verso di me e sussultai leggermente, facendo un passo indietro. Quella vista non l'avrei mai scordata perchè fu una delle più brutte che avrei visto.

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