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Mentre Yoongi si stava incamminando verso la fermata dell'autobus il sole splendeva alto nel cielo terso del mattino. Solitamente raggiungeva la scuola a piedi o facendosi dare un passaggio dalla madre quando possibile, ma almeno una volta a settimana prendeva il bus che si fermava a poche vie da casa sua. Le corse del mattino percorrevano le vie più interne del quartiere passando a fianco di un parco recintato nel quale c'era un piccolo laghetto artificiale e un campetto dove i ragazzi si ritrovano a giocare a calcio o a fare due tiri a canestro quando il tempo lo permetteva. Gli piaceva la tranquillità evocata da quella piccola area verde, nascosta tra i palazzi, lontano dalla cacofonia nel centro città. In quel luogo sembrava che il tempo rallentasse dandogli il tempo di respirare a pieni polmoni prima di reimmergersi nel caos della sua vita. Seduto al finestrino, guardò al di là del vetro osservando i giochi di luce tra le chiome degli alberi mentre una mamma con un passeggino camminava lentamente accompagnata dal figlioletto più grande che la seguiva al suo fianco. Desiderava ardentemente poter tornare a quell'età dove l'unica preoccupazione era il tempo per giocare che non sembrava mai abbastanza e il rimprovero dei genitori se non finivi i compiti prima di cenare. La spensieratezza era qualcosa che aveva perso prima ancora di rendersi conto di averla mai avuta, costretto a crescere più in fretta del dovuto spinto da circostanze più grandi di lui e dalle persone che lo circondavano. L'epitome dell'ingiustizia della vita. Ad occhio e croce, quel bambino aveva l'età in cui per la prima volta si rese conto che l'uomo che viveva in casa con loro, da padre, si era trasformato in mostro quando lo vide colpire la madre davanti ai suoi occhi. Quel giorno, e anche i seguenti, pianse parecchio chiedendosi perché papà era tanto cattivo con la mamma e perché improvvisamente stava tanto tempo fuori casa lasciandoli soli. Da quel periodo decise che sarebbe stato lui l'uomo di casa e che doveva essere lui a proteggere la madre. Da allora smise di essere un normale bambino della sua età e iniziò il cambiamento. Poi arrivò il suo patrigno e le cose si svoltarono per il meglio, ma ormai era cresciuto e la spensieratezza non sarebbe mai più tornata del tutto. Sospirò mesto.

Proseguendo il tragitto, così come il paesaggio cambiava, anche i suoi pensieri passarono da un soggetto all'altro. L'amara malinconia di quel fugace ricordo di un tempo passato venne sostituita dai pensieri che più recentemente gli riempivano la testa giorno e notte.

"Ho letto i tuoi biglietti. Tutti, dal primo all'ultimo."

Jimin...

All'inizio di quella settimana, aprendo il suo armadietto per riporre i libri prima della pausa pranzo, un foglio bianco ripiegato più volte cadde ai suoi piedi. Quando lo raccolse e gli diede un'occhiata veloce pensando fosse un foglietto di appunti sfilatosi da un raccoglitore, quella frase colse immediatamente la sua attenzione e quando vide che la lettera era firmata da Jimin sentì la stanza girare e il pavimento aprirsi in una voragine pronta ad inghiottirlo. La sua mente abituata al pensiero negativo iniziò a urlargli cose orribili, convinto che quella fosse l'inizio di una lettera piena di odio nei suoi confronti. Mai e poi mai si sarebbe aspettato quello che era in realtà il contenuto nascosto in quel semplice pezzo di carta. Nulla a che fare con parole di avversione e astio.

"Non ti odio. Non ti ho mai odiato neanche per un secondo da quando ti ho conosciuto"

Le ore successive a quel ritrovamento sfumarono in una nebbia di ricordi offuscati dal rumore assordante del battito del suo cuore che batteva all'impazzata nel suo petto facendolo tremare dalla testa ai piedi. L'idea di quelle lettere gli era venuta semplicemente perché voleva ringraziare quel ragazzo per averlo aiutato e per cui si era preso una stupida cotta. Ma con il tempo si stavano avvicinando grazie alle lezioni in comune e le cose gli sfuggirono di mano. Si era ripromesso di chiudere con i sentimenti per sempre, ma ormai era troppo tardi. Le lettere continuarono senza che nemmeno lui sapesse con certezza cosa stesse cercando di ottenere. Poi arrivò la festa di compleanno e quel bacio mancato a mettere sottosopra il suo mondo e scuotere la sua anima come mai successo prima. Nel panico totale, scrisse le ultime lettere decidendo che ormai il danno era fatto, tanto valeva uscire allo scoperto e provare a fare ciò che si era promesso quando era uscito dalla terapia: essere sé stesso e non nascondersi più. L'anonimato creava solo dolore e sofferenze ulteriori, quella sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbe nascosto. Era pronto ad accogliere il rifiuto. Nonostante dubbi e desideri contrastanti lo tormentarono per giorni dopo l'ultima lettera, era fermo sull'idea di mettere un punto finale a quella partita a nascondino con il mondo. La dichiarazione di Jimin era qualcosa che aveva immaginato tante volte nei suoi sogni, ma non avrebbe mai e poi mai pensato che potesse diventare anche lontanamente qualcosa di reale e tangibile.

Locker 013 || YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora