Capitolo 1

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-Sophia, scendi che la cena è pronta!- sento urlare. La voce proviene dalla cucina. -subito nonna!- urlo di rimando io.

Sono stesa sul letto a leggere il mio libro preferito, Harry Potter e la pietra filosofale. L'avrò letto un milione di volte, ma non mi sono mai stancata di vivere quella bellissima storia quasi in prima persona, perchè io quando leggo entro nei libri, dettagli.

Scendo dal letto di corsa, per dirigermi nella sala pranzo, ho una fame da lupi. Sfreccio per le scale e all'ultimo gradino mi sento chiamare.

-Signorina Sophia, quante volte dovrò ripeterle che non si corre per le scale ?- mi giro per guardare Caroline, è la badante di mia nonna, ma pensa di essere anche la mia. Mi ha sempre trattata come una bambina. Mi punta con i suoi occhi color verde opaco. Non è molto alta, ha i capelli color nocciola e ha una grande pancia. Porta sempre un grembiulino bianco con dei merletti azzurri, e una tasca molto grande sul davanti.
-fino a quando non mi entrerà da un orecchio e mi uscirà dall'altro-
dico ridendo mentre lei alza gli occhi al cielo e avanza verso di me per poi sorpassarmi e dirigersi verso la cucina per servire la cena.

La seguo arrivando così nella sala pranzo dove mia nonna mi attende. Caroline prosegue entrando nella cucina che si trova dopo la sala pranzo. Mi avvicino alla tavola e mi siedo alla destra di mia nonna.

-cosa si mangia stasera?- dissi io spingendomi in avanti con la sedia, avvicinandomi il più possibile al tavolo.

-Beh, visto che oggi non abbiamo mangiato un gran che, credo ci sarà carne arrostita, purè di patate, carote, spinaci, insalata mista, fiori di zucca fritti e qualcosina come sfizio-
a quelle parole Edward e Caroline entrano con due vassoi con le pietanze elencate da mia nonna. Edward è il mio maggiordomo preferito, non che Richard mi fosse antipatico, ma non lo vedevo quasi mai, se ne stava sempre davanti all'entrata e io non uscivo molto. Edward è molto alto, robusto e ha sempre una postura molto elegante, proprio come i suoi vestiti, giacca e pantalone nero, con una camicia bianca. Ha degli occhi color cioccolato, molto dolci a mio parere. Richard invece è il suo gemello, ma vestiva in maniera diversa, sembra una guardia, forse perché crede davvero di esserlo. Porta sempre una pistola al lato sinistro della cintura di pelle, e un cappello molto bizzarro, assomiglia tanto a quello delle guardie inglesi, alto a forma di cilindro con delle curve all'estremità. Più che altro sembra un casco per via del laccetto che mantiene fermo il cappello al capo. Edward e Richard sono due gocce d'acqua se non fosse per il colore dei loro occhi.

Mangiai molto velocemente come mio solito, non volevo far aspettare il libro che avevo lasciato poco prima nella mia stanza. Ho mangiato quasi tutto tranne gli spinaci, non li ho mai amati, ma tutti ce ne faremo una ragione, quel loro colore verde mi ricorda il vomito. Aspetto che anche mia nonna finisca di mangiare per poi potermi alzare. -sai Sophia..- disse ad un tratto -...mi ha fatto molto piacere stare con te per tutti questi anni e soprattutto amo il fatto che io possa chiamarti figlia mia. Sono 11 anni ormai che sei qui con me, e hai riempito di gioia la mia casa.. non potrò mai ringraziarti abbastanza -
Quelle parole mi hanno fatto sciogliere come burro al sole, ma ho una strana sensazione, perché è così dolce con me?
-Ti voglio bene nonna-
-Anch'io te ne voglio- ci alziamo e in men che non si dica ci stringiamo in un dolcissimo abbraccio che dura qualche minuto. Un abbraccio così lungo non l'avevo mai dato.
-Ora però vai a letto che domani sarà una dura giornata per tutta la villa-
-Come per tutta la villa? Cosa dovremo fare domani?- chiedo io titubante. Cosa sarebbe successo l'indomani?
-Ora vai cara e ricorda, ti voglio bene- e dopo quello parole il suo sguardo diventa cupo, quei suoi occhi azzurri non risplendono più e sembrano spegnersi. Si gira velocemente ed esce dalla sala pranzo. Non l'avevo mai vista così.
Decido di rientrare in camera, così salgo velocemente le scale e mi dirigo verso la mia stanza, ma prima ancora di poter toccare la maniglia della porta un rumore mi ferma, un oggetto caduto a terra, attirando così la mia attenzione. Mi volto di scatto e mi ritrovo un quadro proprio vicino ai piedi, con una strana donna che mi fissa. È molto triste, mi guarda piangendo, ma sulle sue guance non c'è una scia cristallina che lasciano di solito le lacrime, no, al suo posto ci sono due strisce nere come la pece.
È inquietante. Oltre alla donna che piange, c'è uno strano paesaggio, una foresta con alberi secchi, ma hanno come una specie di volto. I loro rami, sono tutti intrecciati in modo da coprire il cielo, si riesce solo ad intravedere la luna, ora più luminosa che mai.
Mi chino per prendere il quadro e lo appendo di nuovo. Ho come l'impressione che i suoi occhi mi seguano, e con quella strana sensazione di essere osservata mi volta per entrare nella mia camera.
Stasera fa più caldo del solito, così prendo un pigiama e dell'intimo e vado a farmi una doccia. L'acqua calda mi rilassa molto, ma prima di uscire ,un getto di acqua fredda per rinfrescarmi non lo toglie nessuno. Esco dalla vasca e mi guardo allo specchio con indosso un accappatoio color azzurro. Non mi reputo una bellissima ragazza, ma nemmeno tanto brutta. Ho dei capelli castani mossi, lunghi fin sotto al seno, un fisico abbastanza corposo, e secondo me con due o tre chili di troppo, anche se la nonna mi dice di no, e lei è molto diretta, anche quando può offendere. Da quando sono piccola ho avuto degli occhi molto particolari, infatti il loro colore rientrano nel violaceo. Anche mio fratello aveva questa caratteristica, solo che i suoi erano quasi gialli, con una pupilla che risaltava moltissimo. Purtroppo è morto qualche anno fa. Mia madre dice che è morto in un incidente stradale, ma la nonna dice di no, che scoprirò tutto quando sarò più grande.
Con questi pensieri che mi frullano nella testa vado verso il letto quando vedo una busta bianca con dei decori neri poggiatavi su un bordo. La prendo e la osservo meglio. Sul retro vi è scritto:"Per la signorina Sophia, da leggere domani" purtroppo non dò molto retta alla scritta, e cerco di aprirla subito, ma codesta non vuole saperne proprio di aprirsi, nemmeno le forbici riescono a tagliarla. Ormai esausta, poso la busta sul comodino e mi infilo sotto le coperte. Pian piano il sonno inizia ad impadronirsi di me, poi il buio.

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