𝙿𝚛𝚘𝚕𝚘𝚐𝚘

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𝙲𝙰𝙻𝙻 𝙼𝙴 𝙳𝙾𝙲𝚃𝙾𝚁 𝙶.

𝙴𝙳𝙾𝙰𝚁𝙳𝙾

"Chi ama, soffre. Chi non ama, si ammala."
SIGMUND FREUD

𝙼𝚒𝚕𝚊𝚗𝚘
𝙶𝚎𝚗𝚗𝚊𝚒𝚘, 𝟸𝟶𝟸4

La neve precipita piano dal cielo, minuscoli cristalli di ghiaccio che, timidamente, tappezzano i tetti dei grattacieli, l'intrico di strade asfaltate, attecchendovi non so per quale fottuto miracolo. Da quassù godo di una vista magnifica. L'altezza fa sentire grandi, inarrivabili, ma non nel mio caso. Non più. Sono in caduta libera, cazzo. E lo strato di neve non basterà alle ossa di spezzarsi o al sangue di sgorgare.

<<Edo, si può sapere che fine hai fatto? Saranno secoli che non ti vedo. Sono appena tornato in città. Perché non passi al Kairos per un drink come ai vecchi tempi? Ci sono anche Francesco, Roman e suo figlio, Maksim. Ho saputo che sei sparito dalla circolazione. Cazzo, amico. Sei ancora in tempo a uscire da quell'ufficio se non vuoi diventare come tuo padre.>>

Il segnale acustico annuncia la fine del messaggio sulla segreteria telefonica. Nondimeno le sue parole strascicate e rauche, e la sua risata si riverberano ognora nell'abitacolo. Un eco meschino che fa affiorare un nervo pulsante sulla tempia.

Sospiro e mi massaggio i lati della fronte. Il movimento altalenante fa andare su e giù gli angoli degli occhi. E nemmeno questo allieta il mio mal di testa.

Quelle ultime dannate quattro parole.

Non ho mai desiderato uccidere qualcuno come in questo momento, e lo farei per la puttana. Mi basterebbe fare una semplice telefonata o al massimo prendermi il disturbo di far scattare il mio accendino e appiccare un incendio. Ma il caso vuole che lui sia Luca Romano, un fottuto magistrato della Corte Suprema, padre dell'amico di mio figlio e, come se non bastasse, mio migliore amico.

Oltretutto equivarrebbe farlo fuori per non voler ammettere l'ineluttabilità delle sue parole.
Faccio un altro sospiro profondo.
Effettivamente è passato un secolo dalla mia ultima visita al Kairos e non capita spesso che Luca e Roberto si facciano vivi, il primo perché è altrettanto incastrato nel suo lavoro, dietro a una cattedra con una cazzo di toga scura addosso e un martelletto di legno in mano; l'altro, invece, perché impegnato ad ascoltare le tediose cazzate del Senato. Quanto a Roman e a suo figlio Maksim, da quel che so, sono stati indaffarati con l'apertura di un nuovo hotel a Marbella. Al che il Kairos, oltre che vantare la fama di uno dei Club per gentiluomini più esclusivi di Milano, accessibile solo se si è un suo rispettabile socio e fondatore, è divenuto un punto d'incontro fisso dove sollazzarsi tra un Macallan 18 e l'altro, e discorrere delle nostre vite da milionari e da padri di figli prossimi a prendere le redini dei rispettivi imperi.

Nessuno mi vieta di uscire anche adesso dal mio ufficio, di infilarmi due guanti da boxe e di aprire loro il culo in palestra prima di rilassarmi con un whiskey di alta qualità. Malgrado ciò, ho del lavoro da portare a termine. Ho per le mani un affare che vale un quarto di miliardo, e col cazzo che mi sogno di mandarlo a puttane.
Tuttavia, questo non fa di me mio padre.
Io non sono mio padre.
E inevitabilmente finisco per scriverlo sul documento anziché apporre la mia firma.
Porca puttana.
Direi che oggi non è proprio la mia giornata.

𝐒𝐞𝐚𝐦𝐥𝐞𝐬𝐬𝐥𝐲 𝐘𝐨𝐮𝐫𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora