Capitolo 5

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23 luglio 1941

Dopo aver completato tutti i controlli necessari, Amélie venne finalmente dimessa dall' infermeria della Kommandatur la mattina dopo il 23 luglio. Mentre si avvicinava all'uscita dopo essersi sistemata, si era resa conto di aver trascorso la giornata precedente a pensare e a riposare per riprendersi, perché non sapeva come trascorrere il suo tempo lì.
Improvvisamente, notò il Kommandant delle SS, che la osservava intensamente mentre indugiava sul ciglio della porto con uno sguardo che sembra penetrare nella sua anima, quasi con lo scopo di scoprire i segreti oscuri che lei celava agli occhi degli altri, le sue paure, le sue insicurezze più profonde che la stringevano in una morsa soffocante da cui non riusciva a fuggire.
I loro sguardi si incrociarono, e per un istante il mondo sembrò fermarsi intorno a loro. Amélie si sentì come se fosse ipnotizzata dallo sguardo intenso di Johannes, mentre lui sembrò perdersi nei suoi occhi. Lei abbassò lo sguardo nervosamente per quel contatto visivo che non riusciva a sostenere, non dopo quello che aveva realizzato riguardo quell'uomo così algido e dannato allo stesso tempo.
Johannes guardò Amélie con uno sguardo che andava ben oltre la superficie, come se volesse scrutare gli abissi della sua anima. I suoi occhi grigio-azzuri come un cielo nuvoloso invernale trasmettevano un desiderio ardente di conoscere la sua vera natura, di svelare i suoi segreti più profondi e di metterla a nudo di fronte a lui.
Ogni sguardo di Johannes sembrava essere una sfida per penetrare le difese di Amélie e scoprire ciò che si nascondeva dietro la sua maschera esterna.
Non c'era alcuna esitazione nel suo sguardo, solo una determinazione implacabile caratteristica della sua resilienza e infatti, lui voleva arrivare al cuore della verità.
Aveva questo senso di brama causato da questo vortice di sentimenti contrastanti lottavano dentro di lui, da un lato era combattuto tra la sua morale e il suo ordine e dall'altro canto vi era l'impulsività dei suoi sentimenti interiori che sfociava come un fiume in piena liberamente nella sua mente. Il brivido della sfida e della scoperta di ciò che gli veniva celato lo accecavano, spingendolo verso un obiettivo rischioso ma irresistibile: sedurre Amélie.
"La morale mi sussurra all'orecchio di fermarmi, di resistere alla tentazione di coinvolgere ulteriormente Amélie nei miei intrighi. Lei non sa nulla del mio passato e io non so nulla di lei. Io non dovrei farmi coinvolgere, Verdammnis!
Lei non è nessuno per me, è solo una ragazzina che mi provoca queste sensazioni contrastanti che non riesco a controllare in sua presenza.
Ma, questo fuoco che brucia dentro di me è più forte,ho bisogno di soddisfare questa sfida, ho bisogno di possedere questa bellissima ninfa. Non potrò mai fermarlo," parlò al suo posto la coscienza quasi ammonendo Joahnnes di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto.

"Mi trovo a navigare tra le acque torbide del desiderio e della ragione, incapace di resistere al richiamo del suo fascino misterioso. Ogni sguardo, ogni sorriso, alimenta la mia fame che arde dentro di me, spingendomi sempre più vicino al pericolo. Inevitabilmente, noi due siamo connessi da un filo invisibile e penso che prima o poi sarebbe accaduto. Niente accade per caso. Certe cose sono predestinate da sempre dalla nostra nqscita , tutto accade sempre inaspettatamente nel momento giusto e nel posto giusto. Noi uomini siamo intrappolati nella nostra humanitas, ma siamo molto più di questo. Noi siamo anime continuamente in cerca della nostra redenzione o della nostra dannazione. E io credo, che seguirò la mia tentazione. Tu sei la mia dannazione, il mio peccato e il mio vizio, Amélie Leroy. Farò di tutto pur di conquistarti, ormai sono caduto nel baratro, ma lo farò eroicamente. I tuoi occhi mi incatenano in questo limbo da cui non ne uscirò incolume" continuò la sua parte più inconscia di sé,.mentre contrastava la coscienza che pian piano non faceva altro che arrendersi sotto il peso di queste parole impetuose come un fulmine in un cielo sereno primaverile.

Il silenzio tra di loro era palpabile, la tensione aleggiava carica nell'aria, tutto questo aveva quel sapore amaro di parole non dette e di silenzi inesorabili. Amélie si sentiva nervosa, incerta su cosa dire o fare di fronte alla presenza così imponente. Il giorno prima, Johannes Krüger sembrava diverso, quasi più gentile e premuroso, ora non riusciva quasi a riconoscerlo. Sembrava quasi tornato il freddo Kommandant del primo flashback che aveva ricordato al ponte poco tempo fa. Non riusciva a decifrare la sua maschera, la sua personalità era celata dal suo perbenismo. I pensieri della ragazza furono interrotti, quando Johannes ruppe dopo minuti il silenzio tra loro con voce calma ma decisa, che nascondeva le sue pulsioni più segrete.
"Guten Morgen, Fräulein Leroy. Sono contento che tu sia stata dimesso, Amélie. Come si sente?" chiese quell'Adone
La sua voce è gentile ma c'è un'aria di autorità che la circonda, facendo sì che Amélie si senta improvvisamente in balia delle sue parole.
"Mi sento meglio, grazie. È stato gentile da parte sua venire a salutarmi,Herr Kommandant." asserì la ragazza con un sorriso impacciato.
Johannes annuì leggermente, il suo sguardo non si staccò mai da lei.
"Non c'è bisogno di ringraziarmi. È stato un piacere. Spero che il tuo recupero proceda senza intoppi." affermò il ragazzo sicuro che la sua guarigione sarebbe stata rapida.
Amélie risponse con un leggero sorriso nervoso, sentendosi a disagio sotto il suo sguardo scrutatore.
"Danke, Herr Krüger. Sì, lo spero anch'io." ammise la ragazza mordendosi nervosamente le labbra
"Auf Widersehen, Amélie. Il dovere mi chiama. Vi auguro una pronta e rapida guarigione." disse il soldato per poi congedarsi da lei con uno sguardo fuggitivo.
"Auf Wiedersehen, Herr Kommandant." sussurrò la ragazza per poi vederlo allontanarsi sempre di più da lei, mentre si dirigeva nell'ala ovest dell'edificio dove si trovava il suo ufficio.

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