CAPITOLO 4

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«Quel sorriso da ebete sulla faccia è perché ti sei dato alla forca?»

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«Quel sorriso da ebete sulla faccia è perché ti sei dato alla forca?»

«Può darsi.»

Mi ero attardato molto sulla spiaggia e avevo lasciato Diego da solo con i miei.

Quando Sole se n'era andata, richiamata da sua sorella - Perla, se non sbaglio- ero rimasto ancora lì sulla spiaggia, seduto sul battigia. Ho tirato fuori dalla tasca il mio piccolo block-notes - ricco di parole e di disegni - e ho cominciato a scrivere di getto, come tutte quelle volta in cui mi succedeva qualcosa di un potenza tale da stordirmi.

Non essere mai privo di parole da scrivere era un qualcosa che aiutava molto il mio sfogare.

Quando l'ho vista su quella spiaggia, sola... ho cercato di farmi forza, di smettere di gettare le parole solo sulla carta e cercare di spingerle fuori anche dalla bocca.

Ho preso un respiro profondissimo tanto da riempirmi del tutto i polmoni e ho ordinato alle mie gambe di avvicinarsi.

Sole, un nome che a guardarla non gli si addice - capelli scuri, carnagione olivastra, occhi marroni, decisamente non i colori che vengono in mente quando si pensa al sole-. Ma quando ha sorriso il suo nome ha avuto un senso: le labbra che si alzano, gli occhi che brillano, la luce che gli esce dal corpo.

Sole è sicuramente più bella del sole. Sicuramente più bella di qualsiasi ragazza abbia mai visto nella mia giovane vita.

«Eh bravo a Totò», mi afferra il collo con la mano per stringermi in un abbraccio fraterno.

Saliamo in silenzio gli ultimi gradini fino ad arrivare all'appartamento che sarebbe stato nostro per i prossimi quindici giorni.

Fin da fuori la porta - ancora prima di bussare - si sentono le voci dei nostri genitori, quella di mamma che sovrasta di molto quella di papà.

«E tu? Dove sei stato fino adesso?»

«A fare quello che so fare meglio.»

«Conosciuto gente?» Era quella che si suol dire essere una domanda retorica. Diego era capace di conoscere gente anche nei luoghi più deserti della terra, quasi come se creasse da solo persone dal nulla.

«Un sacco di gente», da un bacio sulla guancia a mamma. Lo imito poi raccatto i bicchieri che papà mi sta porgendo mettendoli sulla tavola posta in terrazzo.

«Che poi pensa, sono tutti fratelli e sorelle!» continuò Diego.

Sono le 19:30 e stiamo per mangiare a un orario molto poco consueto. Ma siamo stanchi e affamati e suppongo che i miei, prima di scendere per lo spettacolo, vogliano riposarsi qualche minuto sul letto dopo cena.

Io invece non vedo l'ora di uscire, andare nell'anfiteatro e cercare in mezzo a quella marmaglia di gente il viso di Sole.

Magari riprendere un profondo respiro e avvicinarmi a lei, parlarle di nuovo, non per forza però, possiamo anche rimanere in silenzio ma voglio lasciarmi invadere da quel profumo che ho sentito all'interno della nostra bolla sulla spiaggia.
Diego mi lancia un tovagliolo appallottolato sulla faccia.

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