CAPITOLO 2

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È stato un estenuante viaggio in macchina, come sempre d'altronde

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È stato un estenuante viaggio in macchina, come sempre d'altronde. Ma so che non ci rinuncerei per nulla al mondo.

Mamma e papà hanno ben deciso di ascoltare tutte le canzoni degli anni '80 che ballavano in discoteca. Non che mi dispiaccia come genere ma se ci si mette il fatto che erano le 8 di mattina - eravamo in viaggio già da due ore - e che la musica era talmente alta da permettere a tutti gli altri automobilisti bloccati nel traffico come noi, di sentire e ballare la nostra stessa musica anche a due chilometri di distanza, allora si, quello era un problema.

Siamo rimasti imbottigliati nel traffico a due ore dall'uscita dell'autostrada, otto chilometri di coda, con papà che cantava e mamma che accennava passi di danza.

L'idiota accanto a me - mio fratello per la precisione - se la rideva e devo ammettere che, nonostante il leggero imbarazzo che mi accompagna sempre nelle varie performance dei miei genitori, mi sono divertito anch'io a guardarli.

Fatto sta che i viaggi in macchina sono spossanti e se papà non avesse fatto aggiustare l'aria condizionata prima di partire, probabilmente a quest'ora non avrei i piedi piantati sul terreno con un bicchiere di succo d'arancia stretto tra le mani.

«Totò, che tieni qua?», Diego mi indica un punto sulla camicia. Abbasso la faccia nello stesso momento in cui velocemente alza il suo dito per passarmelo sotto il naso «Scemo chi guarda!» Alzo gli occhi al cielo scansandomi dalla sua mano.

«Neanche nostro cugino di cinque anni osa tanto, Diego!»

«Ma io non ho più cinque anni!»

«Infatti!»

Tragicamente si porta una mano al cuore e mette su un' espressione di dolore increspando le sopracciglia e piegando le labbra all'ingiù «Queste tue supposizioni mi fanno male al cuoricino».

Diego era sempre il solito e nonostante ormai ci vedessimo poco il nostro rapporto non era cambiato. Sapevo che mio fratello ci sarebbe sempre stato per qualsiasi motivo.

Mi mette un braccio intorno al collo poi mi scompiglia i capelli in quel gesto affettuoso che aveva sempre avuto come vizio, prima di strapparmi il bicchiere da mano e bevendo quel che restava di quel liquido arancione.

Tanta pazienza. Con Diego ci voleva tanta pazienza e tante, tantissime sedute di meditazione.

«Ho un leggero languorino. Penso che andrò a prendere due, tre, forse quattro bicchieri con le patatine», detto questo si dilegua verso il banchetto del rinfresco.

Cerco di scorgere tra le varie teste quella calva di mio padre o l'enorme cappello in paglia di mamma.

E proprio mentre giro la testa da una parte all'altra, allungando il collo per vedere più distante che la vedo per la prima volta.

I capelli legati in una coda di cavallo, il corpo fasciato da un vestitino azzurro e ai piedi un paio di converse bianche. Sorride mentre tiene stretta a se una bambina che le sta con la testa poggiata sulla spalla.

Bella come il sole. Bella da togliere il fiato. I miei occhi come incollati al suo sorriso. Non riuscivo più a distogliere lo sguardo.

«Hai trovato già la tua prossima conquista?» Diego si appoggia alla mia spalla con un braccio, «Che sciupa femmine!» poi ingurgita un lungo sorso d'acqua. Non resisto alla tentazione e strizzo la bottiglietta facendogli finire una bella porzione di acqua anche sulla sua maglietta.

«Mr maglietta bagnata, se eri interessato bastava dire», alza e abbassa le sopracciglia.

«Mi domando come sia possibile che noi due siamo imparentati.»

«Si, anch'io», mi guarda fisso negli occhi «Sei troppo impostato Totò, rilassati. Siamo in vacanza.»

Vero. Ma il post vacanza mi preoccupava e non credo che in due settimane la mia vita possa cambiare a tal punto da farmi prendere una decisione.

«Quindi», si levò la maglietta bianca per strizzarla «perché sei ancora qua e non a parlare con vestitino azzurro

«Non le so fare queste cose Diego.»

«Quali cose? Parlare? Io credo che quello tu sappia farlo benissimo.»

Sbuffai «Sai che intendo.»

Avevo avuto solo una ragazza nei miei 19 anni di vita e non mi ero nemmeno fatto avanti io che avevo una cotta stratosferica per lei da più di tre anni. Frequentavamo la stessa scuola e a parte qualche occhiata e qualche sorriso scambiato per mezzo ai corridoi non ero riuscita a fare di meglio, fino a quando lei, un giorno, non era venuta a chiedermi di uscire e io avevo accettato. Era durata poco, però. Cinque mesi e 8 giorni per la precisione. Diego ancora mi prendeva in giro per il mio aver portato il conto ma era la mia prima esperienza ed io ero stracotto.

«Ma si dai. Deve essere proprio eccitante continuare ad avere solo rapporti di occhiate. È per caso un tuo fetish?»

Gli lancia un'occhiataccia. Una di quelle che avrebbero potuto incenerirlo seduta stante come se al posto degli occhi avessi due spade laser.

«E allora? Che stai aspettando?»

Alzai le spalle, «Un miracolo divino, credo.»

Un' altra occhiata alla ragazza con il vestitino azzurro mi fece notare lo sguardo puntato addosso della più piccola. Gli occhi marroni che mi scrutavano con attenzione mentre se ne stava con le testolina poggiata sulla spalla della più grande. Lo sguardo vispo che sembrava quasi perforarmi il cranio.

Poi la bambina fa qualcosa che non mi aspettavo. Batte la sua manina contro la spalla rivestita di azzurro, una, due volte. Ma quella non sembrava darle credito. Ritenta di nuovo, e poi rapidamente le dice qualcosa, il dito indice a indicare nella mia direzione. Distolgo velocemente lo sguardo prima che possa notare che la stessi guardando.

Prendo profondi respiri, pregando di non aver appena fatto una colossale figura di merda.

Diego se la ride, partecipe di tutta la scena. Ed io, io vorrei solamente sprofondare.

Gli colpisco per scherzo una spalla invogliandolo a smettere di ridere.

«Eh si! Credo proprio che ti ecciti.»

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