Capitolo 5

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Il viaggio duró moltissimo e durante tutto quel tempo fu difficile trovare un modo per tenersi occupati.  Per lo più ascoltai la musica, lessi qualche libri e dormii.
Era tardo pomeriggio quando finalmente il pilota annunciò l'imminente arrivo all'aeroporto di Venezia. Raccolsi tutte le mie cose  e non appena aprirono i portelloni scesi dall'aereo. Il cuore mi batteva a mille e una scarica di adrenalina mi attraversò la schiena.  Ero in Italia e la mia nuova vita stava per iniziare.

Recuperai le mie cose e mi avviai verso l'uscita,  dove Joel mi aveva detto che ci sarebbe stata la padrona del locale dove avrei alloggiato.
Proprio all'inizio della sala d'aspetto c'era una signora sui sessanta, o forse più vecchia, che teneva in mano un cartello con su scritto "Jc Caylen ". Doveva essere lei. Mi affrettai a raggiungerla,  trascinandomi dietro le valigie.  Quando fui a poca distanza da lei, iniziai a testare il mio Italiano. 
"B-buongiorno" ballettai cercando di resettare il mio cervello per evitare di uscirmene con qualche frase in inglese.
"Oh buongiorno caro, tu devi essere jc?"
"Sì signora" gracchiai io. Come facevo a continuare a parlare in italiano se dopo due secondi ero già a corto di vocaboli? Per lo meno riuscivo a capirlo.
"Non ti preoccupare, non è così difficile. Vedrai che dopo qualche giorno il tuo italiano sarà perfetto!" Mi rassicurò lei intuendo i miei pensieri "Vieni, è meglio se ci mettiamo subito in macchina! Da qui a Padova non ci si mette tanto ma sono sicura che sei stanchissimo e che non vedi l'ora di sistemarti nella tua nuova casa."

La seguii verso l'auto ripetendomi mentalmente di ringraziarla, non appena mi fossi ricordato come si diceva. Caricammo le valigie nel bagagliaio e lei si mise alla guida.  Il viaggio fu breve se paragonato all'interminabile volo di qualche ora prima. Tra una frenata e l'altra, la signora Giordano (così disse di chiamarsi) fece in tempo a raccontarmi, a grandi linee,  la sua vita.
Mi parve una persona adorabile dal carattere conciliante e solare. Abitava in una casa poco fuori il centro città insieme al nipote. Il ragazzo aveva la mia età e si chiamava Alfio ma siccome, secondo il nipote, era il nome più brutto al mondo si faceva chiamare Alf.  I genitori di Alf lavoravano per un'azienda di vini che operava molto anche all'estero. Proprio per questo erano sempre via e per fare in modo che il figlio avesse una vita "normale" avevano deciso di affidarlo alla nonna.
"Frequenterete la stessa scuola quindi se hai bisogno di aiuto lui sarà disponibile. "Concluse sorridendo la signora Giordano.
Il resto del tragitto passò prevalentemente in silenzio,  tranne per qualche domanda sulla mia famiglia e sui miei studi.  Per fortuna non chiese niente riguardo ai motivi del mio trasferimento,  cosa che mi fece pensare che Joel avesse già detto qualcosa.
Arrivati in quella che sarebbe diventata la mia nuova abitazione aspettai che la signora Giordano mi desse istruzioni.  Lei dopo aver inserito le chiavi nella toppa e aver fatto scattare la serratura della porta mi fece segno di entrare.  La casa non era molto diversa dal modello americano anche se lo stile di arredamento era diverso. L'ingresso era lungo e stretto con degli specchi alle pareti e degli attaccapanni in stile modernista. Nella stanza attigua c'era il soggiorno, ampio e illuminato da un portafinestra che portava a una terrazza triangolare sommersa di piante. La cucina era abbastanza grande e ben organizzata, con un bancone in marmo bianco ed elettrodomestici in acciao splendente livello A+.
Lungo il corridoio che portava alla zona notte c'erano due camere (una per la signora Giordano e una per Alf) e due bagni.
Di fianco alla stanza di Alf c'era una scala che portava al piano inferiore.
"Questa conduce al garage di sotto che abbiamo trasformato in un piccolo locale con una camera e un bagno. C'è anche una porta indipendente per uscire. Ho lasciato le chiavi dentro un cassetto nel comodino." Mi spiegò la signora indicando la porta in fondo alle scale.
La ringraziai farfugliando qualche parola in inglese e qualche in italiano,  dopodiché presi le valigie  e iniziai a sistemarmi nella mia nuova stanza. Il locale era arredato in modo semplice ma molto carino. Svuotai la valigia nell'armadio a muro e tirai fuori la mia mini telecamera iniziando a riprendere un po' l'ambiente.
Dopo qualche minuto di riprese decisi di iniziare a provare ad attivare la connessione internet del mio telefono per contattare la mia famiglia. Mi buttai sul letto e iniziai ad armeggiare con le impostazioni.
"Se vuoi ti posso prestare il mio cellulare,  poi domani ti porto nel negozio di telefonia..." disse una voce, presumibilmente quella di Alf. Il ragazzo si era affacciato alla porta e mi stava guardando con curiosità.  Era un ragazzo abbastanza alto, magro e muscoloso. Aveva occhi marroni e capelli neri che gli ricadevano scompigliati sul volto simpatico.
Io lo osservai a mia volta corrugando la fronte, non avevo capito niente.
Lui intuendo le mie difficoltà ripeté tutto più lentamente.
"Ti posso prestare il mio" disse indicando il cellulare che tenevo in mano
Mi alzai dal letto e lo raggiunsi.
"Grazie mille. Piacere Jc" dissi io stringendogli la mano.
"Alf. Se vuoi la cena è pronta"
Salimmo le scale per avviarci in cucina.
"Domani ti porto in città a fare un giro.  Così ti ambienterai..."
Lo fissai confuso. Anche questa volta avevo afferrato sì o no due parole.
Alf scoppiò in una sonora risata.
"Non ti preoccupare ti spiegherò dopo" mi rassicurò sorridendo " Ho la sensazione che diventeremo grandi amici. Sei un tipo che mi piace!" Aggiunse poi tirandomi un pugno sulla spalla.
"Amici? Certo, mi piaci! " fu l'unica cosa che riuscii a dire io in risposta.
Però lo pensavo davvero.  Alf aveva era il tipo di ragazzo con cui,  se solo non avessi avuto qualche problema con la lingua,  non avrei esitato a fare conoscienza.

SPAZIO AUTRICE ↓
Ecco un nuovo capitolo! Allego un video di Connor, se volete sapere di più su di lui seguitelo anche su
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