capitolo uno

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Mi metto due dita in gola e faccio un respiro profondo, nella speranza che vomitando riesca a rimediare all'abbuffata di poco fa. Finisce sempre così.
Mi sento sporca.
Mi sento sbagliata.
Cosa c'è in me che non funziona?
Un conato mi travolge, mentre rigetto il pasto precendente all'interno del WC.

Tiro lo sciacquone.
Mi lavo i denti. Odio il gusto che il vomito lascia in bocca.
Mi sciacquo il viso, ritocco il mio mascara e forzo un sorriso.
Alle volte si prova talmente tanto dolore, che esprimerlo rischia di farci esplodere.

Sblocco la serratura del bagno e mi dirigo in camera mia, dove inizio a studiare freneticamente.
Lo studio è l'unica cosa che mi mantiene occupata. È l'unica cosa che blocca il mio continuo flusso di pensieri. Un libro dopo l’altro i miei pensieri si riordinano, sparendo prima in parte poi completamente per via delle nozioni alla ricerca di più spazio nella mia mente.

Verso le 4:30 pm la schermata del mio cellulare si illumina.
L'accensione del dispositivo è seguita da più vibrazioni, indicatori del fatto che qualcuno mi aveva scritto.

Sicuramente è Sam, la mia unica amica se così si può definire.
È l'unica che mi scrive, per quanto raramente.

Sam è l'unica che mi sta accanto, ma nonostante ciò ci sono dei lati del suo carattere che veramente non sopporto. Molto spesso mi scrive solo per i compiti, altre volte per consigli che non ascolterà mai. Con lei le conversazioni sono unilaterali.
Lei è tutto e io niente.
Lei ama apparire e non sa essere.
Io odio apparire, e vorrei non essere.

Leggo l'icona sul cellulare.
-Ei Vic, come va? Hai svolto gli esercizi di matematica?

Ovviamente.
Come pensavo.

-Ei Sam, certo, hai per caso bisogno di aiuto? se vuoi possiamo vederci domani pomeriggio, dopo scuola per farli assieme..

-Vic non posso proprio... domani esco con Tom, te ne avevo parlato ricordi?

Tom era colui che mi aveva rovinato l'anno precedente, per tutto ciò che riguarda la scuola. Non so perché, ma questo emerito stronzo, con tutte le persone presenti nella scuola, aveva deciso di prendersela con me.
Me ne combinava di tutti i tipi.
Dal buttarmi i libri a terra, giù dall'armadietto, al raccontare cazzate sul mio conto e sulla mia famiglia.

Loro non sanno nulla ma si permettono di giudicare.

-Pensavo che avessi deciso di lasciare stare. Ti ho sempre parlato di cosa mi fa passare.

-Si lo so, ma a me non ha mai fatto nulla. Non mi ha mai infastidita.  E poi è ambito da tutte. Quella troia di Collins ci starà malissimo quando vedrà che lui ha scelto me

Ah.
Colpo basso.
Lascio il messaggio visualizzato.
Non ho voglia di risponderle.
Mi sento così delusa; non ho mai chiesto molto, solo che mi venga portato rispetto, cosa che proprio in questo momento mi ha dimostrato di non saper portare.

L'unica cosa che mi manda avanti in questi giorni è l'imminente arrivo dell'australiano Jeremiah.
Certo che è uno sciocco se tra tutte le città della Carolina del nord, ha scelto di venire proprio a Wrightsville Beach, una cittadina abitata da persone con  mentalità ristretta e la cordialità di un colonizzatore settecentesco.
Una lunga strada inutile.

Una voce interrompe i miei pensieri, e pure il mio studio, che riprenderò con buone probabilità questa notte.

-Vic! Sono a casa!-
È mia madre. Non sopporto il modo in cui si pone gentilmente nei saluti, dato che nel resto della giornata è la persona più irrequieta e instabile che conosca.

Da quando papà se ne è andato 3 anni fa con una donna molto più giovane, lei non ci ha più visto.

"È solo colpa tua" o "Prima o poi me ne andrò anch'io se continuiamo così" sono alcune di quelle frasi che mi sento ripetere da troppo tempo oramai.

Un giorno senza preavviso le offese sono diventate insulti, e gli insulti si sono lentamente trasformati in violenza fisica.

I lividi svaniscono, il dolore delle percosse pure. Ciò che ci entra dentro come una freccia infuocata invece resta fisso dentro di noi, fino a quando le fiamme iniziano ad ardere il cuore.

Sono del pensiero che non tutti siano in grado di crescere un figlio, soprattutto se questi ultimi sono i primi a dover crescere.

Non le rispondo, in silenzio imbocco le scale che portano al piano inferiore. Prima però lancio un'occhiata alla stanza che ospiterà l'australiano.

Il letto è ben fatto e ordinato. Lenzuola azzurre tinta unita, cuscino blu scuro.
Dietro la testata del letto c'è un pannello in simil-sughero, per appendere le foto.
Pure io ne possiedo uno, in cui ci sono le foto di quei lontani momenti sereni, con la mamma e il papà innamorati, io sorridente, Sam realmente interessata a me, e io in buona pace con me stessa.

Momenti lontani che purtroppo non tornerò a vivere.

Scendo al piano di sotto e mi accorgo che mia madre sta sistemando il suo giubbetto in denim, sull'appendi abiti

-Hai pranzato oggi?- mi chiede lei.
Certo, come se ti importasse.

-Si- rispondo conclusiva.
Lo fa per rapportarsi con me, lo so.

Nonostante apprezzi quel piccolo sforzo che fa per rendersi partecipe della mia vita, non posso dimenticare il male che mi fa ogni volta, durante i suoi crolli emotivi.

Secondo me mia madre è una bambina, e come essa, è sempre in competizione con me; allo stesso modo proprio come una bambina,  vuole assicurarsi di non essere mai sola.

-Sono emozionata per l'arrivo di quel australiano... com'è che si chiama..?-

-Jeremiah-

-Ecco lui. Beh, il suo arrivo certamente sarà positivo per te. Finalmente farai amicizia con qualcuno!-

Ed eccola quí che ricomincia.
Cosa pensa di sapere di me?
Lei pensa che la mia vita sia perfetta, con voti perfetti, una migliore amica, una grande casa e una madre come lei sempre al mio fianco. Lei mi vede esattamente come mi vedono gli sconosciuti della mia scuola, gli insegnanti e gli studenti.

Nessuno sa dei mostri nella mia testa, che tormentano e controllano ogni mio movimento.

-Lo spero anch'io mamma. Ora io termino di studiare. Chiamami quando è l'ora di cena.- rispondo in modo freddo.

L'essere distaccata è l'unica cosa che mi ha salvata e tutt'ora mi salva.

Chi ama soffre.
Chi odia soffre.
Chi vive soffre.

Se si vive si prova, nel bene o nel male, anche la più minima e nascondibile emozione.

Io ho imparato a chiudere ermeticamente ogni possibile passaggio e scambio con l'ambiente esterno.

Perché chi non vive non soffre.

ANGOLO SCRITTRICE!🌺🩷
CIAO A TUTTI/E! COME STATE?
SPERO CHE QUESTO PRIMO CAPITOLO RIESCA A COINVOLGERVI ED INVOGLIARVI A CONTINUARE LA STORIA.
PREPARATEVI PERCHÉ A BREVE, FARÀ IN SUO INGRESSO NELLA STORIA IL NOSTRO BIONDINO PREFERITO
LASCIATE UNA STELLINA SE VI È PIACIUTO IL PRIMO CAPITOLO DELLA STORIA⭐⭐

𝑨𝒑𝒂𝒕𝒊𝒂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora