capitolo due

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La lancetta dell'orologio scandisce i secondi.
Quegli interminabili secondi che mi sembrano dalla libertà.

Non fraintendetemi, amo la scuola, o meglio amo apprendere.
Ciò che odio è il contesto scolastico, i compagni e il dovermi alzare presto il mattino.

Ogni giorno aprire gli occhi è un'impresa soprattutto perché sono consapevole di non vivere a pieno le giornate. Non ho nessun vero motivo per alzarmi.

"Prima o poi tutto finisce" questo è il pensiero che da troppo tempo mi spinge ad andare avanti.

-Signorina Mastrict, trova la mia lezione così noiosa? O al contrario ritiene che fissare la parete al posto di prendere appunti sulla mia materia sia più divertente?-

La classe scoppia a ridere, mentre io arrossisco violentemente. Non sopporto essere al centro dell'attenzione, soprattutto se è a causa di un rimprovero.

-Mi scusi professore, sarò più attenta- mi affretto a rimediare nella speranza che non mi chieda di trattenermi dopo le lezioni.

Due ore di storia sono già abbastanza pesanti, senza la necessità di aggiungere un'ulteriore mezz'ora di rimprovero...inoltre stasera arriva l'australiano e penso che non sia bello presentarmi come la cattiva ragazza che non ascolta le lezioni. Conoscendo mia madre sarebbe una delle prime cose che gli farebbe notare.

La campanella risuona nel silenzio dei corridoi, rimbombando fin dentro le aule scolastiche, dove gli studenti soddisfatti prendono i loro libri e si dirigono all'uscita della classe.

Così faccio pure io, o meglio provo a farlo finché la voce di Killins richiama la mia attenzione, richiedendomi di tornare in classe.

-Ti ho notata disattenta durante la mia lezione.-
Perché mi dà del tu? Da quando lo fa?

-Lo so professore mi scusi ero assorta nei pensieri...-

-Non ti scusare, volevo chiederti se c'era qualcosa che ti turba. Nell'ultimo periodo mi è capitato più volte di riprenderti o sbaglio? Sappi che se hai bisogno di parlare con qualcuno, io ci sono-
Credo di aver alzato involontariamente il sopracciglio destro.

Mi fa piacere che si interessi al mio benessere, ma mi sembra un po' troppo interessato per essere un insegnante.

Penso che Killins abbia visto quel velo di dubbio nel mio sguardo e subito dopo, un po' imbarazzato continua, "mettendo le cose in chiaro".

-Sono un tuo insegnante e come è giusto che sia voglio che i miei studenti siano sereni-

Dicendo ciò mi rivolge un mezzo sorriso, uno di quei sorrisi che le mie compagne della classe di storia definirebbero seducente.

Killins mi consente di andare, e nel minor tempo possibile mi dileguo.

Arrivo a casa con un leggero fiatone, non sono mai stata particolarmente dotata nelle attività fisiche e nell'ultimo periodo pure le semplici camminate, se solo un po' più lunghe sono cause di stenti.

Entro in camera e getto il mio zaino nero e ormai usurato accanto alla scrivania.

Non ho voglia di studiare.
Non oggi.
Ci sono troppe cose da fare.

Mi dirigo in bagno per farmi una bella doccia bollente.

Entro nella doccia e dopo aver azionato il getto dell'acqua al massimo prendo la spugna verde scuro e inizio a sfregarla contro la mia pelle insaponandola con un bagnoschiuma al cocco.
Il mio preferito.

Solo in questo momento noto che finalmente sto dimagrendo.

Certo, non sono al livello delle modelle dell'alta moda, ma nonostante ciò le mie clavicole sono più evidenti, la mascella più definita e le cosce non si toccano più anche se per poco.

Mi vesto in modo semplice. Voglio fare una bella impressione sul nuovo arrivato. Bene o male starà con noi un anno e non voglio di certo problemi.
Non altri.

Mi metto un top a canottiera grigio, dei pantaloncini estivi in denim strappati sui bordi e indosso le mie solite sneakers bianche.

Dò una pettinata veloce ai miei capelli e gli fisso con un po' di lacca, giusto per mantenerne la forma.

In quel momento il mio sguardo cade sulla mia trousse dei trucchi.

È almeno un anno che non la prendo in mano. Con tutto quello che passo l'ultimo dei miei pensieri era il male up, ma perché no? Solo per oggi potrei darmela una sistematina.

Prendo in mano il mio mascara nero, che sulle mie ciglia bionde dà quel tocco di più allo sguardo, enfatizzando il verde, un tempo acceso, delle mie iridi.

Copro le occhiaie che solcano il mio viso con del correttore e metto del blush sulle guance per sembrare un po' meno distrutta.

Sono pronta.

Sono in auto con mia madre, dirette all'aereoporto.
Mi sono seduta nei sedili posteriori per evitare di "escludere" il nuovo arrivato da questo apparente bel quadretto madre-figlia.

Dopo qualche minuto che passa silenzioso in cui l'auto resta ferma nel piazzale davanti all'aeroporto qualcosa sembra cambiare.
Ad un certo punto la folla di fronte all'aereoporto aumenta. È evidente che un aereo sia appena arrivato.

Provo a cercarlo tra la folla. Non lo vedo.

E se avesse deciso all'ultimo di non partire?

Certo, se lo avesse deciso all'ultimo non ci sarebbe ancora stata comunicata la notizia, quindi tutto ciò è molto più che possibile.

Il tempo di sbattere le ciglia e lo vedo tra la folla e devo ammettere che, per via della sua bellezze, spicca tra le persone presenti nella folla.

Ha il volto luminoso incorniciato capelli biondo scuro.

Un ricciolo gli ricade sul volto, all'altezza dell'occhio sinistro e lui lo sposta in modo detestabilmente attraente.

Si avvicina non troppo velocemente soprattutto a causa della folla che non dà segni di scorrimento.

-Alzati e scendi dall'auto. Devi salutare il nostro ospite per renderlo a proprio agio-  dice in tono autoritario mia madre.

Non sto a ribattere anche perché so che sarebbero parole buttate al vento.

Scendo dall'auto nella speranza di non aver sbavato il mascara sembrando l'imitazione mal riuscita di un povero panda.

L'australiano arriva e si ferma a un metro da me. Posa quella che sembra una pesantissima valigia e mi stringe la mano in maniera decisa.

-Piacere Jeremiah-
Sorride con gli occhi e solo ora noto il colore meraviglioso di cui si compongono.

Un azzurro chiarissimo ma allo stesso tempo intenso, simile al mare nelle zone in cui le navi non hanno accesso.
Sono azzurri come il cielo in una giornata estiva in cui non c'è nemmeno l'ombra di una nuvola all'orizzonte.

Mi rendo conto di non aver smesso di stringergli la mano e tantomeno di non essermi presentata.

-oh scusa, piacere io sono Vic-

In risposta ricevo un sorriso sincero.

Credo mi piacerà questo ragazzo.
Ha gli occhi buoni, ed essendo gli occhi specchio dell'anima, credo che abbia anche un animo buono.
Cosa ormai più unica che rara.

ANGOLO AUTRICE!🩷🌺
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