capitolo tre

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"Dici di amare la pioggia,
ma apri l'ombrello.
Dici di amare il sole, ma vai nell'unico posto all'ombra.
Dici di amare il vento, ma chiudi la finestra quando si muove a causa sua.È questo di cui ho paura,quando dici di amarmi."

Shakespeare aveva ragione.

Amo questa sua citazione dal giorno in cui ho iniziato a specchiarmici, ossia il giorno in cui mio padre mi ha lasciata sola.

Avevo sempre avuto un bel rapporto con lui.
Eravamo sempre stati tanto simili, tanto affiatati.

Da quando se n'è andato non mi vuole più nella sua vita e fa di tutto per raggirare i suoi doveri di padre nei miei confronti.

A natale dell'anno scorso avrei avuto piacere di incontrarlo. Fargli gli auguri di persona. Dargli il mio regalo e magari anche ricevere un ipotetico suo regalo.

Inutile dire che l'ho chiamato più e più volte senza risposta e non ha risposto a nessuno dei miei miei messaggi.

A capodanno gli ho chiesto se potevamo vederci, e festeggiare insieme, ma mi ha espressamente detto che non mi vuole nella sua vita.
Che appartengo al passato.
Che vuole lasciarsi indietro tutto, me compresa.

Lo sogno spesso ad essere sincera.
Sogno che torni da me e dalla mamma.
Sogno che dica che mi vuole ancora come figlia, che ha sbagliato e che non pensava ciò che diceva.

Non succederà mai. Lo so.

Mi stropiccio gli occhi e decido di dovermi alzare dal letto.
Sì, è sabato e non c'è scuola, ma penso che sarebbe carino da parte mia fare conoscere il posto all'australiano.

Indosso ho solo i miei pantaloni del pigiama, un po' larghi ma comodi, e una canotta aderente nera.

Mi dirigo ciondolante ancora mezza addormentata in bagno.

Lavo i denti mentre mi specchio cercando di capire se sia il caso di tornare a dormire.

Vengo colta alla sprovvista quando vedo alla porta l'australiano che mi guarda con un mezzo sorriso innocente.

Sobbalzo leggermente.
L'abitudine.

-oh scusa non volevo spaventarti-
Indossa una tuta grigia e una maglietta del medesimo colore, a maniche corte aderente.

-lo so-
Rispondo tranquillamente.

Jeremiah e inizia a lavarsi i denti affianco a me.

-jeremiah?-
-dimmi tutto-
-ti va se oggi ti facessi fare un giro del posto?-

Questa evidentemente non se la aspettava. Vedo un sorriso che cerca di essere trattenuto fare capolino sul suo viso angelico.

-volentieri, ma solo se non arreco disturbo-
-perfetto- mi sciacquo la bocca col colluttorio e faccio per andarmene.

Mi si avvicina.
Nel silenzio più assoluto, spezzato solo dal canto degli uccelli proveniente dal giardino, con una mano mi prende il meno e con il pollice mi pulisce da del dentifricio, in un punto vicino al labbro inferiore.

Credo che la mia faccia sia diventata di una tonalità mista tra il porpora e il rosso acceso.

-scusa, avevi un po' di dentifricio-
Si stacca da me e torna a lavarsi come se niente fosse.
Come se non avessi perso tre battiti.

Mi devo preparare.
Decido di puntare sul classico e urto per un jeans chiaro a vita bassa leggermente largo, delle sneakers di vecchia data bianche un po' usurate e un top nero a maniche lunghe.
Per il make up urto per quello della giornata precedente.

Devo dire che non mi curavo così tanto da troppo tempo. E ammetto che mi piace prendermi cura di me.

Scendo al piano di sotto e prendo le chiavi dell'automobile, una decappottabile rossa.

Un'altra cosa che chiunque definirebbe come l'ennesimo vizio di una buona famiglia alla bimba di casa.

Nulla di più sbagliato.

Quell'auto è la macchina che mio padre comprò a mia madre il giorno del loro decimo anniversario di matrimonio. Da quando lui se ne è andato lei non ha più voluto guidarla.

Jeremiah arriva salterellando dalle scale. Sembra un bambino felice.

Quando faccio uscire la decappottabile dal garage lui ne resta estasiato. Sembra la prima volta in cui vede un'auto.

-Vuoi guidare te al ritorno?- propongo

-Sai, ti farei guidare anche ora ma non sai le strade da percorrere-

Cosa c'è di male? Quell'auto è stata abbandonata a sé stessa per tanto tempo. Sarebbe bello se qualcuno se la potesse godere.

-Sarebbe veramente un sogno. È bellissima. È di tua madre?-

Tasto dolente.

-più o meno. Era un regalo di mio padre per mia madre per il loro anniversario-
A ripensarci molto probabilmente era un piccolo stratagemma escogitato da mio padre per e farsi perdonare dopo essere stato colto in fragrante mentre faceva la corte alla sua assistente.

-La guido io di solito-
Credo di aver risposto in modo troppo brusco. Troppo serio.
L'ha notato. Il suo sguardo esprime comprensione e chiede perdono per aver toccato un punto debole.

Non fa altre domande e gliene sono grata.
Una parte di me vorrebbe raccontare tutto a tutti, vorrebbe urlare al mondo tutta la mia storia in modo da essere compresa e se non supportata semplicemente accettata. Invece mi trovo in silenzio, sull'orlo del precipizio mentre provo a non fare trasparire nulla, nemmeno una goccia della mia tempesta interiore.

ANGOLO SCRITTRICE🩷🌺
CIAO A TUTTI/E!!
COME STATE?
VOLEVO CHIEDERVI COME TROVATE LA STORIA ORA COME ORA.
QUESTO CAPITOLO È UN PO' PIÙ CORTO DEI DUE PRECEDENTI...
LASCIATE UNA STELLINA SE VI È PIACIUTO QUESTO CAPITOLO⭐


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