Parte Seconda

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Una mano chiuse il sacco nero che conteneva Fornari. Anche il secondo "Signor Fiera" ci aveva detto "ciao ciao" e tutti si era da capo a dodici. Il commissario di Carpaccio aveva sprangato le porte della stazione di polizia onde evitare le solite curiosità e morbosità paesane con la loro invadente e chiacchierona presenza. Il dottor Pino Benvenuti fissò un'autopsia anche per il clown assassino numero due, in modo da capire cosa spingesse questa gente a fare quello che faceva.

"Me date 'na mano, perdìo?" ordinò il commissario a due agenti.

Il capo sbirro cercava disperatamente l'agente Franco Brega, ignorando che s'era cagato addosso e che era dovuto correre in ospedale per rimettersi a posto il braccio.

"Non c'è da nessuna parte, commissà." gli disse uno dei due poliziotti.

"Cercate all'ospedale vecchio. Magari quer fregnone ha fatto il cowboy come al solito e s'è fatto male!"

Effettivamente Brega non era nuovo a gesti eclatanti e mazzate clamorose. Il commissario non lo aveva ancora preso a pedate perché era cugino di uno degli assessori di maggioranza al Comune, ma di certo non rimaneva impassibile alle idiozie da finto supereroe che gli aveva visto fare in appena tre anni che aveva preso servizio.

"Chiamate l'impresa de pulizie pè levà de mezzo 'sto schifo, la cella pare un maxi assorbente!" ordinò ancora il commissario, accendendosi un sigaro alla vaniglia regalo dell'assessore che gli aveva chiesto di mettere una buona parola per Brega.

"Chiamamo pure i detective de Guadovecchio?" gli domandò un altro poliziotto. Il commissario annuì.

Un poliziotto arrivò di corsa come un maratoneta e per poco non inciampava nel "body bag" in cui c'era Fornari/Signor Fiera Due. Cercando di contenere l'affanno, l'agente disse al commissario che Brega era all'ospedale vecchio, ricoverato in ortopedia.

Vitaccia era da solo, a Roma. Aloisi stranamente non era con lui. Il detective affrontò la giungla di lamiere e marmitte del GRA ed arrivò alla clinica Villa Blu. L'ex carabiniere moriva dalla voglia di fare interrogatori a tappeto, anche ai pazienti appena operati se necessario. Due clown assassini e due persone che avevano avuto a che fare, in modi diversi, con quella clinica. Poteva essere una coincidenza, ma anche no; meglio era accertarsene definitivamente onde evitare un terzo "Signor Fiera" senza cervello e mortalmente pericoloso. Il Gogolak gli pizzicava come una sutura chirurgica in fase di guarigione e non poteva lasciarlo prudere senza fare qualcosa.

Arrivato davanti alla porta d'ingresso della clinica, Vitaccia vide che un portantino era truccato da clown ed aveva la maglietta sporca di sangue. Angosciato, il detective entrò come un ariete.

"Buongiorno, desidera?" gli chiese alla reception la ragazza con cui Vitaccia aveva slinguazzato in un sogno. Anche lei truccata da clown. Anche lei con i vestiti sporchi di sangue. Vitaccia sbiancò e si voltò. Di fronte a lui il consueto viavai di medici, infermieri e pazienti che c'è in una qualsiasi struttura ospedaliera, solo che tutti erano truccati da clown e tutti erano sporchi di sangue. Nonostante ciò, non lo aggredirono ed anzi alcuni lo salutarono con un'agghiacciante e grottesca cordialità. Vitaccia pensava di aver ingerito droga senza accorgersene. Gli arrivò una pacca sulla spalla, Vitaccia si voltò e dietro di lui, una ragazza, sempre truccata da clown e sporca di sangue, gli disse "effeppiccì". Da un altoparlante, il detective udì chiamare a gran voce il suo nome.

"VITACCIA!" diceva.

Vitaccia ebbe come un malore, in realtà stava solo abbandonando il sogno per tornare nel mondo reale. Aprì gli occhi, davanti a lui Aloisi che lo chiamava, ecco chi era all'altoparlante.

Signor FieraWhere stories live. Discover now