3 - Nadia è ancora più nei guai

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Nessuno fece caso al fatto che Nadia indossasse un collare da cane. Vestiva sempre di nero con particolari gothic o fetish e quindi quel dettaglio non spiccava particolarmente. A dire il vero nessuno faceva caso a lei, in generale. 

Invece lei di quel collare ne era molto orgogliosa. Aveva rimosso ovviamente la catena e l'aveva trasformato in un ornamento molto aggressivo. Era appartenuto ad un cane morto e per lei quello era un particolare molto eccitante. Non si stupì nemmeno del fatto che le andasse bene. Era magra, magrissima, mentre il collare era stato pensato per una bestia dal collo enorme. Sembrava una cosa prodigiosa e forse lo era ma Nadia pensò semplicemente che si trattasse del compiersi di un macabro destino. 

Decise quindi di verificare queste sue convinzioni in un modo tutto suo...

Quella mattina si procurò il corpo di un coniglio comprandolo direttamente al macello comunale.  Compì quindi una specie di rituale usando le interiora dell'animale e gli occhi. Era uno strano procedimento in parte inventato di sana pianta in parte ispirato da alcune macabre letture con cui Nadia era solita intrattenersi. Con questo elaborato e disgustoso procedimento che non starò qui a descrivere, consultò le "tenebre" per interrogarle sul senso di ciò che stava accadendo. Ebbe così conferma, secondo la sua interpretazione, che il collare aveva uno scopo. Era un sigillo. Un simbolo sacro del suo legame con le forze oscure e quindi le apparteneva di diritto. 

Si sbagliava di grosso, ovviamente, e lo avrebbe scoperto di lì a poco.

Compiuta questa operazione si affrettò a ripulire il bagno dal sangue e dai vari residui del rituale divinatorio. Nadia era molto precisa in fatto di faccende domestiche. Indossava lunghi guanti di gomma e sfregava ogni superficie usando detergenti molto efficaci. Non smetteva fino a che, osservando il suo lavoro da pochissimi centimetri con i suoi spessi occhiali, non era soddisfatta. In ogni caso si dovette affrettare quel giorno. Era venerdì e quella sera avrebbe dovuto lavorare.

Il lavoro di Nadia era monotono e deprimente ma lei lo adorava. Se ne stava in un chiosco minuscolo aperto praticamente 24 ore su 24. Era, posizionato presso un incrocio tra due vialoni enormi vicino alla zona fiera della città. Vendeva un po' di tutto ma fondamentalmente i clienti compravano sigarette, profilattici, gomme da masticare e riviste porno. Loro appoggiavano le banconote sul ripiano dello sportello e lei passava la merce e gli spiccioli di resto infilando le mani sottili tra le sbarre d'acciaio anti-rapina. Malgrado fosse un lavoro che, almeno in teoria, prevedeva una certa interazione con la clientela, in realtà non doveva quasi mai parlare con nessuno. I clienti arrivavano e, senza salutare, le dicevano quello che volevano acquistare oppure indicavano il prodotto sulla vetrina. Difficilmente qualcuno chiedeva il prezzo di qualcosa. Di solito si limitavano ad anticipare banconote e lei, semplicemente, consegnava la merce e il resto. Qualcuno, molto raramente, provava ad intavolare qualche minuscola conversazione ma Nadia rispondeva a monosillabi, con la sua voce nasale e spenta e questo li dissuadeva dal proseguire.

Non aveva turni fissi ma lavorava quasi sempre di notte. Di solito sostituiva il titolare o la moglie o altri che, per qualsiasi ragione, dovevano assentarsi. Non c'erano mai troppi clienti e capitava che per mezz'ora o un'ora non ci fosse proprio niente da fare. Qualche volta Nadia leggeva un libro ma il più delle volte se ne stava a fissare il vuoto. Le piaceva da matti. Era il lavoro della sua vita.

Quel giorno, quel venerdì, iniziò a lavorare alle sette di sera e il titolare arrivò a darle il cambio alle 3 del mattino successive. Si salutarono con un cenno del capo.  Faceva un freddo tremendo, insolito per quella stagione. Nadia era rimasta con addosso il cappotto tutto il tempo anche nel chiosco. Soffrì il freddo, tremando fino a casa. 

Si trattava della stessa notte. La stessa precisa notte del terribile incubo vissuto da Jodie a casa sua.

Nadia non poteva immaginare cosa stesse passando l'amica. Lei invece, quella notte, per il momento, era di buon umore. Si erano sentite con Jodie giusto quella mattina. Le aveva detto che sarebbe andata a ballare con amici della compagnia quel sabato sera e si erano date appuntamento al "Voltage" verso le undici. 

Storia di due stronzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora