2. The illusion is reality

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"You didn't break me

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"You didn't break me.
You built me.
All you did was make me ruthless"
✧๑♡๑✧

13 anni prima...

«Non l'ho ucciso io, vi prego, CREDETEMI! Era già lì quando ho aperto la porta! Sono una brava persona, non farei del male a nessuno, tanto meno a un innocente! Vi prego...» Le lacrime calde scendevano veloci lungo le mie guance rosate, tracciando sentieri umidi sul viso.

Ogni goccia sembrava pesare più della precedente.
I miei occhi, gonfi e arrossati, erano immersi in un mare di lacrime gelide, la cui essenza sembrava congelare ogni pensiero.

Sentivo il peso del mondo sulle spalle, un corpo oppresso dalla gravità del dolore, mentre la mente oscillava tra ricordi e angosce in una danza inesorabile.
Era come se avessi abbandonato il mio corpo, lasciandolo adagiato sul pavimento, mentre le ginocchia si schiantavano violentemente contro il marmo ghiacciato.

Il tonfo sordo riempì la stanza, rimbombando nel silenzio e intensificando il dolore che si sprigionava nelle ossa.

Nonostante il dolore acuto che minacciava di sopraffarmi, trattenni il grido, mantenendo sul viso un'espressione distrutta, malinconica e impassibile. I miei occhi si fissarono sul riflesso nello specchio di fronte a me, mentre le iridi chiare mi restituivano uno sguardo fiero.

Mi osservai con uno sguardo autocritica. Vidi i miei lineamenti, ormai marcati dalla fatica e dalla sofferenza, e la linea di espressione che si formava sulla fronte ogni volta che la increspavo.

Le guance, solcate da lacrime asciugate in fretta, e le mani tremanti, poggiate sulle cosce snelle e esauste, raccontavano una storia di sforzo e disillusione.

Ancora inginocchiata di fronte allo specchio, raccolsi una lacrima con il polpastrello dell'indice e me la portai alle labbra rosate e carnose.
La sensazione era inaspettatamente dolce, una dolcezza pura, priva di ogni nota salata, amara o sgradevole.

Era il risultato di un lavoro impeccabile, una dimostrazione silenziosa della mia abilità nel mascherare il dolore e la debolezza.

Il suono di un applauso colmò il silenzio che si era creato attorno alla mia aura, costringendomi a portare l'attenzione su una figura ben precisa della stanza.
«Ero abbastanza credibile?» domandai con la mia voce sottile, mentre i miei occhi tornavano ad assumere un colorito normale.

Udii il suono delle décolleté avanzare verso la mia direzione. Il mio sguardo rimase incollato sulla punta delle mie scarpe da ginnastica anche quando nel mio raggio visivo entrarono le decolleté rosso fiammante, e osai alzarlo solo quando avvertii le sue dita sfiorarmi il mento. «Abbastanza credibile?» ripeté mia madre, la sua voce carica di un disappunto tagliente.

I suoi occhi di ghiaccio fissavano i miei, penetranti e severi. «Non sei ancora pronta» disse, il tono privo di qualsiasi traccia di tenerezza.

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