Strano vedere Parcival seduto a tavola su un trono, soprattutto perché non è un tavolo comune. Era la tavola rotonda e quello dovrebbe essere il posto di Re Arthur... Scusatemi, non so se si fosse notato ma ho un particolare interesse per il ciclo arturiano.
-Summer, mi hai fatto male!- disse Parc non appena mi vide, incrociando le braccia e mettendo su un bellissimo broncio, sporgendo leggermente il labbro inferiore e girando la testa a quella che era la mia destra e chiudendo gli occhi.
-Invece di stare lì seduto vieni ad aiutarmi con la ragazza, pendejo - Disse il ragazzo che aveva per poco rotto la porta prima riferendosi a Becca
-Sì, scusami Antinanco, arrivo- e corse verso Becca e la prese tra le sue braccia. A volte mi chiedo perché non stiano assieme quei due. Sono bellissimi assieme, condividono molto, ridono assieme. Lui la protegge sempre nei momenti in cui è in difficoltà.
C'è stata una volta in cui stavamo tutti e quattro nel retro della casa di Parc. Era estate e avevamo passavamo praticamente tutto il giorno lì dato che aveva una piscina e casa libera. Durante il pomeriggio Becca voleva fare l'ultima gara della giornata e Parcival accettò. Dopo la gara lui decise di uscire a bere un goccio d'acqua e Becca era rimasta in acqua. Jack mi stava aiutando a mettere la protezione solare sulla schiena quando Becca iniziò ad affogare. Parc era ancora dentro, io e Jack eravamo paralizzati, non riuscivamo neanche ad urlare tanto meno a parlare. Parcy si materializzò davanti a noi in un lampo, come non lo so, ma fatto è che dal secondo piano della casa era già a tuffarsi per salvarla... O meglio, lo so. Quel pazzo si è buttato dalla finestra, materializzandosi davanti a noi, prese Becca e la portò in superficie. La rianimò e poi quando lei si riprese si misero a dormire, Becca sul petto di Parc, quando lei tremo per il freddo lui la abbraccio e le mise una coperta sopra. E sembravano felici. Quando ripenso a quel giorno vorrei che al posto di Becca ci fossi stata io sul suo petto a dormire... Sì, avete ragione. le vostre supposizioni sono giuste. Io lo amo, ma tanto, ma tanto. Vorrei che mi guardasse con la stessa passione con cui guarda alla Luna. Vorrei che mi ascoltasse con la stessa attenzione con cui ascolta Tupac. Vorrei che capisse i miei segnali come capisce i casi incompiuti. Vorrei che...
Mi diede un bacio sulla guancia.
-Ti amo - disse sottovoce alle mie orecchie, ma probabilmente è stato il vento e mi stavo immaginando il tutto. Stava andando spedito verso la tavola e vi appoggiò Rebecca. Era serio, nessuna emozione faceva trapelare dal suo volto. Stava guardando Becca, le stringeva la mano.
-Sedetevi tutti- disse con una voce autoritaria. Oh-oh, non buono. Non usa praticamente mai quel tono e quando lo usa si deve obbedire al più presto sennò...
-Ho detto, sedetevi tutti. Non avete sentito schelemiatici?- Sbraitò lui. La pazienza non esisteva più. Guardai Jack, solo lui poteva capire cosa mi stava passando per la testa. Non chiamava quasi mai nessuno schelemiatici e non ne sappiamo il significato neanche noi. Sappiamo solo che nessuno deve fare un passo falso, gli ordini devono essere eseguiti. Il minimo errore e sei morto, per così dire. È Angelo che parla, se disubbidisci lui ti guarda negli occhi, ti risucchia via quasi tutta la vita che hai e non è un esperienza piacevole. Lo so perché l'ultima volta ho disubbidito io. Me lo ricordo come se fosse stato ieri, anche se ieri non è stato, saran passati due o tre anni. I suoi occhi diventarono rosso sangue. le pupille erano solo uno spillo in un mare di sangue e vidi il mio peggior incubo: Morire per mano del mio amato. Me lo fece vedere un milione e passa di volte, poi si fermò e venne a consolarmi. Non so cosa sia successo nel frattempo, fatto sta che ritornò il Parcival di prima . Il freddo ripercorse il mio corpo al ricordo di quello che avevo vissuto.
-Shh Parcival. Sto bene, sono solo stanca. Al riposo soldato - disse Rebecca con un filo di voce accarezzandogli la guancia delicatamente.
-Scusate ragazzi, mi dispiace tanto. Non... non volevo urlare.- Disse Parc. Non sono molte le occasioni in cui Parcival chiede il perdono, anzi, sono praticamente zero da quando lo conosco, in quanto lui non commette mai errori eppure qualcosa era cambiato in lui, lo sento. Jack nel frattempo si era messo di fianco a me e mi teneva la mano stretta alla sua. Lo guardai. Mai avevo studiato il suo volto, ed era anche lui perfetto. Arrivò infine Il preside tutto ansimante e sudante. Veramente scendere le scale era così faticoso?
-Benvenuti nella...- iniziò a dire
-Bat-cavern...- iniziarono a dire Parcival, Gwen, la ragazza dagli occhi color muschio, Liv e Aren quando il preside scosse la testa
-Ma come non è la Bat-caverna questa? E se non è la Bat-caverna cos'è questo posto?- chiese Gwen.
-È il Rifugio. È simile al Valhalla, ma su Midgard ed è a prova di bomba nucleare. Siamo a circa 100 metri sotto la superfice terrestre. Questo posto è stato costruito da Efesto e Dedalo in persona. Venite che facciamo un rapido tour.- E iniziò a camminare verso sinistra, nella direzione di una porta con sopra disegnato Δ-H... guardandomi intorno, tutte le porte avevano quei simboli
-Sono il delta di Dedalo e la eta di Efesto. Come mai sembri così sorpresa? Non hai mai fatto lezione di greco?- Mi disse la ragazza con l'arco lungo porgendomi la mano. - Piacere sono Giovanna Aristocle, e tu sei?-
-Oh, piacere mio, sono Summer Basser, ma chiamami Summy. È così che mi chiamano tutti.-
Passammo la porta ed entrammo in un corridoio abbastanza grosso e lungo da poter contenere al suo interno quattro scuolabus messi uno dietro l'altro.
Alle pareti vi erano delle porte, ben distanziate tra di loro, sei su entrambi i lati e quindi, per chi con la matematica facesse schifo, in totale abbiamo dodici porte. Ogni porta era diversa. Aveva inciso sopra il nome del proprietario della stanza e in basso rilievo delle figure bellissime. Ci fermammo tutti davanti alla stanza di Parcival che si trovava circa a metà corridoio. Parcival era scritto con una grafia molto elegante, molto simile a quella di chi scriveva con le penne d'oca. L'opera creta sulla superficie invece era molto complessa, ricca di immagini. Spiccava però un'onda cavalcata da un ragazzo su una tavola da surf al centro della porta e per aprirla c'era bisogno di spostare una tavola da surf sul lato e inserirla a mo' di chiave nella fessura. Il processo fu relativamente lungo, in quanto era leggermente impossibilitato di farlo più veloce dal fatto che portava Rebecca in braccio. Ad un certo punto mi guardò supplicante e lo aiutai. Non appena la porta si aprì era come se fossimo arrivati in un altro mondo. La camera era un mondo a parte, letteralmente. Non sto scherzando. Si sviluppava in tutte le direzioni. Sul piano in cui ci trovavamo noi la piattaforma era di forma ottaedrica. Iniziando da destra c'erano una cucina abitabile, un salotto enorme, praticamente una sala da ballo e di fianco, che si estendeva per i tre lati di fronte a noi, skatepark enorme, con tanto di graffiti, poi al seguirsi il bagno, e una camera da letto vera e propria con tanto di libreria che si estendeva verso l'alto, verso il piano di sopra. Parcival non perse neanche un secondo che, non appena vide il letto matrimoniale vi ci sdraiò su Becca. Al centro dell'ottagono c'era un'apertura, con una ringhiera e una carrucola alla quale era attaccata una piattaforma mobile fatta in bambù per scendere e salire. Sopra non so cosa ci fosse, o almeno, al momento non sapevo cosa ci fosse, così guardai giù- Quel che vidi era roba da non credere. Era una spiaggia con falò, tenda, tavole da surf e onde che si infrangevano. Tutti così corsero a cercare la propria stanza. Cercai lo sguardo del mio amico e non appena lo incrociai mi chiese con lo sguardo perché ero ancora lì a perdere tempo se nel frattempo potevo vedere la mia di stanza. Uscii dalla stanza e vidi il preside appoggiato al muro con gli occhi chiusi. Decisi di non disturbarlo e cercai con gli occhi la mia porta. Persi solo tempo, perché la mia porta era quella davanti a quella di Parcival. Non avevo voglia di entrare, ma mi avvicinai alla porta. Il mio nome era inciso con la stessa grafia di quella di Parcival ma, a differenza del suo il mio altorilievo presentava tutti i miei hobby, dalle passeggiate in montagna al basso, e la chiave per aprire la porta era proprio quello, lo strumento.
-Mi sa che dovremmo aspettare che Becca si svegli per poter continuare il tour- disse una voce alle mie spalle. Era il preside che nel frattempo si era staccato dal muro e mi si era avvicinato.
-Io vado un attimo su che ho dimenticato una cosa, voi aspettatemi qui va bene? Ah già, quasi dimenticavo. Dentro ci sono già tutti i vostri affetti personali, tutti ma proprio tutti tutti-
Annuii e lui mi scompigliò per l'ultima volta i capelli. Qualcosa si appesantì nella mia mano e quando guardai vi era un sacco di cuoio. Riguardai il preside che ormai stava già più vicino all'uscita che a me. Sembrava triste, aveva le lacrime agli occhi. Se solo avessi saputo non l'avrei certamente lasciato andare. Neanche per sogno l'avrei lasciato. Lui era un secondo padre per me. Mi ha visto crescere e diventare la ragazza che sono, è tutto merito suo se sono cresciuta per bene e sono rimasta in paese anziché viaggiare con i miei.
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Eclipse: L'inizio della fine
Fantasi"Più che un sogno, questo è un passo nel passato, presente e futuro Parcival Angelo Nico Blackstorm Valdez. È veramente vergognoso che tu non conosca il tuo passato come si deve. Non so quanto tempo ci vorrà ma cercherò di essere il più veloce poss...