Capitolo 6 - biscotti e chiavi

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Quel lunedì non avrei dovuto lavorare, Mary aveva da fare qualcosa e ha deciso di lasciare il negozio chiuso tanto "avrebbe piovuto, chi esce con la pioggia?" aveva sentenziato con la sua solita smorfia di chi sa che sta dicendo qualcosa di molto fittizio.

Comunque l'idea era quella di svegliarmi tardi, fare colazione e mettermi a riordinare dei cassetti che stavano vivendo totalmente allo stato brado e magari andare a vedere per il fatidico animale, ci avrei pensato veramente più in là, ma intanto ero curiosa.
Tutti questi bellissimi piani furono interrotti dal mio telefono che alle sette di mattina aveva cominciato a squillare una...due...tre ed altre infinite volte, feci l'errore di rispondere al numero sconosciuto immaginando fosse un call center e che così avrebbe smesso di chiamarmi.
Di nuovo pessima idea a quanto pare.
Era Samuel, ragazzo che avevamo conosciuto l'altra sera, che aveva cominciato a blaterare qualcosa riguardo Zoe ed il fatto che doveva per forza parlare con me quella mattina, gli avevo proposto di vederci per pranzo, ma a quanto pare non c'era stato verso di convincerlo in alcun modo così alle nove si era presentato sotto casa mia, chiamandomi altre tre volte per farmelo sapere.
Vorrei dire che mi ero alzata, vestita e truccata, ma nulla di tutto ciò era successo e mi ero ritrovata ad aprirgli con un felpone giallo ed i pantaloni grigi del pigiama che mi stavano leggermente grandi, con tanto di calzini rossi con i pupazzi di neve ed i capelli scombinati.
Forse non la migliore presentazione, ma se lo meritava, chi sveglia qualcuno il lunedì mattina e si presenta a casa sua in questo modo? La risposta la possedevo, evidentemente Samuel.

Entrò senza fare complimenti e si sedette su quella che era la mia sedia del mio tavolo senza chiedere assolutamente nulla.
<<Hai dei biscotti? Non ho fatto colazione>> aveva chiesto con tutta la naturalezza di questo mondo.
Lo guardai, probabilmente avevo la stessa espressione di un pesce palla, ma ero totalmente scioccata da come quell'essere si stava comportando, mi limitai a prendere il pacco di biscotti che non aprivo probabilmente  da mesi, ma erano quelli secchi che mangiano le nonne, quindi non credo scadano o almeno speravo non fosse così, e a lanciarglielo sul tavolo.
Aveva farfugliato un "grazie" con i biscotti già in bocca e aveva cominciato a parlare di come Zoe lo stesse ignorando e questo non andasse assolutamente bene, perché lui era il fantastico Samuel e nessuno poteva ignorarlo.
Rimasi ancora più scioccata da quella conversazione, non sapevo veramente come rispondergli, ricordai le parole di Noel il giorno precedente "non è stupido come sembra" evidentemente era un ottimo attore perché in quel momento sembrava che al posto del cervello avesse un mucchio di plastilina, quella con cui giocavo da piccola per poi perderla, magari era finita tutta nel suo cranio.
<<Ed io cosa c'entro in tutto questo, perdonami>> lo guardai mettendo l'acqua nel bollitore
<<Tu devi assolutamente convincerla>> rispose facendo volare briciole ovunque <<e soprattutto devi darmi un'idea per un appuntamento, mi sembra tipa da queste cose credo, io non sono mica capace>> continuò
<<Intanto io non devo convincere assolutamente nessuno perché avrà le sue motivazioni...e poi magari potresti semplicemente proporle un film o una serata a casa, non è tipa da cene fuori>> sospirai, rassegnata all'idea che ormai ascoltarlo fosse il mio destino, chissà quale divinità avevo offeso e soprattutto chissà come quel principino altezzoso riusciva ad andarci d'accordo.
<<Ecco, potrei avere un problema, non ho proprio una casa in cui portarla>> mise su un sorrisetto passandosi una mano più volte dietro al collo
<<Perdonami, cosa vuol dire "non ho una casa">> alzai un sopracciglio, con la mano in cui tenevo la tazza appesa a mezz'aria
<<Vuol dire esattamente quello che hai capito, faccio una notte da un amico ed una notte da un altro, mica posso invitarla a casa di qualcuno e Noel non me lo lascerebbe mai fare, probabilmente se mi presentassi lì con lei mi sbatterebbe la porta in faccia>> sbuffò
Non posso biasimare l'antipaticone, neanche io vorrei che casa mia fosse la scena del crimine di un appuntamento fallimentare tra la mia migliore amica ed uno strano tatuato.
<<Ancora mi chiedo come tu e quel ragazzo facciate ad uscire insieme>>
Alzai gli occhi al cielo continuando prima che potesse rispondermi
<<In ogni caso, forse ho paura di sapere il motivo per il quale tu vaghi di casa in casa, non sarai mica un ricercato?>> finii prendendo un sorso
<<No assolutamente, o almeno, non che io sappia, sarebbe molto utile da scrivere nel curriculum, almeno potrei scriverci più di due righe, ma purtroppo nessuno della CIA o tutte quelle cose studiate mi cercano.
Semplicemente da quando mi sono trasferito qua non ho trovato un posto che potesse ospitarmi per più di qualche giorno>> alzò le spalle, scavando di nuovo nella busta davanti a lui
Mi misi due dita sulla fronte, cercando di fare chiarezza e decidere quali informazioni tenere di tutto quel monologo
<<E da quanto stai qui?>>
<<Quattro anni!>> Aveva risposto serio.
La mascella mi cedette per qualche secondo.
Lui faceva avanti e indietro da una casa all'altra da quattro anni senza una dimora fissa.
Evidentemente faceva pena persino all'altezzosino.
<<Quattro anni e non hai trovato nulla?>>
<<Non l'ho ancora cercato in realtà>>
Si grattò la nuca consapevole di star dicendo una cosa che l'avrebbe messo in una pessima posizione
Non indagai oltre, mi limitai a guardarlo truce ormai stupita, senza parole.
In ogni caso ero abbastanza sicura che il sentimento che nutriva per Zoe fosse un semplice non poter andare oltre il rifiuto, qualcuno aveva detto di no al "grande Samuel" e lui non poteva accettarlo a quanto pare.
Non volevo dargli troppa corda in realtà, così mi limitai a qualche consiglio come "non starle troppo al collo" e "dalle il suo tempo" per poi liquidarlo.
Per farlo uscire dovetti spingerlo verso la porta mentre continuava un discorso delirante su come avrebbe potuto scrivere un libro su tutte le ragazze che aveva frequentato negli anni.
<<Samuel, te ne vai per favore? Ormai sono le undici ed i miei piani per la mattinata sono completamente saltati, ora vai a fare qualcosa e lasciami in pace, non hai veramente nessun altro da disturbare?>> forse ero stata un po' scortese, ma questo ragazzo mi era piombato in casa senza darmi il tempo di elaborare le cose, un po' se lo meritava
<<Si si okay signora delle tenebre, senti, stavo pensando ad una fantastica soluzione per entrambi!>> disse mettendo le mani avanti e ci misi qualche secondo per capire che con "entrambi" intendeva noi due
<<Potrei venire a stare qui per un po', Noel non è molto felice di avermi tra i piedi perennemente, così potrò invitare Zoe a casa per una sera e farla innamorare perdutamente di me>> spiegò gesticolando animatamente
No.
Assolutamente no.
Quel pazzo non sarebbe venuto a vivere da me, poi c'era a malapena spazio per una persona sola, non sarebbe entrato neanche volendo.
Mentre gli stavo spiegando le motivazioni per cui questa cosa non era assolutamente possibile lui se ne stava andando senza neanche più guardarmi.
Sperai veramente avesse capito e si dimenticasse totalmente di questa cosa.

Nelle ore successive, ancora confusa da ciò che era successo, cercai di arrangiare un pranzo e di sistemare i fogli con i progetti delle bomboniere da consegnare a Mary, generalmente funzionava così, io le disegnavo, lei faceva la magia e faceva uscire qualcosa di molto più bello rispetto a quello che avevo pensato, ma continuava a ripetermi che "senza una base lei non poteva far nulla" ed io continuavo a far finta di crederci.
Passate ormai le tre decisi che siccome le altre due ancora stavano lavorando era proprio arrivato il momento di stare un po' per conto mio nel mio angolo che forse non era più proprio solo di mia proprietà. 
Mi limitai ad una doccia veloce ed un vestito lungo e floreale con su un cardigan ambrato, non avevo voglia di impegnarmi per star lì a guardare il vuoto nell'attesa di qualche miracolo.

Ero seduta nel prato vicino alla panchina da mezz'ora quanto sentii l'inconfondibile tono di Sua Arroganza in persona
<<Adesso ti siedi per terra pur di non darmi ragione sulla questione della panchina?>> aveva detto, sedendosi sul lato opposto al mio, senza neanche rivolgermi lo sguardo
<<Perdonami, so che per te può essere sconvolgente, ma non sei al centro dei miei pensieri>> tirai fuori, cercando di esprimermi con quanta più asprezza potessi 
<<Immagino, ho saputo che hai un nuovo coinquilino>> ridacchiò, estraendo il libro dalla borsa che come l'altra volta aveva semplicemente una copertina nera, niente riferimenti al titolo o all'autore.
<<Hai saputo male, l'idea è stata sua ed è stata anche prontamente declinata>> incrociai le braccia, puntando di nuovo gli occhi davanti a me
<<In realtà credo di aver capito bene e credo anche che tu sia una sprovveduta>> sentenziò scollando gli occhi dal libro per guardarmi.
Mi sforzai di non alzarmi e tirargli uno schiaffo, attendendo un proseguo 
<<Hai fatto entrare uno sconosciuto in casa tua senza pensarci due volte>> continuò
<<In realtà non è del tutto uno sconosciuto, poi non mi ha lasciato molta scelta ed il danno più grande che ha fatto è stato finirmi i biscotti e blaterare>>
Lui si limitò a sospirare e fare spallucce.
A dire il vero io aspettavo che tirasse fuori il discorso del bigliettino di ieri, ma questa cosa non successe, neanche un accenno, restammo in silenzio per tutto il tempo mentre io scarabocchiavo qualche albero sul quadernino e lui continuava a sfogliare quelle pagine, sbuffando di tanto in tanto.
Erano circa le sei quando decisi di spezzare il silenzio alzandomi e raccogliendo le mie cose 
<<Credo sia arrivata l'ora di andare, immagino di trovarti qui prima o poi>> chiesi in un soffio guardandolo.
Non so come mai mi sentissi peccaminosa nel rivolgergli quelle parole, in qualche modo gli stavo forse chiedendo di tornare? Effettivamente suonava così e me ne vergognavo, eppure quella silenziosa compagnia in qualche modo mi faceva piacere, non era invadente e fastidioso, era semplicemente lì ed i casi in cui parlasse senza che io gli rivolgessi la parola per prima erano stati veramente rari, da contarli sulle dita di una mano.
Cosa nascondi in quella testa, Noel?
Lui mi aveva rivolto un piccolo cenno con la testa, un saluto muto, senza rispondere alla mia domanda.
Ogni tanto mi chiedevo perché avesse preso anche lui l'abitudine di venire lì, era forse solo un modo per infastidirmi? O forse anche lui apprezzava quel tipo di pacata compagnia?
So solo che per qualche assurdo motivo non volevo smettesse di farlo, certo mi sarebbe piaciuto sapere di più su di lui, ma per ora quel tacito accordo andava più che bene.
Prima o poi in realtà mi sarebbe piaciuto raccontargli della storia di Odette ed il quadrifoglio e sapere cosa stesse leggendo, magari sapere anche cosa faceva nella vita, chi fossero i suoi amici oltre Samuel, cosa pensasse di Zoe e Cécile e perché a loro non aveva rivolto mezza parola quella sera al bar.
Avevo infiniti punti interrogativi e di risposte invece ne avevo pochissime se non nessuna.
La strada al ritorno fu più silenziosa, ormai gli uccellini avevano smesso di cinguettare e la gente stava probabilmente preparando la cena, un dolce tramonto colorava d'arancione tenue tutte le superfici che glielo permettevano.
Due scoiattolini si stavano rincorrendo spensierati nello sprazzo di terra vicino a me, sembravano così felici di stare insieme.
Anime affini, è un concetto che ho sempre amato, in qualche parte nascosta dell'universo c'è qualcuno che può abbracciare la mia anima e mischiarla con la sua.
In realtà molte volte ho pensato che questo qualcuno per me non esistesse perché io non sapevo bene di cosa sia fatta la mia anima, a quelle degli altri potevo dare un colore e degli aggettivi che si incastravano perfettamente tra di loro eppure la mia sembrava un miscuglio zoppicante di colori e caos, mi sono però convinta nel tempo che qualcosa lì fuori esista anche per quelli come me.
E allora dove sei, cuore affine? Perché devi farmi dannare da sola, anche tu mi stai cercando?

Il mio flusso di pensieri si fermò nel momento in cui mi resi conto, davanti alla porta di casa, di non avere le chiavi, eppure ero sicura di averle messe nella borsa prima di uscire.
Fortunatamente il portoncino era rimasto aperto, il problema rimaneva però entrare, una volta chiusa quella porta dall'esterno si apriva solo con le chiavi.
Una volta davanti all'uscio mi misi nuovamente a cercare e ricercare, nella speranza che si fossero infilate in qualche lato oscuro tra le mie tasche e la sacca, ma niente.
Ad un certo punto successe qualcosa che mai mi sarei aspettata, qualcuno mi aprì la porta e d'istinto alzai lo sguardo incredula, brandendo la penna che avevo tirato fuori alla rinfusa.
Dopo qualche secondo la rabbia mi stava mangiando, quel "qualcuno" era l'imbecille tatuato.
<<Fuori di qui e ridammi le chiavi.>> uscì atono e secco dalla mia bocca
<<Salve nuova compagna di casa, mi sono preso la briga di mettere in ordine e lavare i panni, qui dentro c'era veramente confusione>> disse prontamente lui, con un sorriso in volto, come se non mi avesse appena rubato le chiavi, entrato in casa e toccato la mia roba senza permesso.
Sono sicura che gli illeciti nella lista siano molti.
<<Ti sei "preso la briga">> mimai le virgolette con le mani <<di entrare in casa mia dopo aver ricevuto un no, rubare le mie chiavi e poi, non contento, di mettere le tue mani schifose sulle mie cose, avendo addirittura il coraggio di criticare il mio ordine Samuel, è una cosa da psicopatici, da carcerati, ecco dove staresti bene si>> e mentre lo dicevo continuavo a girare per casa cercando di capire cosa avesse spostato e cosa invece fosse rimasto al suo posto.
Mentre la presenza di Noel era silenziosa, ma prepotente al livello emotivo quella si Samuel era un uragano, un terremoto di magnitudo otto che portava con sé qualsiasi cosa.
Lui era rumore costante, fastidio, parole dette senza pensare e discorsi sconnessi.
Non so cosa mi saltò per la testa quella sera, ma pensai che forse quel ragazzo poteva essere una buona aggiunta alla casa, alla fine aveva trovato modo di sistemarsi sul divano, aveva riordinato tutto e mi aveva lasciata completamente senza parole per la seconda volta in una giornata.
Quando gli risposi che per qualche sera poteva andare bene a patto che sistemasse tutte le sue cose e non mi disturbasse perennemente lui saltò di gioia, non sapevo esattamente perché fosse piombato in casa mia in quel modo tanto caotico e senza un motivo valido, almeno in quel momento non ne vedevo proprio nessuno, ma avevo deciso di flagellarmi con quella presenza per una manciata di giorni, tanto se avessi rifiutato l'ennesima volta probabilmente si sarebbe ripresentato all'infinito.
Un'altra condizione era che mi desse una valida spiegazione del perché non avesse una casa, sul chi fosse e cosa facesse per vivere.
Lui accettò e cominciò una serie di teatrali ringraziamenti sicuramente non spontanei e iniziò a raccontare una lunga serie di cose dalle quali però avevo estratto i punti chiave cercando di sviare i racconti non richiesti sulle sue conquiste nei pub la sera.
Si era trasferito ad Annecy circa quattro anni fa dopo aver avuto problemi con la sua famiglia, aveva iniziato a cercare casa, ma non avendo un lavoro fisso era difficile pagare l'affitto e quindi si era trascinato tra una casa di un amico e l'altro, usando anche come dimora le case delle ragazze che sporadicamente frequentava, aveva lavorato come meccanico, gli era capitato di fare volantinaggio ed altri piccoli lavoretti, ma quello che aveva preferito sopra tutti era il barman. Mi aveva raccontato di come amava parlare con la gente e quello era uno dei modi più facili per farlo perché "la gente ubriaca dice quasi tutto quello che pensa" e lui così aveva anche tantissimi aneddoti divertenti da raccontare alle povere sventurate che finivano a passare la notte con lui e aveva tenuto a precisare che non fosse uno spacciatore, un ladro o un serial killer, neanche "solo un killer, senza serial" e mi confessò di aver accidentalmente ucciso una coccinella mentre camminava dichiarandolo il crimine più immorale della sua vita.
L'avvincente racconto era terminato ed una volta tirate le somme mi accorsi di come riempisse di dettagli futili qualsiasi piccolezza, eppure dei suoi genitori e del motivo per cui fosse qui non aveva specificato nulla, non mi aveva raccontato come avesse conosciuto Noel e neanche del come mai avesse così tanto bisogno di una casa in quel momento, anche se l'ultima non era così difficile da immaginare, chissà quale ragazza lo aveva cacciato, o forse andava bene anche la motivazione che mi aveva dato quella mattina, non mi sarei aspettata molto altro da lui.
Trovammo un piccolo accordo, lui si sarebbe occupato della spesa per ora e non aveva più il permesso di toccare niente di mio.
Una volta stipulata quella condanna alla convivenza avevamo passato diverse ore a parlare di quello che avrebbe dovuto fare e lui continuò poi a raccontarmi le sue sparse avventure per Annecy senza mai fermarsi.

Fatte le dieci sentivo le palpebre pesanti e la necessità di far tacere quella voce che parlava incessante da ore, così mi congedai e decisi fosse l'ora di andare a dormire.
Una volta messo il pigiama mi rifugiai sotto le coperte.
"sprovveduta" continuava a risuonare nella mia testa come un mantra perché sapevo benissimo che aveva ragione, quale razza di pazzo si metterebbe un soggetto del genere in casa senza pensarci troppo? Sicuramente io a quanto pare.
Eppure Noel, nonostante io sia una sprovveduta, ho veramente bisogno di qualcosa che porti parole e rumore nella mia vita.

Certo, non era carino quanto un cagnolino che gira per casa, ma quel gatto randagio che poteva essere Samuel per ora poteva quasi andarmi bene.


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Angolo autrice

Samuel è insopportabile, passo e chiudo
Sorridete sempre voi però

Per fare quattro chiacchere mi trovate qui
ig: bunnyb3lls

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